[Anteprima] “Il Protettore del tempo” di Simona Cantelmi
Sarà in libreria dal 18 gennaio prossimo il romanzo d’esordio di Simona Cantelmi, Il Protettore del tempo, edito da L’Erudita (marchio di Giulio Perrone Editore).
Due cugini, uniti anche da profondo legame di amicizia, sono al centro di questo romanzo pensato per giovani adulti: Lorenzo Belletti e Leonardo. Due personalità e due temperamenti completamente diversi: vivace ed estroverso Leonardo; riflessivo e taciturno Lorenzo, che ha pure un hobby molto particolare per la sua età: adora smontare e rimontare orologi. Tutto procede normalmente nelle loro vite, inclusi i primi amori giovanili, fino a quando la città non viene conquistata dai membri del Regno Oscuro guidati da Re Osibos. E sarà proprio Lorenzo, insieme alla sua amica Martina, a farsi carico di una lotta senza quartiere contro i nuovi occupanti.
Qui di seguito vi presentiamo in anteprima il primo capitolo di Il Protettore del tempo di Simona Cantelmi.
Capitolo 1
«Dai, Leo, finiscila di pettinarti che tanto la Manu neanche ti vede! Muoviti! Non posso entrare tardi anche stamattina...».
«Sì, sì, va bene, cugino, mi sbrigo... però vedrai che faccia farà la Manu quando mi presenterò davanti a lei con questo nuovo taglio di capelli! Sono sicuro che rimarrà folgorata e sarà lei a chiedermi di uscire, così mi risparmio la fatica».
«Ma smettila, scemo! Andiamo!».
Niente da fare, erano già le otto e cinque e Lorenzo sarebbe entrato in classe in ritardo anche quella mattina, rischiando una bella nota. Cercò, però, di recuperare il tempo perduto, facendo Schumacher alla guida della Fiat Panda di sua madre, alla faccia delle mille raccomandazioni dei genitori.
«Be’? Sei impazzito improvvisamente?» disse Leonardo, seduto di fianco a Lorenzo. «Se ti vedrebbe lo zio Gigi...».
«Vedesse, Leo! Ma quanto hai in italiano, due? Lascia stare mio padre e la prossima volta parlo io col tuo barbiere: gli dico di raparti a zero!».
«Oh! Attento! Frenaaaa!».
Troppo tardi. L’auto di Lorenzo tamponò quella davanti, una Polo verde bottiglia. Dopo alcuni secondi di panico, i ragazzi scesero per assicurarsi delle condizioni del mezzo e, soprattutto, dell’incolumità della persona alla guida della Polo.
«Guarda, Lollo, ti sei giocato un fanale e mezzo paraurti».
«Mia madre mi rovina... almeno l’altra auto ha solo un’ammaccatura».
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In quel momento scese il conducente della Polo. Tra tutte le automobili che Lorenzo avrebbe potuto tamponare, il destino scelse proprio quella della sua acerrima nemica, della persona che quasi ogni giorno gli faceva desiderare di cambiare scuola, città e persino stato: la professoressa di Matematica, Loredana Grassi.
«Oh, Belletti, abbiamo scoperto un’altra cosa che non fa per lei, oltre ai numeri: la guida! Bene, appurando che la mia auto non ha subito danni, se non questa piccola ammaccatura e qualche graffio, a cui, suppongo, porrà rimedio il mio abile marito, io sgombro il campo, anche perché qui in mezzo siamo di intralcio e sto facendo tardi per il compito in classe di quegli asini della III A».
«Ma porca miseria... Sono proprio rovinato» pensò Lorenzo.
«Ci vediamo alla terza ora, Belletti!».
«Ti butta proprio male, cugino, queste parole suonano quasi come una minaccia!».
«No, mio caro Leo, SONO una minaccia!».
Mentre Loredana Grassi tornava verso la sua auto, camminando svelta su un paio di buffe scarpe a quadretti rossi e bianchi dai tacchi sottili e sistemandosi con uno solo movimento della mano destra gli occhiali squadrati e la lunga frangia bionda, i due ragazzi risalivano sulla Panda e si dirigevano verso il parcheggio della scuola, pensando a quanto fosse iniziata male la giornata.
Lorenzo Belletti era un diciottenne alto e dal fisico asciutto, anche per merito della sua grande passione: l’atletica. La sua specialità era il salto in lungo, dove aveva raggiunto risultati discreti, grazie anche ai duri allenamenti e ai rimbrotti del coach Spirelli, ex campione europeo, ora sessantenne con un po’ di pancetta, ma con una grinta e uno spirito agonistico fuori dal comune. Tanto era spietato con Lorenzo in pista, probabilmente perché intravedeva nel giovane il talento e la possibilità di raggiungere traguardi importanti, quanto paternamente affettuoso con lui fuori dal campo: spesso, dopo un allenamento, lo portava a mangiare una pizza, che diventava una cena luculliana dopo una gara, anche se era andata male.
«Senti, Lorenzo, quest’anno hai l’esame di maturità, quindi occorre che tu metta nello studio un pizzico di impegno in più, ok? Devi programmare bene il tuo tempo, non dico che tu debba ridimensionare l’atletica, ma converrai con me che la scuola ha la priorità, no?». Così gli aveva detto una mattina a colazione la signora Maura, sua madre e insegnante di Francese nella stessa scuola del figlio.
Lorenzo possedeva molto della madre, non solo gli occhi scuri e i capelli nero corvino, ma anche l’aria calma e sicura di chi sembra avere tutto sotto controllo. Il detto “l’apparenza inganna” era, nel caso di Lorenzo, calzante: il suo aspetto tranquillo e pacato celava un’interiorità complessa, un groviglio di pensieri, dubbi, riflessioni che lo accompagnavano in ogni momento della sua vita e che il ragazzo cercava di ordinare con sforzo imponente, come una sarta intenta a sistemare fili attorcigliati e gomitoli ingarbugliati dopo che il suo gatto si è divertito a rotolarcisi dentro.
Era proprio questa continua ricerca di ordine interiore ad emergere sul viso di Lorenzo e a donargli quell’aspetto così apparentemente placido. Le ragazze della scuola erano colpite da lui, ma spesso non osavano avvicinarsi, limitandosi ad un semplice saluto. «Che ragazzo particolare Lorenzo» pensavano. Bisogna anche dire che Lorenzo non si impegnava molto in quel senso, sembrava poco interessato alle compagne di scuola o ad altre ragazze, anche perché nei suoi pensieri c’era solo lei: Martina.
«Guarda, cugino, c’è quella moretta seduta al tavolo laggiù che ti sta fissando, è carina! Guardala... è carina, no?» gli aveva detto Leonardo un sabato sera al pub.
«Mmm, sì... è carina» aveva risposto lui, distrattamente.
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«Ma se non l’hai nemmeno guardata!».
«Sì, sì, l’ho vista, te l’ho detto, è una bella ragazza».
«Sei proprio uno scemo! Tu sei ancora perso per la Martina... allora, ti faccio il quadro della situazione. Punto primo: la Martina non ti si fila per niente. Punto secondo: lei è già all’università a studiare...».
«Biologia».
«Ehm, sì, Biologia. Mentre te sei ancora qui a sfangartela al liceo. Lascia stare, te lo dico io».
«E il punto numero tre?».
«Punto terzo: devi guardarti attorno, bello mio! Come si dice... il mare è pieno di pesci e, secondo me, anche migliori di quell’acciuga della Martina!».
«Te sei tutto suonato, Leo!».
«Ma no, io faccio un po’ il matto, però parlo seriamente e lo faccio perché ti voglio bene, cugino!» e dette queste ultime parole, soffocando in gola le risate, Leo si era avvicinato a Lorenzo e gli aveva scoccato un bacio sulla guancia, poi si era accasciato sul tavolo, non riuscendo più a trattenersi dal ridere. Lorenzo, allora, si era buttato sul cugino e i due avevano cominciato a darsele per scherzo, come avevano sempre fatto sin da bambini, rovesciando le birre che avevano appena ordinato.
Lorenzo aveva proprio una bella cotta per Martina e non accennava a placarsi. Un colpo di fulmine avvenuto l’anno prima, alla ripresa delle lezioni dopo la pausa estiva: la ragazza si era da poco trasferita con la famiglia proprio nel quartiere di Lorenzo, il quale, una mattina, uscendo di casa per andare a scuola, l’aveva vista passare in bicicletta ed era rimasto impietrito di fronte a quella che, ai suoi occhi, era una dea, dai capelli biondi, la pelle avorio e con indosso dei calzoncini cortissimi che mostravano un paio di gambe lunghe e affusolate. L’avrebbe rivista quella stessa mattina a scuola, durante l’intervallo.
«Che hai stamattina, Lollo? Mi sembri un po’ lesso» gli aveva detto Leonardo.
«No, no, sarà che ho un po’ fame, andiamo a prendere qualcosa alle macchinette».
Dopo aver percorso il corridoio e girato l’angolo, Lorenzo si era nuovamente imbattuto nella visione celestiale di due ore prima, che stava prendendo un caffè macchiato dal distributore automatico.
«Oh, ma chi è quella lì? Ah sì, deve essere la new entry, lo sentivo dire da tua madre prima, lo raccontava alla prof. di mate... dai, andiamo adesso, che ho fame pure io».
«No, no, aspetta!» aveva esclamato Lorenzo, bloccando il cugino con una vigorosa manata sul petto, dettata da un misto di spavento, panico e devozione per la giovane biondina.
«Ok, ok, stai calmo! Fra un po’ mi fai volare per terra! È solo una ragazza... mmm, mi sa che non me la racconti giusta».
«Ma sta’ zitto, scemo! Forza, andiamo a prendere da mangiare che fra poco ci tocca rientrare in aula» aveva detto Lorenzo non appena la ragazza si era allontanata. Lorenzo ancora non sapeva che proprio quel pomeriggio si sarebbe trovato faccia a faccia col motivo del suo imbarazzo.
Mentre era intento nell’arduo compito di svolgere gli esercizi di matematica leggendo la Gazzetta dello Sport, era suonato il campanello.
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«Vai tu, tesoro, io sono impegnata» gli aveva urlato la madre alle prese con la lavatrice.
Lorenzo aveva aperto la porta e si era trovato davanti a Martina, accompagnata da un uomo, che il ragazzo aveva visto a malapena, tanto era assorto nella contemplazione di quella piccola Venere.
«Buonasera, ragazzo» aveva detto l’uomo. «Siamo i vostri vicini di casa: mi chiamo Alberto Quadrelli e questa è mia figlia Martina».
«Ciao». Quattro semplici lettere pronunciate dalla ragazza, ma che a Lorenzo erano sembrate il suono più dolce del mondo.
«Buonasera. Scusatemi ma ero alle prese con le faccende di casa... sono Maura Belletti e questo è mio figlio Lorenzo. Sono felice di conoscervi. Mio marito Luigi è a lavoro, ma fra poco dovrebbe rientrare. Prego, accomodatevi!».
«La ringrazio, è molto gentile, ma non possiamo fermarci: devo accompagnare mia figlia alla lezione di pianoforte. Siamo passati per invitarvi a casa nostra una di queste sere, ci farebbe molto piacere. Mia moglie adora avere ospiti, così può sbizzarrirsi in cucina».
«Grazie, ne approfitteremo certamente» rispose Maura con entusiasmo. «Allora a presto. È stato un piacere!».
Purtroppo, un paio di mesi più tardi, Lorenzo avrebbe appreso la terribile notizia che Martina Quadrelli si era messa con Carlo, un compagno di squadra di suo cugino. Lorenzo, col passare del tempo, si era ripreso dal duro colpo, ma non era riuscito a dimenticare del tutto Martina.
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