Andrew Wylie – Un incontro con il più potente agente letterario del mondo
Andrew Wylie, per chi lavora nell’editoria, è uno dei nomi più conosciuti, capace di muovere scrittori, editori, contratti e denaro: è il più potente agente letterario del mondo. Il suo potere si misura con la forza degli autori che rappresenta, qualche nome: Martin Amis, Dave Eggers, David Leavitt, Philip Roth, Milan Kundera, e anche italiani come Alessandro Baricco, Claudio Magris, Roberto Saviano e Paolo Giordano. È recente l’accordo con un’altra importante agenzia letteraria, quella di Carmen Balcells, creando così una fusione di interessi commerciali unica nel mercato editoriale.
Il mio obiettivo è l’International Festival of Authors di Toronto, giunto quest’anno alla trentacinquesima edizione. Andrew Wylie parlerà nel pomeriggio nella Brigantine Room all’interno di Harbourfront Centre, a poche decine di metri dal Lago Ontario.
Sono le 15.20 circa quando varco la porta di entrata dell’edificio e mi blocco subito, Wylie è a pochi metri da me nell’ingresso, davanti, lo riconosco subito, vestito elegante, parla con una donna dell’organizzazione, lo intuisco da quello che le dice. Mi dirigo verso la sala. Mi siedo guardandomi attorno, ci sono editori, traduttori, editor, redattori e colleghi agenti letterari. Passano pochi minuti e salgono sul palco Amy Gash (editor di Algonquin Books), Marie-Pierre Gracedieu (editor di Gallimard), Chris Herschdorfer (amministratore delegato di Ambo Anthos), Sarah Knight (editor di Simon & Schuster), Simon Prosser (direttore editoriale di Hamish Hamilton). Un piacere ascoltarli per circa quaranta minuti, raccontano le loro esperienze da alcuni punti di vista che sono suggeriti dalla moderatrice. Percepisco nelle loro parole tenacia, apertura mentale e capacità di rischio.
Ma sotto, in platea, pur ascoltando con interesse i relatori, sentiamo la tensione dell’attesa, aspettiamo lui: Wylie. E sappiamo che non ci girerà attorno, da mesi sta muovendo una guerra contro Amazon.
Gli inizi
“Negli anni Ottanta, stavo cercando un impiego come editor in una casa editrice e mi chiesero che cosa stessi leggendo, e risposi Tucidide. Mi domandarono: che ne pensi di James Michener?”, la risposta fu evasiva, con faccia fra lo stupore e la presunzione.
“Mi spiegarono che se desideravo lavorare nel business dell’editoria, dovevo leggere la lista dei best-seller. Così ho guardato la lista dei best-seller e pensai: bene, Andrew, se questo è ciò che devi fare, davvero e sinceramente, allora vaffanculo, sarò un bancario”.
In quei mesi “però mi chiesi se fosse possibile mettermi in affari coi libri che fossero ben scritti e molto intelligenti, in sostanza dimenticare il resto e gran parte dei best-seller, cioè concentrarmi soltanto su un obiettivo ambizioso di qualità. Decisi di fare così e 35 anni dopo posso dire sì, si può fare”. Dalle parole di Wylie traspare orgoglio e allo stesso tempo consapevolezza del percorso faticoso, in un ambiente tradizionalista, abituato a certe leggi e che lui voleva ribaltare nei suoi principi.
Le prospettive di Amazon
“Quanto sta accadendo è la continuazione di ciò che una volta rappresentavano le catene. Una serie di condizioni poste da un’azienda di trasporti digitali”. In platea molti iniziano a ridere.
“E l’industria editoriale, fino ad ora, si è fatta piccola, si è lamentata, ha piagnucolato, ha brontolato e dato al medesimo tempo ad Amazon tutto ciò che desiderasse”. La rabbia è rivolta agli editori, infatti Wylie si blocca, guarda verso la platea spalancando gli occhi. Qualche timido mugugno in sala.
“Penso che questa faccenda debba concludersi e ritengo che Hachette, con suo grande merito, ha disegnato una linea di confine nella sabbia e non si è piegata…”
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Poi dichiara senza ambiguità: “Amazon si è impossessato del business editoriale distorcendolo radicalmente, Amazon è un canale di distribuzione simile all’Isis”. Faccio fatica qui a riportare con le parole la reazione in sala, parte un applauso così rumoroso e risate così fragorose che Wylie è costretto ad agitare le braccia per calmare le persone.
“Amazon vuole portare il suo margine dal 30% al 50%”, facendo notare come tutti gli altri addetti sarebbero costretti a rimpicciolire la propria fetta di guadagno sulla torta disponibile. Bisogna, dal suo punto di vista, cambiare paradigma nel rapporto fra editori e Amazon, soltanto così “gli scrittori potranno vivere di scrittura”, altrimenti sarà un’eutanasia.
Rapporto frontale
“Il telefono stava suonando, risposi e dall’altra parte c’erano due dirigenti di Amazon. Nomi conosciuti da coloro che conoscono l’azienda…”
Il viso di Wylie diventa perfido, diabolico, sta aspettando il cadavere sulla riva del fiume.
“Ciao”, dissi.
“Ciao Andrea”, dissero.
“Sì…”
“Siamo Bill e Joe.”
“Ciao ragazzi, come va?”
“Penso che tu sappia come stiamo…”
“No, a dire il vero, vorreste dirmi come state?”
“Penso che tu sappia come stiamo e chi siamo!”
“Stiamo giocando a fare le domandine? Volete dirmi come state? Come ne usciamo?”
Wylie ci dice che gli sembrava di essere in una candid camera, ma sapeva benissimo dove i due volessero andare a parare.
“Andrew, lo sai quanto dannatamente stupido sei?”
“Come hai detto?”
“Hai sentito bene, lo sai quanto dannatamente stupido sei?”
“Per la verità no, perché non me lo spiegate?”
“Bene… abbiamo deciso di portarti in tribunale, fino al tuo sfinimento, fino a quando sarai fuori dal business editoriale!”
“Ragazzi, ragazzi, potete aspettare un attimo, ho una telefonata nell’altra linea…”
Chiama subito il suo avvocato, un buon avvocato e gli dice: “Perdona la fretta, ho due gorilla di Amazon al telefono, credo che tu sia più qualificato di me a parlare con loro, e soprattutto meno emotivo”. Gli risponde positivamente.
“Ragazzi, scusate l’attesa, ero nell’altra linea come vi dicevo, il mio avvocato finirà la telefonata, buona giornata”.
Quel giorno capisce come Amazon conduce gli affari.
Essere un agente letterario dopo tanti anni
“Fra le proposte di inediti non richieste, che guardiamo di rado, ricordo Denti bianchi di Zadie Smith. William Maxwell, un editor fantastico del New Yorker, mi insegnò una cosa importante, perché il tempo è poco per tutti, il destino è ineluttabile e bisogna fidarsi delle prime impressioni. Dissi a Maxwell che stavo lavorando nel mio appartamentino con due libri su cui avevo riposto le mie speranze, del primo avevo letto 200 pagine, del secondo invece un’ottantina”.
Disse: “Qual è il primo capoverso del secondo libro, me lo vorresti leggere?”
“Iniziai a leggere.”
“Scusami, com’è la prima frase?”
“Lessi la prima frase.”
“Qual è il titolo del libro?”
“Glielo dissi.”
“Maxwell rispose ok. Pensai che fosse un buon modo per leggere gli inediti, si può capire la buona scrittura dal primo capoverso come si può capire la brutta scrittura dal primo capoverso”.
Wylie ci spiega che essere un agente letterario è una faccenda molto seria, le delusioni sono tante, gli scrittori che dicono “vaffanculo stronzo” sono la quotidianità se si cerca il bello, il migliore, il talento. Sostiene che le denunce e le telefonate infuocate capitano, ma che se si cerca appunto il bello, il migliore, il talento allora bisogna sopportare anche questo perché quando poi si trova quanto si cerca le soddisfazioni azzerano le delusioni. E interiormente ci si dice: “Vaffanculo stronzi”. È una guerra e in guerra, afferma, bisogna usare le armi, il pacifismo non fa parte del mondo delle agenzie letterarie, gli impazienti e gli svitati sono la maggioranza. Per questo parla di carattere, di determinazione, di ambizione, di capacità di sopportare qualsiasi tipo di cattiveria da scrittori e colleghi, se l’obiettivo è chiaro, “bisogna fottersene” delle malelingue, “bisogna lavorare serenamente coi propri tempi rispettando le proprie decisioni, ci sarà sempre qualche scrittore che preme per chiedere più attenzione ora, perché il suo ora è più importante, bisogna fregarsene e dare tempo a chi lo merita, non a chi lo chiede”. Poi fa una battuta: “Ci sono momenti tristi da affrontare nella vita, per esempio 50 sfumature di grigio è stato uno dei momenti più imbarazzanti della cultura occidentale”. Tanti scoppiano a ridere in platea, sottoscritto incluso.
Industria editoriale
“Puoi comprare qualcosa a prezzi molto bassi oppure da Hermès, devi decidere cosa vuoi nella vita e capire come ottenerlo. Se vuoi lamette monouso, c’è un unico modo per affrontare la questione, oppure puoi prendere lamette che durino un po’ di più. Penso che la cultura dipenda da ciò che è meglio per lei, lo stesso per i libri, dipendono da ciò che è meglio per loro. Sono i libri che durano che sostengono l’industria editoriale, non i guizzi temporanei. Non le scommesse di alto livello che sono piazzate per guadagnare nel breve termine, cioè quelle condotte dagli azionisti di maggioranza a danno di tutti gli altri”. Non nascondo di avere pensato subito a non pochi editori italiani che sopravvivono a furia di scommesse sul breve termine, pubblicando in continuazione novità e parlando di capolavoro, talento assoluto, fantastico scrittore e libro che cambierà la letteratura. Cazzate, direbbe Wylie, bisogna lavorare per costruire percorsi, non castelli di sabbia. E i dati gli danno ragione, la crisi di vendite di libri è sotto gli occhi di tutti noi, l’agenzia letteraria di Wylie aumenta il suo potere con scelte legate alla qualità e pensando a ciò che si ricorderà fra qualche anno, non con la vista corta delle marmotte.
Esco dalla Brigantine Room rinvigorito, contento di avere ascoltato il più potente agente letterario del mondo. Penso al provincialismo che domina il mercato editoriale italiano, rare le eccezioni, mi interrogo sul rapporto fra agente letterario e scrittore. Qualche “vaffanculo” liberatorio in più sarà la mia direzione. Sopportare gli impazienti pieni di ego è davvero alla lunga stancante, per trovare il talento ci vuole pazienza e serenità lavorativa. Andrew Wylie è un passo avanti e il suo successo lascia pochi dubbi.
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