Alla scoperta della cultura giapponese insieme a Cees Nooteboom
Il Giappone da una parte, dall’altra gli occhi, le mani e la testa dello scrittore olandese Cees Nooteboom. Cerchi Infiniti, viaggi in Giapponeè una guida al paese di Yasunari Kawabata e di Yukio Mishima, pubblicata da Iperborea, tradotta da Laura Pignatti e con la postfazione Esercizi di dislocazione di Giorgio Amitrano.
Il primo viaggio è quello dell’incontro. La mente è un foglio bianco, uno spazio libero per le incisioni.
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Come quelle che in Hokusai prendono la forma del karashishi, un “leone” fiabesco che si muove come se fosse vivo.L’antico sopravvive con linee e colori riconoscibili, mentre il linguaggio moderno si rivela sotto forma di un codice incomprensibile. Eppure il mondo occidentale accoglie la tradizione giapponese come se fosse destinata a rimanere incontaminata nonostante le guerre del secolo scorso e i colossi industriali che avanzano. Cees Nooteboom racconta così il secondo dei suoi successivi viaggi, quando l’entusiasmo della prima volta lascia il posto alla consapevolezza, mentre resiste la sensazione di essere comunque stranieri. Quella del viaggiatore “vergine” è un’illusione portata a collidere contro un cerchio chiuso fatto di simboli sconosciuti e usanze oggi più lontane di quanto non lo siano state un tempo:
«La seconda volta urtai violentemente contro l’impenetrabilità della società giapponese. Mi resi conto che devi realmente sapere leggere e parlare giapponese per trovare nel Giappone di oggi quello di allora, che per questo è troppo tardi, e che dovrò limitarmi ai pezzi di Giappone “puro” che, come qui in questa mostra, mi vengono presentati, e a ciò che posso leggere in traduzione».
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Secondo Cees Nooteboom è più semplice comprendere il Giappone dai lavori di Hokusai esposti nelle mostre europee. Un paese così lontano dal punto di vista culturale può essere vissuto meglio solo in termini temporali, nel suo passato, grazie alle opere tradotte, studiate e rese a tutti più accessibili. Ecco perché per l’autore di Cerchi infiniti la mediazione può sostituire il contatto diretto con l’originale.
Cees Nooteboom, infatti, dedica un capitolo al testo di un altro scrittore.A Japanese Mirror: Heroes and Villains of Japanese Culture di Ian Buruma è un libro in cui la forza della scrittura si mescola alla perfezione con la forza delle sue immagini. Non vengono presi in considerazione soltanto il teatro e la letteratura giapponese, ma anche i fumetti horror, film di serie B, drammi commoventi, ecc. L’aspetto più significativo di quest’analisi lo offre la concezione sulla violenza rappresentata in opere di finzione, vissuta dai giapponesi come sfogo per garantire un ordine a livello reale. Il gusto per l’elemento macabro, quindi, non è il sintomo di un paese malato, bensì l’orientamento artistico di un popolo che al contrario, dice Ian Buruma, si caratterizza per la sua mitezza. I lettori che vengono dall’altra parte del globo rispondono con il disorientamento a queste informazioni, mentre i giapponesi conducono la loro vita quotidiana lontani da fenomeni cruenti.
Il contatto con l’altro può creare frustrazione, ma solo col tentativo di comprenderlo si scopre al di là del proprio “io” ciò che non può appartenerci.Lo straniero, che spesso preferisce non farsi vedere per non mostrare la propria diversità, ha l’opportunità di occupare il posto dell’altro, di giocare a essere qualcosa che non è. Fuori dal proprio mondo sembra essere concessa la possibilità di prendere le distanze da sé stessi e toccare con mano l’alterità. Non è detto che dall’altra parte lo sforzo venga ricambiato. Cercare l’altro coincide con un’azione rischiosa, fallibile e comunque necessaria per oltrepassare le incomprensioni culturali.
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Cerchi infiniti non mostra lo sguardo di chi vive nel mito della differenza o nella paura della diversità, perché Cees Nooteboom racconta la sua storia di viaggiatore in cui incanto e trauma non si escludono a vicenda. Al contrario, insieme formano il presupposto per un’esperienza completa dell’altro.
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