Alessandro Baricco: La Sposa giovane, la Scuola Holden e il mestiere di scrivere
Alessandro Baricco e La sposa giovane, un binomio di cui tutti stanno parlando. Alla vigilia dell’uscita del suo nuovo romanzo, La Sposa giovane (Feltrinelli, 2015), Baricco ha una sola regola per il ristretto gruppo di blogger che ha deciso di incontro, riunito attorno a un tavolo della Scuola Holden: «non si parla del libro».
Del resto siamo a Torino, dove l’understatement galoppa, e nel “regno” di Baricco non si fa mistero della sua idea di intimità letteraria e dell’orrore per il didascalismo. Sulla parete della grande scalinata centrale della Scuola Holden campeggia il monito di J.D. Salinger: «It’s funny. Don’t ever tell anybody anything. If you do, you start missing everybody». A cui si aggiunge quello del “preside” Baricco: «Se non capite il senso di questa frase, allora forse è meglio fare un altro mestiere».
Saremo costretti a infrangere uno dei comandamenti più sacri dei lettori? Dovremo giudicare il libro dalla sua copertina? Nel caso de La Sposa giovane non sarebbe un torto così grande, visto lo studio minuzioso a cui è stata sottoposta. La Sposa giovane esce con due copertine diverse: una lucida, essenziale anche nella terza di copertina, l’altra con carta vergata e un sapore vintage. L’immagine è la stessa, quella di Tonino Liberatore, il quale aveva già collaborato con Baricco disegnando i costumi per il suo film, Lezione ventuno.
A Baricco piace l’idea che l’oggetto libro sia meno severo, che il lettore possa avere più spazio di manovra e scegliere la copertina che preferisce. Era già successo con Questa storia, uscito nel 2005 per Fandango con quattro copertine diverse: «Se vogliamo “salvare” i libri di carta, se vogliamo che continuino a essere una gioia per tutti bisogna anche fare delle copertine un po’ “brillanti”».
De La Sposa giovane non svela altro. Vuole incarnare il fil rouge del romanzo: l’attesa. Quella di una giovane sposa dei primi del Novecento; nella dimora di campagna aspetta, con i futuri suoceri, il ritorno del promesso sposo (il Figlio) da un viaggio d’affari. Fra lunghe colazioni, sottili nevrosi e terrore della notte, l’attesa del Figlio diventa un’educazione sentimentale corale e privata, scandita dall’avvicendarsi della terza e della prima persona.
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Come i precedenti, anche questo romanzo è il risultato di quello che Baricco definisce «un processo strano di cui non vogliamo sapere nulla, io per primo», quella magia per cui un quadro, un biglietto, un’emozione sfociano nella scrittura: «Ne La Sposa giovane c’è una colazione che ho in testa da quindici anni; è parente di una colazione che io conosco».
Siamo nella stagione di Elena Ferrante e degli pseudonimi: Baricco ha mai avuto la curiosità di “celare” la sua identità di scrittore? «Ho scritto un libro (Mr. Gwyn, n.d.r.) in cui il protagonista scrive con uno pseudonimo, per cui è una cosa che mi affascina; è una casistica che ha conseguenze intriganti, ma sarebbe troppo faticoso tutto il marchingegno».
Nonostante per via del suo mestiere si definisca un «lettore sfalsato», tra i libri che Alessandro Baricco “salverebbe” da una catastrofe naturale c’è anche quello di un’autrice che pubblicava con un nom de plume: Rebecca West. Nella sua Trilogia degli Aubrey c’è quella raffinata compostezza britannica, scaldata dal calore raccolto di dissertazioni artistiche, a cui sembra far eco anche La Sposa giovane.
Una carica simile pare animare anche i corridoi colorati della Holden; è quasi sera, ma c’è ancora movimento: chi legge sul davanzale, chi scrive sceneggiature a quattro mani, chi si è attardato in biblioteca. Negli oltre 4mila mq di un’ex-caserma in riva alla Dora, riprogettata da Renzo Piano e Dante Ferretti, la scrittura è materia viva. Sei college (Scrivere, Filmmaking, Acting, Series, Real World e Crossmedia), sei percorsi formativi che, incrociandosi e compenetrandosi, mirano a dar vita a professionisti della narrazione.
Dal suo osservatorio privilegiato Baricco evidenzia due tendenze dello storytelling contemporaneo: il declino “biologico” del finale e il ricorso all’autobiografia. Entrambe, secondo lo scrittore torinese, «sono tendenze influenzate da nuovi competitor che hanno obbligato ad “alzare la posta”». Tra queste interferenze contemporanee individua ilferoce progredire del modello delle serie televisive, con i loro “non finali” (Lost su tutte), e i reality a cui le persone danno in pasto la propria vita privata. L’intimità è pur sempre un patto silenzioso alla base del rapporto fra scrittore e lettori: «Al lettore dici cose che non hai detto a tua moglie», confida Baricco; saranno le pagine de La Sposa giovane a parlare.
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