“Alibi” di Fabio Giallombardo, alla ricerca della verità sulla morte di Borsellino
Fabio Giallombardo è tornato nelle librerie con Alibi (Dario Flaccovio Editore, 2020), dopo essersi fatto notare con il suo interessante romanzo d’esordio La bicicletta volante (Autodafé, 2014), a cui ha fatto seguito Cosa Vostra. Mafia e istituzioni in Italia (Autodafé, 2017), un’antologia molto esauriente di articoli e saggi che si proponeva di offrire uno strumento didattico per affrontare il tema “mafia” sotto tutti i punti di vista.
Anche in Alibi si parla molto di mafia, perché affronta un argomento ancora oggi assai scottante, il depistaggio delle indagini relative all’attentato di via D’Amelio a Palermo, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta (non a caso, Fiammetta Borsellino, figlia del giudice, firma una bella prefazione del libro) e lo fa utilizzando una forma narrativa ibrida, in cui si mescolano l’invenzione romanzesca e l’inchiesta giornalistica.
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Protagonista della struttura narrativa creata da Giallombardo è Ulisse, un professore di lettere che per prendere le distanze da un ingombrante cognome, che denuncia la sua discendenza da una famiglia dai noti e imbarazzanti trascorsi mafiosi, si trasferisce a insegnare in una tranquilla cittadina marchigiana. Il caso, sotto forma di un buffo equivoco tecnologico, gli ha fatto incontrare e sposare una psicologa che si chiama Penelope e insieme hanno messo al mondo un maschietto, inevitabilmente chiamato Telemaco, ma le Marche non sono così lontane dalla Sicilia da impedire a Ulisse di seguire le vicende del giudice Borsellino e della sua tragica morte.
Grazie anche al burrascoso incontro con una poliziotta molto passionale e determinata a raggiungere la verità su quell’attentato, Ulisse si ritrova a indagare sui molti misteri irrisolti di quegli anni e sulle tante domande che sorgono ancora oggi spontanee esaminando le circostanze dell’attentato, a cui nessuno è stato finora in grado di dare risposte convincenti e definitive, nonostante che nel nome di Borsellino siano stati istruiti nel frattempo diversi processi. Pur avendo individuato e condannato esecutori e mandanti provenienti dall’ambiente mafioso, non è stata ancora chiarito del tutto il ruolo avuto in quell’attentato (così come nella Strage di Capaci, che meno di due mesi prima aveva causato la morte del giudice Falcone, della sua compagna e degli agenti della sua scorta) da elementi estranei alla mafia ma legati in qualche modo allo Stato, presumibilmente attraverso i servizi segreti.
Animato dalla stessa passione che lo aveva già portato a scrivere le opere precedenti, Giallombardo con Alibi ha realizzato un prodotto letterario piuttosto insolito. Ci racconta in primo luogo la vita personale del professor Ulisse dalla giovinezza alla prima maturità, facendone un proprio evidente alter ego: come Ulisse, lo scrittore è di origine siciliana ma oggi vive nelle Marche facendo l’insegnante, ed esattamente come il suo personaggio è molto impegnato nel volontariato e in un costante lavoro di stimolo delle coscienze, come del resto dimostrava già ampiamente l’antologia Cosa Vostra.
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Il punto che convince di meno leggendo Alibi è forse proprio l’eccessivo coinvolgimento dei personaggi nella ricerca della verità, che in alcuni importanti snodi narrativi (soprattutto nel rapporto tra Penelope e la poliziotta) fa loro dimenticare del tutto le proprie posizioni personali, la vita privata e gli affetti, in un modo che, in definitiva, può apparire poco credibile sul piano umano, ma la parte più giornalistica del libro riesce a coinvolgere il lettore fino alla fine.
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