A trent’anni da Mani Pulite, un’indagine letteraria su Raul Gardini
Sono trascorsi trent’anni dall’inizio delle inchieste note come Mani Pulite, eppure quella stagione continua a far discutere in modo molto controverso. Tra detrattori a ogni costo e strascichi ancora vivi e profondi, sembra che per darne un giudizio preciso sia ancora troppo presto.
Eppure Gianluca Barbera ha provato a entrare nel vivo di quel mondo usando uno dei personaggi chiave di quel periodo storico. Ne L’ultima notte di Raul Gardini (Chiarelettere) Barbera infatti usa la letteratura per raccontare l’imprenditore e l’uomo, morto nel luglio del 1993, a seguito di quello che gli inquirenti considerarono un suicidio, ma non mancano piste e ipotesi alternative.
Con Gianluca Barbera abbiamo ripercorso quella stagione e provato a raccontare cosa vuol dire avvicinarsi a una figura come quella di Raul Gardini.
Quest’anno ricorre il trentennale di Mani pulite. Cosa sopravvive oggi di quell’epoca? E com’è cambiato il rapporto tra magistratura, politica e mondo imprenditoriale? Insomma, Mani pulite a cosa è servito per il nostro Paese?
La stagione avviata da Mani pulite ha mandato a fondo un’intera classe politica, decretando la fine della cosiddetta Prima Repubblica. Quello che è venuto dopo ne è la diretta conseguenza. Berlusconi, le nuove aggregazioni politiche, il nuovo linguaggio. Oggi viviamo addirittura un’ulteriore stagione. Terza Repubblica? Direi che Tangentopoli è servita soprattutto a scoprire certi nervi sensibili del Paese: una volta messi allo scoperto, ogni volta che si batte in quei punti, duole.
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Alcuni ritengono che Mani pulite abbia rappresentato l’inizio dell’allontanamento dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni. Che idea si è fatta su questo tema?
Non credo. Se fosse così, si tratterebbe di un effetto collaterale. Il punto per me è chiarissimo: se la magistratura scopre o intravede dei reati, non può non indagare. A parte l’obbligo giuridico, c’è quello morale, professionale: sarebbe come un medico che si rifiuta di curare i pazienti. Certi discorsi sono inutili, per non dire strumentali. Diverso può essere il giudizio sui metodi usati dai protagonisti di quelle inchieste, a volte discutibili. Da ultimo mi viene da dire che certi poteri forti non sono stati sconfitti. Magari hanno vacillato, ma che vi siano sistemi occulti dietro l’ufficialità, continua a essere vero: basta scavare un po’. Direi che storicamente è sempre stato così, in ogni epoca e a ogni latitudine. La ricerca della verità non si ferma mai. Ma aggiungerei: quale verità? Non è facile tracciare linee nette.
Cosa l’ha spinta a concentrarsi sulla figura di Raul Gardini?
La parabola di Raul Gardini è materia ideale per un narratore. Una storia drammatica, certamente esemplare, carica di epos e di pathos. Come narratore cerco di afferrare un pezzo di realtà e di consegnarlo alla storia, ai lettori di oggi e di domani. Compito del romanziere è mettere in scena la “commedia umana”. Come ha scritto un recensore, “la vita di Raul Gardini, la sua ascesa e caduta,” nel mio romanzo in qualche modo “diventano mito”. Quello che faccio è proprio questo: mi “approprio” di un’esistenza e, attraverso quella, esploro “i confini della letteratura”.
Il libro è un romanzo e dunque i fatti e i personaggi hanno subito inevitabilmente un adattamento narrativo. Come ha lavorato sulla figura di Gardini e sulle persone a lui più vicine?
Solitamente prendo una vicenda reale e la adatto in chiave narrativa e drammaturgica, risistemando un po’ i pezzi, ma senza tradirne lo spirito. Gardini nel romanzo è ovviamente figura chiave, ma anche misteriosa, direi quasi insondabile. Lo osserviamo per lo più attraverso il punto di vista altrui: quello delle persone che lo hanno conosciuto, da vicino e da lontano. Tutto questo lo rende ancora più intrigante, sul piano narrativo e anche per ciò che attiene il desiderio, che sempre ci muove, di svelare quell’enigma che è l’essere umano. Nel romanzo i personaggi reali parlano e agiscono, nei tratti essenziali, così come hanno parlato e agito in vita (magari in contesti differenti ma sempre comparabili con quelli da me rappresentati). Su ognuno mi sono ampiamente documentato, in modo verticale. Perciò, per quanto concerne gli aspetti più rilevanti, quello che racconto appartiene alla loro biografia accertata. Resta però un’opera di fiction, questo non va dimenticato. E come tale sarà portata sugli schermi: è in via di programmazione una serie Tv, nata da un accordo raggiunto prima dell’uscita del romanzo con la Mompracem, casa di produzione cinematografica di Carlo Macchitella e dei Manetti Bros.
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Lei è anche autore di romanzi storici incentrati su personaggi come Marco Polo e Magellano, appartenenti a un periodo molto lontano da noi. Perché ora ha scelto di dedicarsi a un passato più vicino? E in che misura questo ha influito sul suo modo di lavorare?
Mi sono accostato alla figura di Raul Gardini così come ho fatto con quelle di Magellano e Marco Polo, considerandoli per quello che sono: personaggi storici. Vale anche per Gardini. I saggi sui personaggi recenti difficilmente riescono a spiccare il volo, per lo più tenendosi rasoterra, al livello della cronaca. Nuove rivelazioni o scoperte li fanno invecchiare presto e male. Ma la letteratura tratta dell’uomo, ben oltre certi contorni, perciò dura nel tempo. La letteratura ha questo potere: attraverso l’arte, trasforma la cronaca in vicenda storica, inserendola all’interno della secolare “commedia umana”. Ovviamente, se racconto la distruzione di Cartagine nessuno si sconvolge. Ma, se raccontassi della distruzione di Roma ai giorni nostri, produrrei un effetto scioccante.
Alla luce di quanto accaduto per l’elezione del Presidente della Repubblica e di quanto sta accadendo con l’inchiesta Open, come ritiene sia cambiato lo scenario politico in questo trentennio?
Direi che nella storia si sono visti altri periodi di caos come questo, anche se ovviamente sotto spoglie diverse. La vera novità è il ruolo giocato dai cittadini. L’impressione è quella di essere in costante balia degli umori dei social. Ma credo sia solo apparenza. Il vero potere sta altrove, ammesso che vi siano vere centrali di potere e che non sia tutto frutto del caos, del contrapporsi delle infinite variabili e forze in gioco. Vox populi, vox dei, dicevano i latini. Sarà vero? È la politica a rincorrere gli umori degli elettori o sono questi ultimi a essere costantemente manipolati? Eterno dilemma. Nel complesso però non sarei così pessimista: la realtà produce sempre suoi aggiustamenti. La contemporaneità ha sfaccettature positive, per esempio il ruolo delle donne come protagoniste. Non è poco.
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