Tutti i contenuti di Paolo Melissi
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Tipo: BlogGio, 18/10/2012 - 10:51
«Di quest'onda che rifluisce dai ricordi la città s'imbeve come una spugna e si dilata. Una descrizione di Zaira quale è oggi dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d'una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole».
Italo Calvino, “Zaira”, da Le città inivisibili
La memoria e la città è il sottotitolo di Istanbul (trad. di S. Gezgin, Einaudi, 2006), il denso “romanzo” di Orhan Pamuk dedicato alla sua città. Non che sia il primo in assoluto, se si considera Il libro nero (trad. di S. Gezgin, Einaudi, 2007) come nient'altro che una lunga dedicazione alla metropoli del Bosforo. Se quest'ultimo, però, era un romanzo in piena regola, Istanbul non lo è, almeno nel senso più proprio del termine.
Subito, Istanbul si annuncia come un percorso nella memoria di Pamuk a partire dall'infanzia, dal territorio incerto e “romanzesco”...
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Tipo: BlogMer, 26/09/2012 - 10:18
«Ho letto un testo di Spencer che dedica a ogni quartiere una parte del corpo umano per cui, per esempio, l'Esquilino era la deiezione, lo spurgo e secondo me questo è vero per Roma.»
Valerio MagrelliCi sono dei libri che, più di altri, possono essere annoverati tra quelli in grado di contribuire alla creazione di una “visione” della città, dove per “visione” si intende uno sguardo nutrito di tutti quegli elementi (storici, artistici, antropologici, architettonici, immaginari, culturali) che solitamente si unificano in una “estetica”. Uno di questi è senz'altro Perdersi a Roma. Guida insolita e sentimentale di Roberto Carvelli (Edizioni Interculturali, 2004): un libro che è, per prima cosa, uno strumento, una complessa esercitazione per chi voglia approfondire quella strana “arte” che è l'osservazione/esplorazione della metropoli, che non è “semplice” flânerie, ma una sorta di disciplina. Se, infatti, Perdersi a Roma è una guida, lo è nel senso di una molteplice possibilità di sguardo sulle infinite tessere che compongono il mosaico romano e, insieme, un...
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Tipo: BlogMer, 18/07/2012 - 10:16
Il surrealista Aragon entra nell'immenso labirinto urbano di Parigi e lo sfida apertamente perché, per vincere il labirinto, bisogna attraversarlo. È il labirinto costituito dal Passage de l'Opéra e dal parco di Buttes-Chaumont, ma, anche e prima di ogni altra cosa, dalle memorie dadaiste, inscritte in questo e in quel luogo, di ricordi abrasi da una città in trasformazione, in cui passato e presente coesistono ancora. Soprattutto, per dichiarazione iniziale dello stesso autore, Il paesano di Parigi (trad. Paolo Caruso, Il Saggiatore, 1996) è il tentativo di creazione di una mitologia moderna, dentro la quale lo spazio cittadino è esplorato, vagliato, osservato e setacciato attraverso il filtro della visione artistica, da uno sguardo mnemo-onirico e trasfigurante, in grado, al contempo, di estrema accuratezza ricostruttiva, profondissima capacità di penetrazione ed estrazione di materiale fertile su cui lavorare.
L'esplorazione, a partire dal Passage de l'Opéra è, infatti, prima di tutto un'accurata ricostruzione visiva, una fedele descrizione, fatta metro dopo metro, che si allarga e tracima subito in altro, ad esempio nel ricordo di...
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Tipo: BlogGio, 21/06/2012 - 12:21
Specie di spazi rappresenta il lavoro svolto da Perec all'interno del progetto rappresentato da Cause commune, rivista che lo impegnò, accanto a Paul Virilio e Jean Duvignaud, tra il 1972 e il 1974. Un lavoro che, più di tutti, ha a che fare con l'indagine sociologica e antropologica. È lo stesso Virilio a contribuire alla ricostruzione della genesi del libro: «All'origine di Espèces d'espaces c'è una mia commissione. Chiesi a Perec di fare per lo spazio l'equivalente di quello che aveva fatto, in Les choses, per le cose. Mi rispose che avrebbe scritto un "bestiario di spazi", che avrebbe mostrato diverse specie, come si fa con le differenti specie d'animali».
L'approssimarsi di Perec allo spazio pone come premessa metodologica la necessità di descriverlo. La sua lente di ingrandimento mette a fuoco anche i particolari più insignificanti, estrae dal contenitore che è lo spazio tutto ciò che vi è contenuto, perché solo in questo modo potrà padroneggiarlo, trasformarlo in qualcosa di comprensibile, di attraversabile. L’analisi del dato spaziale, infatti, coincide in Perec con un'indagine del quotidiano, con il fine di «intraprendere un'investigazione della vita quotidiana a tutti i livelli...
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Tipo: BlogMar, 22/05/2012 - 10:25
Non è facile scrivere un libro sul camminare. Per niente facile scrivere un libro sul Camminare come pratica estetica, soprattutto. È ciò che ha fatto con successo Francesco Careri — membro di Stalker, l'Osservatorio Nomade, fondato a Roma come organismo interdisciplinare il cui obiettivo è condurre ricerche sulla città e sugli spazi della città — pubblicando Walkscapes (Einaudi, 2006).
Walkscapes è, per prima cosa, un tentativo di costruire il camminare (non solo in ambito metropolitano) attraverso una visione storica dell'attività culturalizzata del percorrere e del segnare lo spazio da parte dell'uomo. Si parte, quindi, dal nomadismo, per poi passare al megalitismo (peraltro, a onor del vero, mal contestualizzato e mal collegato all'idea di spazio/terra dei nostri progenitori) e saltare alle avanguardie artistiche, all'“anti-walk” dei surrealisti e poi dei situazionisti, fino al “land-walk” dell'arte contemporanea, di Richard Long e Robert Smithson. Un viaggio che scavalca, con affascinante sintesi, secoli di piedi messi l'uno davanti all'altro, tracciando una linea che — in qualche modo — cerca di individuare un percorso, un...
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Tipo: BlogLun, 23/04/2012 - 09:54
«Il metrò è una droga»
M. AugéI Giardini del Lussemburgo furono aperti nel 1612 da Maria de' Medici, nel VI arrondissement di Parigi, e ospitano il Palazzo del Lussemburgo e uno stagno su cui si tengono regate di barche in miniatura. Di qui passarono I tre moschettieri di Dumas e, a pochi passi, nell'Hôtel des Principautés-Unies, alloggiò William Faulkner in una camera con vista sui Giardini. Di qui, tra gli altri, transitò spesso Georges Perec e anche alcuni suoi personaggi letterari. Poi, giunse Marc Augé che ne fece il titolo di un suo libro (La traversée du Luxembourg, pubblicato da Hachette nel 1985), passando dall'etnologia africanista all'antropologia delle «società complesse», ovvero «casa nostra».
È catalogabile come un ibrido I giardini del Lussemburgo di Marc Augé (trad. Francesco Lomax, Ei Editori, 2000), forse la prima traccia compiuta di un'idea dell'etnologo del metrò, quella della possibilità di avvicinare indagine etnologica e romanzo, intesi entrambi come fonti: l'idea che la narrazione di una soggettività (etnologica) non sia in fondo e sempre romanzo...
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