“Anna. Storia di un palindromo” di Francesco D’Isa
Anna. Storia di un palindromo è il primo romanzo di Francesco d’Isa, edito da Effequ nella collana Dodicidiciannove. L’autore, collaboratore del «Post», non è nuovo nel mondo della narrativa; il suo nome lo ritroviamo già in alcuni racconti inseriti nell’antologia Selezione naturale – curata da Gabriele Merlini sempre per Effequ – e Toscani maledetti (Piano B Edizioni).
La storia di Anna rappresenta un esordio convincente, sebbene la vicenda narrata non sia affatto semplice. Lo scrittore mette in scena l’amore folle e strambo tra Ezio, brillante neurochirurgo, e Anna, una ragazza di ventotto anni, misteriosa e affascinante, che si ritrova improvvisamente alle prese con un angioma da operare. Dopo l’operazione, il medico si accorge che la sua paziente è vittima di un trauma psicologico: ogni volta che le si domanda del suo passato, le risposte sono indefinite, enigmatiche e visionarie; e così, spinto da un forte senso di colpa, inizia un’indagine volta ad aiutarla. Fra un test e l’altro i due finiscono per innamorarsi, ma quel passato onirico è destinato a trasformare l’amore romantico in altro. Una storia che si può leggere come un palindromo, ossia in modo bivalente. Chi è la persona sana e chi quella malata? Chi il dubbioso e chi l’innamorato? La soluzione dell’enigma può rintracciarsi tanto all’inizio come alla fine della vicenda, lungi dall’avere un’interpretazione univoca.
Il romanzo d’amore si incastra perfettamente con quello realistico, da una parte, e quello surreale dall’altra. Una commistione sui generis, che non risparmia nemmeno il romanzo epistolare. La lettera d’apertura d’ogni singolo capitolo, infatti, crea un vero e proprio “romanzo nel romanzo”, nato dalla corrispondenza fra i due amanti. Un percorso a volte parallelo a quello dell’intreccio, oppure completamente opposto allo svolgersi della storia: la relazione fra i due protagonisti si snoda dunque attraverso un ulteriore canale comunicativo che non chiarifica nulla al lettore, anzi gli confonde le idee. Le lettere non seguono un percorso cronologico e il mittente non è mai chiaro o ben precisato, diventando talvolta una voce impersonale che esprime le paure e le sensazioni della passione naturale e gelosa. Ora verrebbe da chiedersi perché un autore scelga un palindromo come ottica per rappresentare una storia d’amore, ma è difficile dare una sola risposta. Con Anna, Francesco d’Isa vuole raccontare un amore non reale, a tratti ambiguo, passionale, frenetico e convulso. Una storia d’amore moderna o semplicemente originale?
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I fatti del romanzo si susseguono in maniera lineare finché una serie di flashback, casualità e strane coincidenze non modificano il ritmo del testo e la stessa scrittura, che da ironica e piacevole si velocizza con tratti surrealisti e intimistici. Si potrebbe dire addirittura che, a un certo punto, lo sviluppo dell’indagine assuma i contorni di un moderno Doppio sogno di Schnitzler. Il linguaggio risulta semplice e in alcune parti sagace, mentre la comparsa di termini propri del gergo della neurologia (per fortuna) non complica eccessivamente il testo.
La penna di Francesco D’Isa, seppur chirurgica, scorre leggera, affabile, attraente e coinvolgente, per poi arrivare a un finale che lascia il lettore un po’ interdetto. Colpiscono anche le descrizioni degli ambienti, dipinti con grande dovizia di particolari e con tinte a volte oniriche, che oscillano tra il realistico e il crepuscolare. A tutto ciò si aggiungano le metafore argute, le similitudini, gli anacoluti, gli iperbati con cui lo scrittore riesce a modellare la sua materia, raffinandola e dandole uno stile gradevole e vivace. Una parola che racconta l’amore come passione sfrenata, gelosia irreprensibile, sentimento onirico e devastante, capace di sconvolgere la vita degli innamorati fino a raggiungere quella che in tedesco si dice Zweisamkeit (in italiano “duitudine”), la condizione degli innamorati che vivono nel loro mondo senza che nulla possa fermarli. E se poi interviene il passato? Bisogna saperselo lasciare alle spalle, godere del momento senza porsi troppi interrogativi, altrimenti dall’amore si rischia di passare alla malattia e all’infelicità. Una volta arrivati a questo punto è troppo tardi per tornare indietro, e solo allora ci si rende conto che la mente a volte rende complesso ciò che in realtà è semplice.
In questo romanzo c’è una forte contingenza filosofica, specialmente quella di Nietzsche e Kierkegaard. La costruzione di Anna ed Ezio non è casuale, ma basata sul fatto che «le persone “reali” si muovono in un universo attraverso le proprie meccaniche. Incontrandosi e scontrandosi mutano tali meccaniche, le ibridano e danno luogo a nuovi modi di vivere il mondo». Per questo motivo, forse, il finale della storia resta aperto: l’autore sceglie di non completare il suo quadro, in modo che, così come accade nel mondo dell’arte, ogni persona possa essere libera di dargli una propria interpretazione. In Anna. Storia di un palindromo è tutta una questione di prospettive; compresa quella dell’amore che, come la vita, ha sempre una doppia faccia.
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