Aleppo, la guerra del futuro
Ad Aleppo si combatte la guerra del futuro. Non con le armi del futuro, ma negli equilibri geopolitici mondiali che si prefigurano come quelli più stabili da adesso in poi.
L’area mediterranea e mediorientale, un tempo terreno di conflitto prediletto dagli Usa, è sempre più nelle mani di tre grandi potenze: la Turchia, la Russia e l’Iran (quest’ultima non ancora belligerante).
In Siria si gioca una partita mondiale che vede i russi entrare a pieno titolo alzando la voce (sganciando bombe) dove fino al decennio scorso soltanto gli americani potevano entrare. Questo cambio di scenario e di equilibri dipende da almeno tre fattori: 1) la debole autorevolezza dell’Ue, dopo il disastro compiuto in Libia dai francesi; 2) la fragilità statunitense, ormai un dato di fatto inoppugnabile avvalorato dalla vittoria di Trump e dalla nomina di ministri filo Putin; 3) la scarsa capacità dell’Onu, ridotta a un contenitore vuoto anche nel passaggio da Ban Ki Moon al suo opaco successore.
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Aleppo è la cartina di tornasole di un sistema mondiale trainato dalla Cina (interessata a costruirsi il monopolio pacifico, produttivo e commerciale, su pezzi del continente africano e di Medio Oriente) che si oppone ai tentativi di moratoria lanciati contro Assad e di provenienza europea; da un Iran che assiste al consumarsi lento e feroce dei suoi avversari siriani e iracheni; da una Russia che vacilla economicamente, ma procede spedita sul piano della politica interna ed internazionale verso la ricostruzione di una grande Russia neoimperialista.
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Ad Aleppo registriamo davvero il crollo dell’egemonia statunitense sul globo, determinato dalla debolezza di Obama. Una caduta epocale che scatena nuovi e vecchi appetiti: quello di Erdogan, per esempio, che cerca alleati anti Ue nei Balcani, dentro un progetto che puzza di Impero Ottomano.
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A rimetterci la pace, come spesso accade, è il Mediterraneo, che da poco meno di un decennio torna ad essere attraversato da flussi migratori di portate e grandezza epocali.
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Aleppo contiene tutto questo: la sofferenza dei popoli, dei bambini, delle madri; l’arroganza dei missili e delle truppe di terra; la ferocia del potere che non cerca soluzioni pacifiche, ma guerre e stermini di massa. L’assedio di Aleppo è l’assedio del nuovo millennio. È lo specchio già in frantumi della nuova epoca sanguinaria. Il volto dei morti e dei feriti, il calore delle bombe e l’odore della carne bruciata vengono da un tempo anticipato, da un futuro che dovremmo evitare, per non morire ancora, per non morire più di un’insensata guerra del futuro.
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