80 euro a chi?
C’è modo e modo di riattivare l’economia. C’è maniera e maniera di rimettere in moto i consumi. Su questi benedetti 80 euro in busta paga per i lavoratori dipendenti s’è scatenata la bagarre politica, e il circo mediatico adopera questo argomento meramente economico per avviare il gossip della campagna elettorale per le elezioni europee.
In quegli 80 euro c’è il distillato del Paese, di quel che siamo diventati a furia di inseguire aumenti di stipendio e riduzioni di tasse come obiettivi massimi della nostra esistenza democratica. Noi siamo legati a filo doppio a un’identità consumistica che ci travolge, ci pervade, ci assale e ci mortifica ora che c’è la crisi e che non se ne esce. La costruzione del consenso attraverso la concessione di bonus (bonus casa, bonus bebè, ecc.) è cosa vecchia, vista e rivista, che non ha modificato i rapporti tra gli italiani e la crisi, ma ha reso i cittadini più vicini al Mercato e più lontani dallo Stato.
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Evidentemente, chi vuol farsi la campagna elettorale pro o contro gli 80 euro sposa un’idea mercantile della cittadinanza e della democrazia. Sono altri gli argomenti sui quali andrebbe avviato il dibattito elettorale in Italia: il lavoro, per esempio, che manca perché manca una strategia produttiva nazionale; il welfare, sul quale si gioca la sopravvivenza di centinaia di migliaia di famiglie, di single e di anziani; la cultura, grande assente dall’agenda politica nazionale. Su questi tre temi in Germania ed in Francia si sono fatti passi in avanti che adesso, a distanza di qualche anno, producono i loro effetti.
In Germania la cultura produce Pil, lavoro, reddito e perfino rendita; la Francia esporta in Cina il proprio modello di welfare e di sanità; in entrambi i Paesi la disoccupazione è tenuta sotto controllo, come sotto controllo sono i redditi milionari che non vengono reinvestiti in attività produttive. C’è una differenza evidente, allora, che va colmata quanto prima, se vogliamo restare in Europa e fare dell’Ue un’unione politica. E va colmata costruendo una pianificazione delle priorità, comprendendo che solo un’Europa solidale può salvare il continente dalla crisi e che soltanto con la costruzione di strumenti per il lavoro possiamo sconfiggere i populismi europei. Per questo, oltre gli 80 euro, agli italiani serve un percorso nuovo, anche faticoso, ma che restituisca a tutti la dignità attraverso la buona occupazione.
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