“4321”, Paul Auster “si fa in quattro” per i suoi lettori
Il romanzo 4321, pubblicato in italiano da Einaudi, con la traduzione di Cristiana Mennella,sancisce il tanto atteso ritorno di Paul Auster.
Dal 1987, anno della famosa Trilogia di New York, i lettori hanno avuto un impegno fisso con l’autore americano, che ha sempre pubblicato le sue fatiche a intervalli brevi e regolari. Eppure dopo Sunset Park (2010) più nulla per sette lunghi anni, finché non è tornato in libreria con questo lunghissimo romanzo.
4321 oltre a essere il romanzo più lungo dell’autore (quasi un migliaio di pagine) è anche il più complesso e labirintico. Immaginate infatti di leggere un romanzo e scoprire in realtà di averne per le mani addirittura quattro!
Oltre a risucchiare il lettore nel vorticoso groviglio della sua affascinante scrittura, il tentacolare autore, anche in 4321, non manca di interrogarsi sul significato dell’esistenza, come avviene in altre sue opere. Ad esempio in Follie di Brooklyn, dove i personaggi sono alla costante ricerca del loro “Hotel Esistenza”. Eppure l’affannosa ricerca di un posto nel mondo, si riduce a un susseguirsi di eventi dettati dal caso, come accade in particolare in La musica del caso.
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I personaggi dei romanzi di Auster non sono figure epiche e, ancor meno, portatori di valori universali. Tutt’ al più sono semplici attori sul palcoscenico del mondo, uomini comuni.L’alienazione e la solitudine di questi uomini comuni sono alla base della scrittura postmoderna e a ragion veduta Paul Auster può essere considerato uno dei più autorevoli autori postmoderni.
In 4321 Auster mette alla prova l’attenzione del lettore fronteggiando la questione dell’identità. Egli è solito giocare con l’identità dell’individuofin dall’esordio con Città di vetro, primo romanzo che compone la Trilogia. Qui lo scrittore Daniel Quinn, che per altro scrive sotto pseudonimo, viene scambiato per l’investigatore privato Paul Auster, il quale decide di cercare il vero Paul Auster che guarda caso fa lo scrittore e a sua volta cerca di scoprire l’identità del narratore del Don Chisciotte. Insomma una gran confusione; un caos organizzato in cui i personaggi possono essere identificati l’uno con l’altro e con l’autore stesso. Il tutto si dipana all’interno di una scrittura magistrale con la quale l’autore non intende mai rendere il compito facile al lettore che invece è esortato a mantenere un atteggiamento attivo.
È con questa premessa che affrontiamo la lettura di 4321. Con la consapevolezza che l’autore ha in serbo per noi un testo a volte non semplice. Dunque è necessario prendersi il proprio tempo e, perché no, buttar giù qualche appunto come novelli Pollicino-Borges che rischiano di perdersinel giardino dei sentieri(dei “quattro Ferguson”) che si biforcano.
Leggendo il primo capitolo, sembra quasi di assaporare una storia che ha il gusto dei personaggi di cultura yiddishcreati da Jonathan Safran Foer e delle ambientazioni di Pastorale americana di Philip Roth, salvo poi renderci conto che questo capitolo è “solo” una sorta di manuale d’uso. Nel capitolo 1.0 l’autore dona al lettore gli strumenti per conoscere l’ambiente familiare del protagonista mentre il romanzo vero e proprio inizierà con la sua nascita. Il lettore perciò viene informato delle origini russe del nonno paterno, Isaac Reznikoff, giunto negli Stati Uniti, con solo cento rubli cuciti nella fodera della giacca, e di come divenne Ichabod Ferguson. Dell’incontro con Fanny, la moglie che gli partorì tre maschi sani e robusti: Lew, Arnold e Stanley. Di come Stanley conobbe Rose Adler, come la sposò e come nel 1947 venne alla luce Archie Ferguson.
Da qui – dal capitolo 1.1 – ha inizio la narrazione dell’infanzia del protagonista, cresciuto tra la New York dei nonni materni e il New Jersey. Ancora una volta, Paul Auster si riconferma uno dei più grandi cantori contemporanei di New York. Questa città, sempre presente nei suoi romanzi, è viva e quando Amy Schneiderman dice «New York è New York. Non esistono altri posti» è decisamente Paul Auster a parlare.
Il periodo è quello del “secolo americano”. La Storia, con la “s” maiuscola, che va dal 1947 all’inizio degli anni Settanta, accompagna la storia del giovane Ferguson. La vita di un giovane comune che, in fin dei conti, non fa la Storia ma semplicemente vive il suo tempo. Ogni evento non mancherà il proprio appuntamento con la Storia, dalla “prima volta” consumata il giorno dell’omicidio Kennedy al periodo del collegeche coincide con i moti del ’68 alla Columbia.
Ma se fino a qui il romanzo sembra l’epopea di una novecentesca famiglia americana qualsiasi, è con il capitolo successivo che le cose si complicano e lo stile inimitabile di Paul Auster fa capolino inesorabilmente. Il capitolo seguente (1.2) presenta un’altra possibile infanzia del piccolo Ferguson, cosa che poi si ripropone nel successivo (1.3) e nell’altro ancora (1.4). Ci si trova al cospetto di quattro storie plausibili, quattro possibili vite parallele. È così che per il lettore iniziano i dolori perché il romanzo è popolato da tanti personaggi che nelle varie vite parallele si ripresentano nell’esistenza del giovane Ferguson con ruoli sempre nuovi. È difficile restare al passo con gli eventi. Difficile ma anche stimolante. Lo stesso Ferguson, in base alle esperienze che matura nel corso della vita e alle scelte che compie, sviluppa un carattere diverso, sempre nuovo ma altamente credibile. Chi può dire quale sia il Ferguson migliore? La verità è che non ce n’è uno migliore o uno peggiore, ci sono semplicemente quattro Ferguson diversi e il lettore può affrontarli come reputa più giusto.Si può leggere il testo così come lo ha concepito Paul Auster, mischiando le vicende dei quattro Ferguson oscegliere la via più semplice, ma meno interessante, di leggere la storia di Ferguson1, saltando i capitolidegli altri per poi tornare indietro nel tempo, leggere un altro Ferguson e così via. E far riecheggiare nella testa le parole di John Cage: «Il mondo è pieno: può succedere tutto».
E tutto quello che deve succedere ha inizio con la nascita del protagonista. Nonostante ciò all’autore non basta raccontare quel che avviene nella vita dei personaggi di un unico romanzo. Egli osa di più e costruisce quattro sentieri che si aprono a partire da una sorta di sliding door. Le vite dei quattro Ferguson cambiano drasticamente in base a ciò che accade a MondoCasa, il negozio gestito dal padre Stanley e i suoi due fratelli. Ciò che avviene al negozio, un incendio doloso, un incidente o un furto, muta il corso dell’esistenza mentre l’unica costante è l’amore del protagonista per Amy, amore che non cambia mai qualsiasi cosa accada.
Nonostante le consonanze tra Ferguson e Paul Auster, l’autore smentisce chi afferma che si tratti di un romanzo autobiografico (come Diario d’inverno) eppure anche qui, come in Trilogia di New York, il divario tra autore e personaggi non è così netto cosicché a tratti possono addirittura identificarsi e fondersi.Ferguson4 scrive il romanzo dal titolo 4321e Paul Auster gioca nuovamente con la metanarrazione. Egli si burla bonariamente di noi quando fa riflettere Ferguson4 sulla somiglianza tra vita e libro, «una storia che cominciava a pagina 1 e andava avanti finché l’eroe non moriva a pagina 204». E l’eroe creato dalla penna di Ferguson/Paul Auster muore davvero a pagina 204!
Ma se la penna è di Ferguson/Paul Auster allora possiamo leggere in questo senso anche le riflessioni di Ferguson3:
A Ferguson piaceva immensamente che fossero i nomi di persone vere che interpretavano i personaggi immaginari di Laurel e Hardy nei film, perché Laurel e Hardy erano sempre Laurel e Hardy, a prescindere dalle situazioni in cui finivano. [...] il fatto che fossero sempre gli stessi anche quando erano diversi li rendeva ancora più veri di qualsiasi altro personaggio perché [...] se Laurel e Hardy erano sempre Laurel e Hardy, voleva dire per forza che fossero eterni.
È Ferguson4, in quanto autore, a paragonarsi ai veri Laurel e Hardy mentre gli altri Ferguson non sono altro che suoi personaggi. Ma Ferguson4 è a sua volta solo un personaggio di Paul Auster che, in quanto scrittore, è colui a cui a le opere sopravvivranno, rendendolo eterno.
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Paul Auster ha impiegato sette anni per questo romanzo, per il quale si è letteralmente “fatto in quattro”, e il risultato è un’opera travolgente, una delle migliori dell’autore. Ma è la metanarrazione, che caratterizza 4321, a fornirci la chiave di lettura per giudicare l’opera:
L’anno scorso Mr Dempsey continuava a ripeterci che c’era un modo giusto ed uno sbagliato. Te lo ricordi? Sarà vero per matematica e scienze, ma non per i libri. Li scrivi a modo tuo, e se trovi un bel modo, alla fine scrivi un bel libro. [...] Per cui mi sa che un bel modo è sempre quello giusto.
Il modo di Paul Auster, non c’è che dire, è decisamente il modo giusto!
Per la prima foto, copyright: Mike Enerio.
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