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Alice Allevi e la nascita di un personaggio. Intervista ad Alessia Gazzola

Alice Allevi e la nascita di un personaggio. Intervista ad Alessia GazzolaArabesque (Longanesi, 2017) porta a quota sette i romanzi di Alessia Gazzola incentrati sul personaggio di Alice Allevi, divenuta finalmente specialista dopo i faticosi anni di frequentazione dell'Istituto di Medicina Legale che hanno offerto spunto ai volumi precedenti della serie.

Eternamente impacciata e insicura, Alice si trova dunque ad affrontare il suo primo caso da anatomopatologa: l'autopsia di una donna trovata morta nel giardino di casa, all’apparenza per un banale malore. L'autopsia dovrebbe quindi essere una pura formalità, tuttavia Alice riscontra alcuni segni che la portano a dubitare di una morte per cause naturali, e quindi a indagare, accanto al vecchio amico ispettore Calligaris, sulla vita della donna, che da giovane era stata una ballerina classica destinata a una luminosa carriera, che però si era bruscamente interrotta, facendo poi di lei la titolare di una rinomata scuola di ballo.

Alla ricerca della verità, Alice si avventura quindi nel mondo del balletto, mentre le sue personali vicende sentimentali conoscono i consueti alti e bassi ben noti a chi ha letto e apprezzato i romanzi precedenti della serie.

Con Alessia Gazzola e un gruppetto di blogger abbiamo fatto colazione domenica 19 novembre al bellissimo bar della Triennale milanese, nel corso di Bookcity, con l'arrivo a sorpresa di Francesca Agostini ed Emmanuele Aita, gli attori che interpretano i personaggi di Lara e Paolone nella fiction che la Rai ha tratto dai primi romanzi della serie.

Questo è il resoconto della nostra chiacchierata.

 

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Leggendo i romanzi di questa serie vediamo un bel percorso evolutivo del personaggio di Alice. Com’è cambiato il rapporto con la sua protagonista, e come è cresciuta lei in questi anni?

L'idea di lasciarla come un personaggio cristallizzato, che in genere in ogni avventura resta uguale a se stesso, non mi piaceva. Ho riscontrato questa cosa in alcune serialità che pure amo, ma a me non andava. Volevo seguire un percorso e devo dire che non mi è riuscito difficile, perché mi è venuto spontaneo, anche per il fatto che utilizzo la prima persona.

Non sono romanzi autobiografici, io lo dico sempre che Alice non sono io, ma ormai mi sentivo a disagio a darle una voce ancora infantile, adesso che ormai ho trentacinque anni. Devo dire che non condivido alcune cose che lei pensa o fa, ma siccome è diversa da me la faccio agire come penso sia importante nell'economia della trama. In ogni caso, doveva crescere: dovevo darle un decoro, anche per rispetto della sua professione, che è pur sempre la mia. E poi la stessa Alice ha ormai trent'anni, è già lontana dalla studentessa ventitreenne del primo capitolo della saga.

Alice Allevi e la nascita di un personaggio. Intervista ad Alessia Gazzola

Ma qual è oggi il suo rapporto personale con Alice? Non credo che lei fin dal primo libro pensasse a un personaggio seriale, ma quanto pensa di andare avanti, e per quanto ha invaso la sua vita?

Il mio rapporto è ormai di familiarità: per me Alice è come una sorella più piccola, ancora un po' immatura in alcune cose, proprio perché io non mi identifico in lei. I miei pensieri in realtà li do un po' a tutti i personaggi, anche se non sono Alice. Alla fine i romanzi sono pieni dei miei pensieri, sentimenti ed emozioni.

Certe volte sia come autrice, sia come persona, posso anche non condividere il comportamento della mia protagonista in una determinata scena, ma lei ormai ha sviluppato una sua personalità, indipendente da me. Certe cose io stessa non le so finché non mi metto davanti al computer a scrivere.

Penso che continuerò a scrivere di lei finché questo sarà divertente per me, perché se questo deve diventare un peso o una catena preferisco lasciar perdere: alla fine, so di avere anche tante altre idee che vorrei prima o poi seguire, qualcosa ho anche già pubblicato.

Da lettrice, mi accorgo dei libri scritti a tavolino, e non ne vorrei mai scrivere, per cui se dovessi mancare all'appello in futuro saprete che sarà perché non avrò niente da scrivere al momento.

 

La scelta di scrivere i romanzi di Alice è stata frutto di un processo graduale o no?

Avevo sempre scritto anche in precedenza, la scrittura per me è qualcosa di cui ho sempre avvertito il bisogno. Avevo scritto romanzi orribili che non ho mai provato a pubblicare, poi quando sono entrata nella scuola di specializzazione mi è venuto automatico scrivere una storia con quella ambientazione. Alla fine, rileggendola, mi sono resa conto di aver scritto qualcosa che poteva avere un potenziale e ho tentato di pubblicarla. Una di quelle cose che provi a fare anche se non ci credi molto, insomma.

Quando me l'hanno preso, volevo pubblicare sotto pseudonimo perché mi vergognavo tantissimo, ma poi quando il libro è uscito ed è andato bene ho superato la vergogna.

 

A proposito di vergogna, in occasione dell'uscita di un suo precedente romanzo lei ha detto che non faceva mai presentazioni a Messina, la sua città, dove preferiva tenere un basso profilo. Ha superato col tempo questa ritrosia?

Adesso non vivo più a Messina, perché ci siamo dovuti trasferire a causa del lavoro di mio marito, per cui il mio rapporto con la città è cambiato. A dicembre ci tornerò proprio per un incontro con i lettori, mi sembra giusto farlo, ma resto sempre e comunque dell'idea di tenere un basso profilo, e non solo a Messina.

 

Pensando ad altri personaggi famosi come medici legali, in genere piuttosto forti, ce la farà Alice, apparentemente fragile, a entrare in un mondo così duro come quello della medicina legale?

Alice è molto ansiosa e insicura, ha paura di sbagliare ma quando deve applicarsi lo fa.

Quello che cercherò di darle in futuro sarà l'acquisizione di una maggiore consapevolezza di sé, ma deve rimanerle un po' d'insicurezza, che poi è quella che crea le situazioni da commedia. Il lettore grazie a lei può riconoscersi in certe situazioni lavorative che sono comuni a tutti i contesti.

Alice Allevi e la nascita di un personaggio. Intervista ad Alessia Gazzola

In Arabesque l'attenzione si sposta sul mondo del balletto, ma lei ha voluto mettere in evidenza la competitività e l'aggressività che distruggono chiunque entri in quel mondo, anziché la bellezza e la leggerezza. Perché questa scelta?

Non mi propongo certo di scrivere delle verità assolute: il mondo della danza classica può essere anche un mondo pulito, in cui valgono le regole dello sport, i valori più nobili di qualunque attività fisica o artistica, quindi espressione di armonia, bellezza e disciplina. Ma siccome io sono una giallista, anche in un mondo puro devo trovare la zona d'ombra. L'input mi è stato dato da Il cigno nero, un film che in realtà non mi era piaciuto del tutto, ma mi aveva impressionato, e mi aveva dato l'idea di scrivere un romanzo in cui venissero sottolineati questi aspetti dell'autodisciplina eccessiva e della competitività. Prima ancora, la cosa che più m'interessava era, indipendentemente dal mondo della danza, raccontare l'invidia della giovinezza, una cosa che mi stuzzicava molto.

Volevo raccontare un rapporto particolare tra maestra e allieva, e viceversa, che sarebbe potuto nascere anche in un altro ambiente, ma quello del balletto mi piaceva per il suo aspetto "bello": vi sarete accorti che a me piace descrivere ambienti belli, eleganti.

 

I suoi romanzi vanno incontro sia alla voglia di giallo e mistero, sia al bisogno di un po' di romanticismo. Qual è stata la spinta che l'ha portata a creare questa miscela giallorosa?

Nei primi romanzi il lato frivolo era molto forte, anche perché all'epoca avevo ventisei anni e facevo scorpacciate di romanzi chick-lit, soprattutto quelli di Sophie Kinsella, così che nella mia scrittura è finito anche quello che era il mio gusto da lettrice. Il primo libro l'ho scritto come puro divertimento, non avevo un progetto editoriale e ancora oggi mi piacciono molto i romanzi rosa, ma credo che nelle mie storie il punto centrale sia Alice più che la sua vita sentimentale. Lei è in cerca d'identità e di sicurezza, e questo si riflette anche nelle sue relazioni, ma da un romanzo all'altro è diventata più forte e più indipendente dagli uomini. Mi piace l'idea di proporre questo tipo di modello, senza presunzione.

 

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Quali sono le sue letture oggi, dopo la fase chick lit?

Seguo ancora la Kinsella, ma adesso sono nel periodo "vecchia Inghilterra", le Mitford e altri romanzi pubblicati da Astoria e Fazi. Poi leggo gialli, perché ritengo di dover imparare.

 

Gabriella Genisi nei suoi romanzi seriali sul commissario Lobosco si diverte a inserire personaggi di altri autori e ha inserito anche Alice. Che effetto fa vedere un proprio personaggio nel libro di un altro scrittore?

Sì, è una cosa che lei fa sempre, e siccome lo fa solo con certi tipi di personaggi che le sono molto cari, per me francamente è stato un onore. Alice accostata a Montalbano o a Pedra Delicado può essere soltanto un complimento. Anch'io tra l'altro ho inserito Lolita Lobosco in un mio romanzo.

Il fatto di leggere qualcosa dei tuoi personaggi scritto da altri l'ho avvertito però molto di più quando ho visto le sceneggiature della fiction televisiva, in cui dicono e fanno cose che non erano esattamente le stesse dei miei romanzi. A volte è divertente, in qualche caso ho notato cose non in linea con le mie idee che ho fatto cambiare.

Alice Allevi e la nascita di un personaggio. Intervista ad Alessia Gazzola

La trasposizione dei romanzi in una serie televisiva ha portato nuovi lettori? C'è qualcosa che era nei libri e che le è dispiaciuto non sia stato trasposto negli episodi girati per la tv?

In tutta onestà, la serie tv è stata una grande benedizione, una bella fortuna di cui sono perfettamente consapevole. Pur con delle differenze legate alle esigenze di messa in scena, la cosa più importante, vale a dire l'atmosfera dei libri, è stata rispettata. Che poi ci siano delle differenze, delle semplificazioni, io lo reputo un effetto limitato e accettabile.

Di sicuro mi ha portato tanti nuovi lettori. Mi sarebbe piaciuto di più vedere Un segreto non è per sempre, che resta il mio libro preferito, realizzato in un modo diverso, ma mi rendo conto che in cinquanta minuti non era possibile sviluppare tutti gli aspetti del romanzo. La trama gialla, a volte, è stata un po' sacrificata rispetto alle scene di Alice in istituto, e al suo rapporto con Claudio, ma capisco che queste attiravano di più il pubblico.

 

Il rapporto tra medico e paziente può essere equiparato a quello tra autore e lettore?

Non ci avevo mai pensato, ma se si dice che i libri curano l'anima, può essere ... In entrambi i casi c'è un'aspettativa, da parte del paziente e da parte del lettore.

Inevitabilmente, il lettore si fa delle aspettative e si affida allo scrittore: comprare un libro in fondo è un atto di fiducia, un investimento che si fa. E io sono felice di aver avuto finora un feedback positivo dai miei lettori.

 

I suoi colleghi hanno letto questi romanzi? Cosa ne pensano?

Si sono divertiti da matti a leggermi, alcuni pretendevano di riconoscersi – a torto – nel personaggio del bel Claudio Conforti, nessuno voleva essere la cattiva Wally, ma nessuno si è offeso.


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