Andrea Camilleri: addio all’ultimo interprete della teatralità siciliana
«La morte? La trovo disdicevole, citando una celebre battuta; ma l'aspetto con serenità». Anche di fronte all'enigma della vita Andrea Camilleri aveva mantenuto la sua proverbiale ironia, fatta di conoscenza e fatalismo. Lo scrittore si è spento oggi a Roma lasciando un'immensa eredità culturale; dote che non si esaurisce certo con il "suo" commissario.
Proprio come nel teatro dei pupi tipico della sua terra, Montalbano non fu che una delle “maschere” di una fervente vita artistica. Accanto al Camilleri giallista e puparo di trame, quello che gli ha dato grande notorietà, c'è una carriera dedicata alla sceneggiatura e alla regia teatrale e televisiva.
In televisione, alla RAI, con cui Camilleri collaborò per molti anni, si misurò per la prima volta con i polizieschi, filone determinante per la sua ispirazione letteraria. Lavorò come sceneggiatore per le fiction Tenente Sheridan e Le inchieste del commissario Maigret (l'edizione interpretata da Gino Cervi).
Fu lunga anche la sua parentesi dietro la cattedra: insegnò al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e per oltre vent'anni, fino al 1997, fu professore di regia all'Accademia Nazionale di Arte Drammatica Silvio D'Amico.
Il primo exploit letterario avvenne già negli anni Quaranta, con la pubblicazione di qualche racconto per quotidiani e riviste. Nello stesso periodo alcune sue poesie furono lodate da Salvatore Quasimodo e Giuseppe Ungaretti, il quale volle includerne una selezione in una raccolta da lui curata.
L’esordio come romanziere arriverà nel 1978; Il corso delle cose, pubblicato da un editore a pagamento, fece un buco nell'acqua. Dovrà aspettare il 1980 per avere un assaggio del successo letterario con Un filo di fumo (Garzanti), un romanzo storico in cui fa la sua prima apparizione il paese immaginario di Vigata, toponimo che diventerà centrale nella produzione letteraria di Camilleri.
La collaborazione con Sellerio, la casa editrice siciliana a cui Camilleri legherà indissolubilmente il suo nome, risale al 1984. Galeotta fu l'intercessione di Leonardo Sciascia, il quale fece avere ai coniugi Sellerio l'opera dell'amico. La casa editrice fondata dal fotografo Enzo Sellerio (e da sua moglie Elvira) aveva affidato a Sciascia la guida di quella che divenne la sua collana più corposa, La memoria. Incentrata sui moti siciliani del 1848, La strage dimenticata non riscosse grande successo ma diede il via a una lunga e proficua collaborazione e segnò l'entrata di Camilleri in una casa editrice nata nel fervore intellettuale della Palermo degli anni Sessanta e destinata a brillare a lungo.
Per buona parte della sua vita Camilleri attestò pubblicamente la sua ammirazione verso Sciascia (fatta eccezione per l’entrata in politica dello scrittore di Racalmuto, che Camilleri disapprovò con forza), testimoniando non solo la sua l’influenza letteraria ma anche la loro profonda amicizia: «Dentro Montalbano c'è Leonardo Sciascia, com'era nella vita, come carattere». Nell'incisività degli interventi umani e professionali e nella lucidità del giudizio di Salvo Montalbano si riflette dunque la ponderata personalità dell'autore de Il giorno della civetta. Di Sciascia, scomparso nel 1989, disse:«Leonardo per me è una medicina: quando mi sento un po' scarico, piglio un suo libro, leggo tre pagine e mi sento ricaricato: è come l'elettrauto».
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È innegabile che i padri letterari di Andrea Camilleri furono prima di tutto i suoi conterranei; oltre alle opere di Tomasi di Lampedusa, Brancati e Scascia, anche quelle di Luigi Pirandello, nato ad Agrigento, a pochi chilometri da Porto Empedocle, paese d'origine di Camilleri, influenzarono il suo approccio alla narrativa. All'amore per la tradizione letteraria siciliana si aggiunse quello verso la letteratura russa (Gogol, Checov e Majakowski su tutti) e la passione per Simenon, principale catalizzatore delle velleità poliziesche di Camilleri.
L’anno della rivoluzione “gialla” fu il 1994, quando per Sellerio uscì la prima indagine del commissario Montalbano, La forma dell'acqua. Lì comincia una lunga serie di romanzi con protagonista Salvo Montalbano del Commissariato di Vigata. Nell'arco di oltre vent'anni usciranno una trentina di opere, tutte benedette da milioni e milioni di copie, che faranno di Camilleri uno degli scrittori italiani più venduti nel mondo: la serie di Montalbano sarà tradotta in oltre trenta Paesi, dalla Norvegia al Brasile, dalla Turchia alla Corea.
Con il nuovo millennio, grazie anche al grande successo della fiction, interpretata da Luca Zingaretti e tratta dai gialli di Montalbano, Andrea Camilleri diventerà un autore di culto. I modi di dire di Montalbano saranno dei tormentoni nazionali e usciranno interi ricettari dedicati ai suoi pranzetti a base di pesce.
Però ridurre Camilleri alle avventure di Montalbano sarebbe fare un torto a un excursus letterario molto articolato.Camilleri non interruppe mai la produzione di altri romanzi di natura prevalentemente storica o fantastica. Il comune denominatore di queste opere è stato lo studio appassionato della sua Sicilia; dai moti risorgimentali al fascismo, l'eviscerazione dell'isola attuata da Camilleri fu attenta e documentata: attraverso i suoi personaggi seppe trasmettere la teatralità del popolo siciliano, quella che lui definì la “tragedialità”.
La Sicilia perde quindi uno dei suoi più entusiasti cantori contemporanei; nonostante Camilleri vivesse a Roma da molti anni (vi si trasferì nel 1949), la sua penna non ha mai lasciato la terra che lui, tranne rare eccezioni, scelse sempre come teatro dei suoi romanzi. Alcune di queste opere “neutre”, nonostante la dichiarata ostilità di un comunista della prima ora come Camilleri verso Berlusconi, furono pubblicate da Mondadori.
Certo la popolarità è sempre dolceamara e anche Camilleri si è trovato avvolto da quella fastidiosa patina del bestseller che più volte, per dirla con parole sue, si è rivelata una rottura di cabasisi. A tratti un po' bistrattato dalla critica, che voleva incasellarlo per forza in un genere letterario, il suo uso del dialetto fece storcere il naso a molti. Eppure quella lingua “bastarda” che non ricercava l’autenticità del dialetto ma ne utilizzava l’estro per colorare l’italiano con alcuni termini dialettali, fu il suo marchio di fabbrica. Grazie a lui verbi come taliare, spiare e babbiare hanno valicato lo stretto di Sicilia, diventando profondamente pop e riscrivendo anche quel gergo maccheronico alla Il Padrino che ha tenuto in ostaggio la Sicilia per molto tempo.
Camilleri si era guadagnato anche l'omaggio di Topolino, che gli aveva dedicato un ciclo di fumetti dal titolo Il commissario Topalbano. La RAI, con Sellerio, aveva invece realizzato un docufilm Il maestro senza regole andato in onda in prima serata in occasione dell'ottantanovesimo compleanno di Andrea Camilleri (6 settembre 2014). La pellicola, con protagonista Camilleri stesso, ripercorre la sua vita privata, la carriera di sceneggiatore e l'esperienza del successo travolgente arrivato in età matura.
Nonostante la veneranda età raggiunta, si può dire che la vecchiaia per Camilleri non sia mai veramente arrivata.La curiosità e lo spirito di osservazione hanno conservato il suo spirito dall’erosione del tempo. Colto e umile, fiero e accessibile, la sua lezione umana e letteraria non sarà dimenticata. Del resto l’aveva detto lui: «L'affidarsi alla memoria è la volontà dell'uomo di non scomparire».
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