Alla scoperta delle poesie di Herman Melville
Puntata n. 102 della rubrica La bellezza nascosta
«Un tempo, pur se il mare s’oscurava, le voci innalzavate forti e chiare, del fortunale il canto a sovrastare, la vela di tempesta issando allegri per dir: “Vita è tempesta – e che tempesti!” Quel che il futuro porterà – è il destino: come fanciulli scorrevate i mondi, senza tener la vita troppo cara, voi che la vita in pugno serravate, voi sfrecciavate sopra i quattro oceani da procellarie, e da galletti 14 in porto! Ah, non gettati via dalla memoria e persi poi: lieve canto negletto da un cuore intento a musica più alta; 15 mai vecchi, in cuori forti conservando di giovinezza i buoni sentimenti, come maree che nei fiumi s’insinuano vicino a me venite, mi apparite nuotando fuori da mari di volti estranei ormai e dal tempo cancellati, e m’avvolgete in sogno!»
Spesso, nella vita, un uomo sceglie di sposare una causa, prova attraverso degli spostamenti a rispettare il proprio animo e a farsi guidare dall’istinto. È questo il caso di Herman Melville, scrittore e marinaio tra i più famosi della storia. Se tutti, però, conoscono Melville come uno dei più grandi scrittori nel mondo della letteratura, pochi sono a conoscenza delle sue poesie e dei suoi poemi.
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Ed è una grande sorpresa scoprire che Melville era anche un importante poeta, capace, con i suoi versi, di portarci su una nave, nel bel mezzo di una mareggiata, tra le onde e nella confusione di un equipaggio.
Herman Melville è nato a New York nel 1819, dove è morto poi nel 1891. Napoli al tempo di re bomba e la raccolta di poesie John Marr e altri marinai sono stati pubblicati in un unico volume dalla casa editrice Alessandro Polidoro editore, a cura di Antonio Esposito e con la traduzione di Gordon M. Poole.
Nel 1857 lo scrittore Herman Melville intraprende un viaggio lunghissimo che lo porterà a Napoli durante il periodo di Ferdinando II. Affascinato dalla città, Melville decide di studiarla, di viverla, di addentrarsi nelle stradine e tra la confusione per provare a capire fino in fondo gli usi e i costumi di questo popolo.
«Noi prendevamo il sole in un bel giorno, era d’ottobre,sembrava primavera nonostante la stagione.Io carico la pipa mentre lei si gira il tè,si volta a me la cara vecchia mia e poi mi fa:«Ah vecchio, senti come la stagione raddolcisce?»o benedetto core mio, lo sento sì, eccome! di anni ne ho sessantacinque e “raddolcisco” anch’io:ma a ricordare il maggio impavesato dei compagni,a lungo questo spoglio scafo mio sopravvivrà. Son chiacchiere? – che chiacchiere! dimentican gli stolti!Io ero il timoniere, sistemavo io i segnali,issavo la bandiera e rammendavo buchi e strappi,pulivo la chiesuola – e m’occupavo del timone,ed eseguivo allegramente gli ordini impartiti.Con familiarità mi salutavan gli ufficiali,e s’attenuavano per me del cassero i rigori.»
Baleniere, onde indomite, marinai, Napoli e il sole, Napoli e il chiacchiericcio, Herman Melville ci racconta viaggi e navigazioni ma questa volta lo fa allontanandosi dalla prosa; con una lingua elegante, a tratti aulica, riesce a immergerci nelle atmosfere che i più avranno conosciuto leggendo il suo capolavoro Moby Dick.
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Sono vari i personaggi che danno voce a queste pagine, ma le tematiche sono, fondamentalmente, sempre le stesse: i ricordi, il passato che torna come tornano sempre le mareggiate, le bevute nelle bettole, le avventure in mare, le grandi baleniere e la durezza della vita vissuta lontano dalla terra ferma.
«Nel mar, sepolto con conchigliee coi tesori alla deriva,è sprofondato l’Ammiraglio in sonno – un sonno arcano senza finein mezzo ai suoi cannoni sciolti;i marinai intorno ai piedidal mare incantatore son stregati,laddove mai volan le berte.di notte quando i raggi astralirischiarano i frangenti in danza,escono oreadi98 dalle grottecon spirti argentei accompagnate;e in su dall’onde scintillantie in giù dagli astri luminosivengono raggi che nei sognigli abissi uniscono alle stelle».
La scoperta, dunque, di un Melville poeta è esilarante, e senza dubbio si può dire che lo scrittore americano aveva anche un talento profondo per i versi. Le sue sono poesie che raccontano, sono poesie capaci di avvicinarsi alla prosa ma che riescono a rimanere alla giusta distanza per non mischiarsi ad essa.
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Ogni scrittore racconta di sé, ogni poeta scrive versi che gli appartengono; Melville non fa differenza, anzi, forse senza le sue avventure, senza l’uomo marinaio non sarebbe mai esistito l’uomo narratore.
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