“Anime baltiche” di Jan Brokken: l’arte di raccontare i grandi (che non conosciamo)
Il nuovo libro di Jan Brokken, Anime baltiche ci racconta le storie di personaggi che non conosciamo nonostante abbiano contribuito al farsi della Storia. Brokken è uno che con i protagonisti dell’Arte (e più in generale della Storia) ci sa fare: questo suo nuovo lavoro – uscito in Italia per Iperborea (con la traduzione di C. Cozzi e C. Di Palermo) ormai da qualche mese – ne è l’ennesima conferma. Lo scrittore olandese, classe ’49, l’aveva già dimostrato nel suo esordio narrativo, sempre edito da Iperborea, Nella casa del pianista, che racconta la storia di Youri Egorov, geniale pianista russo naturalizzato olandese, scappato giovanissimo dall’oppressione dell’Unione Sovietica.
Oggi la superficie dei tre stati baltici messi assieme, Lettonia, Estonia, Lituania, è di 175.086 chilometri quadrati e le loro popolazioni, sommate assieme, arrivano a quasi sei milioni e mezzo di persone (poco più di un decimo della popolazione italiana). Ricordo che nelle ore di geografia alle scuole elementari ci veniva insegnato di che Paesi fosse composta l’Europa, e che quei tre piccoli staterelli, in confronto a realtà – quasi mitologiche agli occhi di un bambino – come le potenti Germania, Francia e Inghilterra, provocavano in me qualcosa di assimilabile alla tenerezza. Come avrebbero potuto reggere il confronto? Sono ragionamenti naturali per i bambini, abituati alla legge del più forte all’interno di un gruppo. All’epoca ignoravo però che soltanto pochi anni prima (sono nato nel 1993), tra il 1990 e il 1991, questi “tre piccoli staterelli” avevano conquistato la loro libertà e la loro indipendenza da soli, combattendo contro l’Unione Sovietica, un impero che si estendeva per quasi 23 milioni di chilometri quadrati (centotrenta volte la superficie dei tre paesi baltici messi assieme).
In mezzo a tutti questi numeri, a questi avvenimenti da manuali universitari, ci sono storie di cui la maggior parte di “noi occidentali” non verrà mai a conoscenza ma che sono state fondamentali per cambiamenti decisivi nella storia dell’umanità. Come la storia di Loreta Asanavičiūtė: giovane lituana appassionata di canto e di ballo, che fu suo malgrado protagonista di una notte rivelatasi poi decisiva per il mondo intero, quella tra il 12 e 13 gennaio 1991. Loreta tornava a casa dopo una serata di protesta contro l’oppressione sovietica, quando sentì dei colpi d’arma da fuoco arrivare dalla Torre della televisione. Quella sera le troupe televisive della televisione di stato, che trasmettevano ininterrottamente in diretta, si erano recate quasi tutte in piazza, in occasione delle proteste, come unica possibile arma di difesa contro la violenza dell’esercito sovietico, lasciando quindi la Torre della televisione di Vilnius priva di copertura mediatica e perciò esposta agli attacchi dei russi. Quella notte Loreta rimase schiacciata dai cingoli di un carrarmato russo: le telecamere riuscirono a catturare il trasporto all’ospedale e divenne subito un caso in patria. Dopo gli strenui tentativi dei medici per salvarle la vita, la giovane lituana fece una domanda – la sua ultima – al dottore, poi riportata da tutti i media nazionali: «Potrò ancora sposarmi? Potrò ballare alle mie nozze?». Per il popolo lituano fu l’ultima goccia.
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Poco dopo Michail Gorbačëv condusse al ritiro dalla Lituania tutte le truppe sovietiche. La Lituania fu il primo paese a proclamare l’indipendenza dall’Unione Sovietica. Il mondo, come ci racconta Brokken, non seppe mai nulla dell’attacco sovietico alla torre della televisione lituana, in quanto mediaticamente monopolizzato da altri carrarmati, quelli della coalizione occidentale che stavano invadendo Kuwait e Iraq durante la Prima Guerra del Golfo; eppure quella notte, la “vittima innocente”, come la chiama Brokken, la domanda ingenua e disarmante che raggiunse l’intera nazione, assieme cambiarono la storia di un paese e di un impero, con conseguenze profonde, come la Storia ci racconta, sull’ordine mondiale.
Sono vicende come questa che Brokken ci racconta, storie di padri e figli, di antisemitismo e razzismo, di comunismo e violenza, eventi che la gran parte di “noi” occidentali non ha mai incontrato tra i manuali di Storia ma che per i Paesi baltici rappresentano oggi colonne portanti della loro Storia recente. Brokken leracconta con una lingua asciutta, diretta, vivace, dai tratti giornalistici ma con un’impronta fortemente narrativa, una voce in prima, persona pronta a trasformarsi in terza nell’intercettare avvenimenti che esigono di essere narrati.
Sono storie come quella di Michial Osipovic Ejzenstejn, l’architetto che ha ricostruito Riga secondo i canoni dell’Art Nouveau, e del suo figlio ribelle diventato regista storico di fama internazionale, Sergej Michiajlovič Ejzenstejn, autore de La corazzata Potëmkin eOttobre (di cui è uscito il film biografia Ejzenstejn in Messico lo scorso 4 giugno firmato Peter Greenaway). Storia di città come Kaliningrad, e di due dei suoi abitanti più illustri, Immanuel Kant e Hannah Arendt, entrambi profondamente legati per tutta la vita a quella città di porto, aperta al mondo. Pagine su artisti che hanno fatto la Storia del Novecento, come Romain Gary, Marc Rothko e Gidon Kremer e dell’influenza dell’infanzia baltica sulla loro arte, o di personaggi destinati a sopravvivere a se stessi all’interno delle proprie città come Janis Roze, fondatore dell’omonima storica libreria di Riga, sopravvissuta al nazismo e all’Unione Sovietica e, ovviamente, anche al suo fondatore, deportato dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale.
Le storie che Brokken ci racconta danno l’impressione di avere un sostrato comune, formato da elementi fissi come l’identità ebraica, il rifiuto dell’autorità maschile all’interno del nucleo familiare e le persecuzioni che le popolazioni baltiche hanno dovuto subire dai grandi imperi confinanti come la Germania nazista e la Russia Sovietica. Sono questi fattori, con tutta evidenza legati l’un l’altro, che rappresentano la base della formazione di un’intera generazione (non solo di artisti) che è stata prima deportata dai tedeschi, salvata dai russi per poi venir deportata dagli stessisenza possibilità di salvarsi. Una generazioneche ha visto la propria famiglia e la propria gioventù disintegrarsi sotto il peso della Storia.
La cosa più incredibile del libro di Brokken è che sembra una raccolta di novelle, quasi di miti, essendo invece un corpus di testimonianze, documentate e reali. Non lasciamo che questo testo rimanga soltanto un bel libro da comodino; leggiamolo e facciamolo diventare parte della nostra formazione, se possibile del nostro vissuto. Uno dei messaggi che Brokken invia con quest’opera al suo lettore è chiaro a mio modo di vedere: non esiste solo la Storia dell’Occidente. E sono ancora tante le storie che non conosciamo e che potremmo imparare ad apprezzare in Anime baltiche.
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