Abbecediscolo - Lettera G (Puntata n. 7)
Invidia del pencil?
Quando si tratta di muovere critiche a un mostro sacro, la prima reazione dell’interessato è spergiurare che si tratti di malcelata invidia. Nel caso il menzionato si facesse beffe di tale biasimo, ci penseranno gli affezionati lettori a elaborare la diagnosi: stizza professionale o, nei casi meno gravi, cretineria letteraria.
Tra i più gettonati:
1) Niccolò Ammaniti
Inizia tra i Cannibali e vince un Premio Strega – era il 2007, col romanzo Come Dio comanda (Mondadori, 2006) –: è dotato di prosa essenziale e trame facilmente apprezzabili tanto da meritare l’appellativo di «l’ovvio dei popoli» che Andrea Cortellessa – su La Stampa – gli appioppa più che volentieri.
2) Silvia Avallone
Bella e brava, potrebbe permettersi d’indossare un maglioncino a collo alto. Eppure, non lo fa.
«Più che un’autrice, la Avallone è una creatura collettiva: una sorta di Wu Ming ma con la scollatura a Vespa. Più che un romanzo, come sostengo da mesi, “Acciaio” è una bara senza maniglie». (Gian Paolo Serino su Il Giornale).
3) Alessandro Baricco
Qualora non rientrasse tra i grandi scrittori italiani, rimane uno dei più letti.
«Sento intorno a me tante voci, giovani voci, per lo più che lo dicono un grande scrittore, il più grande, l’unico che l’Italia abbia, mentre io, in assoluta minoranza, continuo a sostenere trattarsi di un grande genio del Nulla» (Augusto da San Buono su Insubria Critica).
4) Erri De Luca
L’autore è stato accusato di riciclare gli stessi temi ad ogni uscita editoriale. A sua discolpa, va sottolineato che s’impegna a variarne i titoli.
«Uno scrittore nettamente sopravvalutato è Erri De Luca, dove c’è una specie di neodannunzianesimo proletario [...]: dente cariato sotto placca d' oro. Si tratta di una scrittura rarefatta, concentrata, di una sapienzialità e ieraticità che dissimula appena la sua radice piccolo borghese. È un fenomeno interessante a livello di sociologia della letteratura, perché i libri di De Luca, che coniugano il sublime con il comunismo o il postcomunismo, forniscono facilmente ai fans la patente di anima bella e politicamente corretta». (Massimo Onofri sul Corriere della Sera).
5) Giorgio Faletti
Continua a far ridere, pur avendo cambiato mestiere. Faletti non sopporta le critiche, la sua autoironia è piuttosto blanda. Come le sue trame.
«Ricapitolando il Faletti-pensiero: se io ho un dubbio e mi permetto di sollevarlo all’autore sarà il mio mestruo e non la mia competenza a farmi parlare, le qualifiche sono orpelli inutili e qualunque critica, anche blanda, è frutto di invidia. Ah, dimenticavo: vendere 12 milioni di copie, stando ai dati dell’editore, ti permette di essere al di sopra di tutti, anche dei lettori, e autorizza qualunque (caduta di) stile.» (Fonte: Liblog).
6) Paolo Giordano
L’autore debutta nel 2008 con La solitudine dei numeri primi vincendo Strega e Campiello. La trama del libro è piuttosto triste, come la diretta Rai di entrambi gli avvenimenti.
Luigi Mascheroni racconta che Giulio Ferroni (in Scritture a perdere, edito da Laterza nel 2010) «del suo romanzo – nda “La solituine dei numeri primi”, Mondadori, 2010 – salva il titolo, peraltro fatto in casa Mondadori, e la brillante operazione editoriale costruita attorno al mito dello scrittore “giovane”, per il resto solo “disarmante banalità”». Ai giovani si perdona tutto, tranne l’essere acerbi e vincenti.
7) Margaret Mazzantini
È la signora Castellitto – così come Sergio Castellitto è il signor Mazzantini –, scrive sceneggiature per film – tratti dai suoi libri – che diventano film di cui il marito è regista. Giulio Ferroni – citato sempre da Mascheroni – trova che la Mazzantini sia «autrice di romanzi caratterizzati da “narrare sciatto”, “afflato patetico”, “scrittura grigia”, nobilitati” dai film […] di Sergio Castellitto, il marito». Nel dubbio se leggere o meno i libri di Margaret Mazzantini, attendete la versione cinematografica.
8) Federico Moccia
C’è il lilla che invoglia e il nulla che vende: la carenza di zuccheri fa miracoli.
«Non sa scrivere, non sa raccontare una storia – non ha storie da raccontare – non capisce niente (non solo di storie e di scrittura – non capisce niente e basta). I suoi romanzi sono i romanzi cretini per eccellenza [...]. Un adolescente a cui piacciono i romanzi di Federico Moccia non è un adolescente qualsiasi, è un adolescente cretino che diventerà un adulto cretino» (Fonte: Malvestite).
9) Melissa P.
Le luci della ribalta l’hanno colta dal lato migliore, né di fronte né di profilo, seduta sulla propria fortuna.
«E comunque MP NON fa sesso; se non avessimo letto le sue maialate, a vedersi parrebbe davvero uscita dal convento di Santa Caterina. Ha l’occhio un po’ languido, ma nulla più» (Silvia Dell’Amore su Finzioni Magazine, nei commenti).
10) Isabella Santacroce
Tra i Cannibali, è l’unica che ancora ha fame di Strega e autocandida il suo Amorino (Bompiani, 2012) all’ultima edizione, ma rimane a bocca asciutta. L’autrice è una voce fuori dal coro, una stonatura degna di nota. Isabella Santacroce vende il suo personaggio nel migliore dei modi, scrivendo o meno.
«[...] crede di essere un genio. E perché lo crede? Perché […] si figura di aver introdotto forme espressive mai sperimentate prima, tanto da capeggiare un fantomatico movimento letterario chiamato nevroromanticismo. È convinta di aver decostruito la lingua, di averla rimontata a modo suo – e magia: non è più il nostro italiano, è il suo e il suo soltanto.» (Fonte: Un nemico al giorno).
11) Roberto Saviano
Intoccabile, qualunque cosa dica, anche quando dice le stesse cose. Eppure qualcuno ci prova!
«[...] mi sembra che oramai dopo “Gomorra” non abbia più nient’altro da dire. Che farà Saviano? Scriverà ancora di Mafia? O si darà alla fiction, o al saggio totale? [...] E’ invece più probabile ipotizzare che scriverà articoli, come già sta facendo, e che poi finiranno per diventare il suo secondo libro: una raccolta di articoli, i quali poi non fanno altro che ribadire la cronaca di questi ultimi due anni e le cui idee sono state in buona parte già state dette in “Gomorra”.» (Giuseppe Iannozzi sul suo blog).
12) Tiziano Scarpa
Scrittore “cannibale” – come Ammaniti e la Santacroce – inizia col pulp, fonda i lit-blog Nazione Indiana e Primo Amore e si fa promotore di numerosi appelli per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi più disparati. Torna nei ranghi vincendo lo Strega nel 2009 con Stabat Mater (Einaudi, 2008). Giulio Ferroni – ancora lui – lo ritiene «autore [...] “artificiale”, “inessenziale”, che si distingue per una “evaporazione della scrittura”», ma tanto si sa che nessuno esce indenne dallo Strega.
13) Susanna Tamaro
Va’ dove ti porta la Tamaro, un tour monotematico in una valle di lacrime. Eppure, Susanna Tamaro non è donna dallo spiccato buonismo:
«“Detesto i buoni sentimenti”. Dev’essere stata dura farci sopra tutti quei soldi.» (Marco Ferrara su Acido Lattico).
14) Licia Troisi
La si accusa d’aver portato il fantasy sui comodini degli adolescenti italiani e, se questo non bastasse, la si trova pure in libreria.
«La Troisi, sia nei romanzi in sé, sia nel modo in cui li scrive, è un manuale vivente su come non scrivere. La Troisi non si documenta, non legge niente del campo in cui scrive, non revisiona, se ne infischia non solo delle più basilari regole della narrativa, ma persino del buon senso.» (Fonte: Gamberi Fantasy).
15) Fabio Volo
Tutti sminuiscono il valore di Fabio Volo, in realtà come panettiere se l’è sempre cavata egregiamente.
«Come un elisir di eterna adolescenza, Fabio Volo è la sostanza dell’estate fra la seconda e la terza media, quando i peli pubici di tutti volgono verso una stabile fioritura in maniera inversamente proporzionale all’instabilità emotiva e rincoglionita di chi ha perso tutte le qualità del bambino e, per una congiura della fretta di esistere, ha tutti i difetti dell’adulto» (Simon F. Di Rupo su Il Bureau).
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