Antoine de Saint-Exupéry e il deserto umano
Antoine de Saint-Exupéry ha conosciuto e osservato deserti fisici e «deserti umani» – così come scrive in questa Lettera al generale x. Redatta nel 1944 prima della sua nebulosa morte, la lettera è un rassegnato tentativo di spiegare i propri sentimenti nei confronti di un mondo che non sa più come stupire o dare calore (o «colore» e spiritualità, nelle sue parole).
La lettera si apre parlando dell’ultimo volo dello scrittore e della sua totale indifferenza riguardo l’esperienza: da molto tempo, confessa, non riesce a trovare piacere in quello che in fondo è solo uno strumento per viaggiare, e per combattere una guerra. Sentirsi lontani e alienati da qualsiasi aspetto della vita, è questo che l’ha portato a sentirsi così superficialmente malinconico e profondamente turbato.
«Tutto questo per spiegarvi che questa esistenza gregaria al cuore di una base americana, questi pasti sbrigati in piedi in dieci minuti, questo va e vieni nel monoposto di 2600 cavalli in un casamento astratto in cui siamo stipati a tre per stanza, questo terribile deserto umano, in una parola, non ha nulla che mi accarezzi il cuore. […] Sono “malato” da tempo indefinito. Ma non mi riconosco il diritto di non subire questa malattia. Ecco tutto. Oggi io sono profondamente triste. Sono triste per la mia generazione priva di qualsivoglia sostanza umana. Chi non ha conosciuto altro che barometri, matematica e le Bugatti come unica via spirituale, si ritrova oggi ad affogare in un’azione strettamente gregaria che non ha più alcun colore. […] Ah, generale! C’è solo un problema, uno solo in tutto il mondo. Ridare agli uomini un significato spirituale, delle inquietudini spirituali, far piovere su di loro qualcosa che ricordi un canto gregoriano. Non si può vivere di cose fredde, politica, bilanci e parole crociate, insomma! Non si può più vivere senza poesia, colore o amore. […] Non ci resta che la voce di un automa della propaganda (perdonatemi). Due miliardi di uomini non ascoltano altro che questo automa, non comprendono altro che le parole dell’automa, si fanno automi».
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Qualsiasi aspetto della nostra vita, afferma Saint-Exupéry, è coperto da una coltre di questioni del tutto insignificanti, vuote, completamente prive di sostanza. Per questo, «odio la mia epoca con tutte le mie forze. L’uomo ci è morto di sete».
L’immagine più concreta che metaforica dell’aridità e della desolazione viene reiterata verso la chiusura: «In questa epoca di rottura, tutto si rompe con la stessa facilità delle cose. I frigoriferi sono intercambiabili. E le case anche, se queste sono dei prefabbricati. E le donne. E la religione. E il partito. Non si può nemmeno essere infedeli: infedeli verso cosa? Lontani da cosa e infedeli verso cosa? Deserto dell’uomo», scrive Antoine de Saint-Exupéry. E nulla resta da controbattere, se si ha la gola secca.
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