Addio a Ettore Scola, un regista particolare
Siamo all’addio anche per Ettore Scola, morto quest’oggi all'età di 84 anni.
Qualcuno, dopo la morte di Francesco Rosi, si chiedeva cosa rimanesse della grande stagione del cinema italiano del secondo dopoguerra. Un eccesso di pessimismo, una domanda retorica o una questione fondata? Mentre è lecito domandarselo, non credo stia a noi dare risposte. Tuttavia, una pur rapida retrospettiva nella memoria della cinematografia di Scola non può lasciarci che con la sensazione di avere, oggi, perso molto più che un uomo e un artista: un maestro, piuttosto. Perché siamo convinti che lo sia stato e perché speriamo che, come per ogni grande maestro, ci siano in giro allievi pronti a prenderne il testimonio e proseguire il suo peculiare percorso artistico.
Dovendo ora tirare le somme (ma non un bilancio) della carriera del celebre regista, non possiamo esimerci dal mettere in cima alla colonna delle addizioni i crediti come sceneggiatore di alcuni tra i film più formidabili della storia della commedia all’italiana: Il conte Max (1957, Giorgio Bianchi) Il mattatore (1960, Dino Risi), Il sorpasso (1962, sempre di Dino Risi), prima di esordire ufficialmente dietro la macchina da presa. Era il 1964 e il film quel Se permettete parliamo di donne considerato dalla critica poco più che una spensierata digressione rispetto all’intonazione maggiore del genere.
Anche La congiuntura (1965), nonostante un Gassman in ottima forma, alterna momenti autenticamente godibili ad altri più modesti; più smaglianti le prove de Il commissario Pepe (1969) e Dramma della gelosia: tutti i particolari in cronaca (1970). Trevico-Torino, viaggio nel Fiat-Nam (1973) è, al netto delle inferenze politiche (il film fu finanziato dall’allora Partito Comunista Italiano), un documento potente e accorato sul nodo mai risolto della cosiddetta questione meridionale.
Ma il nome di Ettore Scola resterà sempre legato, nella mente di cinefili e non, a due film dal sapore amaro ma dal carattere intenso: si tratta di C’eravamo tanto amati e Una giornata particolare. Nel primo (1974), la ripresa di uno dei temi più cari al neorealismo declina trent’anni di storia italiana attraverso lo sguardo, ferito e incarognito, di tre amici ex partigiani. Film sferzante e corrosivo, caustico fino a bruciare ogni residua speranza di riscatto morale, C’eravamo tanto amati è il ritratto fedele di un fallimento storico e generazionale.
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Una giornata particolare (1977) riproduce, invece, la reciprocità tra cinema e Storia, la sottile contraddizione della settima arte tra l’essere continuamente riferita a se stessa e ad altro, alla rappresentazione così come al momento storico che racconta. La giornata particolare è il 7 maggio 1938, quella della visita del Führer a Roma, una giornata che devia, seppure per meno di ventiquattro ore, il corso regolare della vita di due vicini di casa (magistrale la prova di Sophia Loren e Marcello Mastroianni), una casalinga e un omosessuale attratti più dal mutuo disinganno che da sentimenti più concreti e profondi.
Due film diegeticamente all’opposto: C’eravamo tanto amati traccia un lungo percorso storico e personale sostenuto da fecondi flash back in bianco e nero capaci di partorire una tensione narrativa tutt’altro che schematizzata. Una giornata particolare, invece, riprende la misura aristotelica della tragedia segnata da una perfetta unità di tempo, di luogo e di azione.
Le opere successive incassano giudizi discontinui, dall’azzardato La terrazza (1979/1980), bilancio della crisi della sinistra intellettuale, all’apprezzato La famiglia (1987), dal pessimistico Romanzo di un giovane povero (1995/1996) al riverente Gente di Roma (2003) fino al memorialistico Che strano chiamarsi Federico (2013), omaggio personale del regista a Federico Fellini in occasione del ventennale della scomparsa del collega e amico col quale, oltre al mestiere del cinema, Scola ha condiviso l’iniziale militanza nella redazione del giornale satirico «Marc’Aurelio».
E allora è il sorriso, forse, il modo migliore per ricordare questo grande maestro oggi scomparso, per ricordare che «la vita è fatta di tanti momenti diversi, e ogni tanto arriva anche il momento di ridere, così all'improvviso, come uno starnuto». E questo è, invece, il momento di dire addio a un regista particolare come Ettore Scola.
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