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5 libri sull’eutanasia, per capire qualcosa in più

5 libri sull’eutanasia, per capire qualcosa in piùChe cos’è l’eutanasia? Vi proponiamo cinque libri che offrono altrettanti punti di vista su un tema di sempre maggiore attualità e di grande importanza per tutti noi: la gestione della propria morte.

Perché in fondo, quando si parla di eutanasia (o di fine vita, o ancora di testamento biologico o living will), è proprio la morte che ritorna al centro di una riflessione sulla dignità della vita, indipendentemente dalla prospettiva da cui si fa partire qualunque riflessione sul tema.

Cinque libri, dunque, che raccontano l’eutanasia da altrettanti punti di vista, riflettendo da posizioni divergenti che possono giungere a una conclusione simile a proposito della necessità di garantire una morte dignitosa a chiunque ma divergente sul tema dell’eutanasia.

 

Andarsene al momento giusto. Culture dell'eutanasia nella storia europea di Marco Cavina (Il Mulino)

5 libri sull’eutanasia, per capire qualcosa in più

Marco Cavina, ordinario di Storia del Diritto medioevale e moderno presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Alma Mater Studiorum di Bologna, propone un excursus storico sul tema dell’eutanasia a partire dalla cultura greco-romana (con riferimenti a Ippocrate e Seneca) fino a giungere al dibattito legislativo e giuridico dei nostri giorni, passando attraverso l’analisi del mondo cristiano con uno sguardo alla modernità tra Seicento e Ottocento.

 

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«Dall'antichità a oggi sono sempre state presenti culture – più o meno minoritarie – di accettazione dell'eutanasia. Il volume evidenzia come storiograficamente l'eutanasia sia sempre stata affrontata come problema specifico della contemporaneità o al limite come questione dell'antichità greco-romana, senza lasciare spazio al periodo compreso tra queste due epoche».

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Secondo le mie forze e il mio giudizio. Chi decide sul fine vita. Morire nel mondo contemporaneo di Chiara Lalli (Il Saggiatore)

5 libri sull’eutanasia, per capire qualcosa in più

Chiara Lalli è membro del Gruppo di Studio di Bioetica e Cure Palliative della Società italiana di neurologia, dopo essere stata docente di Logica e Filosofia della Scienza presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia della Sapienza e di Epistemologia delle Scienze Umane presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cassino.

Nel libro Chiara Lalli s’interroga proprio sul fine vita e sul cosiddetto living will, cioè sulla dichiarazione anticipata di trattamento attraverso la quale una persona può esprimere la propria volontà circa i trattamenti a cui essere o non essere sottoposta nel caso in cui si trovasse nelle condizioni di non poter più comunicare la sua decisione in merito.

L’assunto di partenza di Chiara Lalli è limpido fin dalle prime battute del libro.

«L'aumento dell'aspettativa di vita e il perfezionarsi delle tecnologie mediche a nostra disposizione sollevano dilemmi che fino a qualche tempo fa erano relegati alla nostra immaginazione o alla fantascienza. È giusto mantenere in vita qualcuno che ha subito la distruzione totale del sistema nervoso centrale? È moralmente ammissibile rianimare o nutrire qualcuno artificialmente? Possiamo chiedere di essere scollegati da un ventilatore meccanico? Queste domande in passato non esistevano perché non esisteva la possibilità tecnica di far sopravvivere un individuo in alcune condizioni cliniche».

 

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Ma allora qual è il ruolo delle tecnologie mediche?

«Le tecnologie mediche non sono che mezzi, e tali dovrebbero essere sempre considerate. Il loro uso dipende dalla volontà di ognuno di noi. Trasformarle in un obbligo è insensato e ingiusto, perché ci renderebbe meno liberi».

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Sorella morte. La dignità del vivere e del morire di Vincenzo Paglia (Piemme)

5 libri sull’eutanasia, per capire qualcosa in più

L’Arcivescovo Vincenzo Paglia è l’attuale Presidente della Pontificia accademia per la vita.

Nel libro prova a fare immediatamente chiarezza sull’etimologia del termine “eutanasia” nel tentativo di recuperare quello che, secondo lui, sarebbe il significato originario:

«È convinzione diffusa ormai che il dibattito sull'eutanasia sia segnato da imprecisioni, ambiguità e confusione. [...] Eppure, la sua etimologia è chiara: "buona morte". Da più di duemila anni è intesa in questo senso: dal suo apparire, nel mondo greco-romano, il termine eutanasia ha sempre significato "buona morte" e mai l'atto di soppressione di un malato da parte di un medico (anche quando il suicidio era ammesso senza tanto scandalo)».

 

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E a partire dal XIX secolo che, per Paglia, si è realizzato uno slittamento di significato e dunque:

«oltre alla qualità del morire, eutanasia designa anche gli atti che i medici pongono per aiutare i pazienti ad avere una buona morte».

 

È da questa consapevolezza che l’Arcivescovo fa partire l’analisi alla base del suo libro ponendo l’accento sul fatto che l’eutanasia non è più una buona morte ma l’atto di porre fine deliberatamente alla vita:

«Si deve precisare che non ci troviamo di fronte alla scelta tra una presunta morte migliore (raggiunta con l'eutanasia) e una peggiore (lasciare il malato nel dolore), bensì tra procurare la morte o far continuare la vita».

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La scelta. Perché è importante decidere come vorremmo morire di Giuseppe Remuzzi (Sperling & Kupfer)

5 libri sull’eutanasia, per capire qualcosa in più

Giuseppe Remuzzi è un medico chirurgo specializzato in Ematologia e Nefrologia, coordinatore delle attività di ricerca dell'Istituto Mario Negri di Bergamo e del Centro di Malattie Rare Aldo e Cele Daccò in provincia di Bergamo.

La sua prospettiva incentrata sulla dignità del malato è chiara fin dall’inizio :

«Si vorrebbe morire con dignità e poter scegliere, almeno un po', come morire; idealmente a casa, nel nostro letto e poter almeno salutare i nostri cari dopo una vita insieme.

Non è così quasi mai.

Nelle settimane o nei mesi che precedono la morte ti privano di tutto, inclusi relazioni e affetti che hai passato una vita a costruire e senza che nessuno ti chieda nemmeno un parere. Dall'oggi al domani non decidi più niente, sei vulnerabile, afflitto da una serie di disagi cui non avrei mai pensato di dover far fronte quando stavi bene».

 

È come se la medicina fosse diventata non un modo per garantire una vita dignitosa, ma per prolungarla nonostante non ci sia più alcuna dignità:

«Così si finisce per spendere fino al 30 per cento del budget della sanità per gli ultimi sei mesi di vita di persone molto malate e molto anziane ma è un errore. quelle persone muoiono comunque, ma muoiono disperate».

Remuzzi ci accompagna a conoscere questa disperazione, con una serie di storie dolorose e cocenti, raccolte nel corso degli anni.

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Il diritto di non soffrire. Cure palliative, testamento biologico, eutanasia di Umberto Veronesi (Mondadori)

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Morto da quasi quattro mesi, è dal 2005 che Umberto Veronesi si è occupato di eutanasia, a partire da un libro come Il diritto di morire. La libertà del laico di fronte alla sofferenza (Mondadori), per poi ritornare sul tema con Il diritto di non soffrire. Cure palliative, testamento biologico, eutanasia (edito da Mondadori, con la curatela di Luigi Bazzoli).

Anche se sono trascorsi circa cinque anni dalla prima pubblicazione del libro, per i temi trattati e per il modo in cui vengono affrontati il testo rimane di grande attualità. Sin dall’introduzione, Veronesi propone una visione alternativa:

«Io penso che sia necessaria una nuova definizione del termine «eutanasia». Non c’è una vera differenza tra «lasciar morire» (interrompendo l’accanimento terapeutico), «aiutare a morire» (sedando il male e il dolore con dosi sempre più elevate di oppiacei) e «provocare il morire» (somministrando un farmaco o un’iniezione letali). Tutti e tre questi percorsi sfociano, infatti, nella morte. Chiesta o cercata; solo perché la sofferenza ha toccato limiti insopportabili, che sviliscono ogni dignità umana».

 

Per precisare subito dopo la sua posizione a favore del diritto alla morte dignitosa:

«È diritto dell’uomo chiedere la morte, se è stato colpito da una malattia inguaribile e irreversibile? La riposta non può essere che affermativa, perché la vita è un diritto, e non un dovere».

 

La prospettiva di Veronesi sull’eutanasia è dunque essenzialmente laica considerando il diritto di scegliere la morte in caso di sofferenze atroci e di patologie destinate a condurre il malato alla morte come uno dei «diritti inalienabili della persona».

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Questi cinque libri sull’eutanasia rappresentano solo l’inizio di un percorso di riflessione sul tema, e la letteratura in materia è molto ampia e variegata. Per cui se avete dei consigli di lettura, non esitate a indicarli nei commenti.

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