Tutti i contenuti di Marco Giacosa
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Tipo: BlogMer, 09/05/2012 - 10:10
Ho frequentato la Scuola Holden di Alessandro Baricco (detto Alessandro Straricco: non so se soltanto a Torino, ma ormai con il web una cosa detta a Torino è detta anche a Chacabuco – toh, andate su google), l’ho frequentata da palestrato e non da masterizzato, che forse è un po’ come dire ex carabiniere avendo fatto l’anno di leva e non almeno dieci da ufficiale superiore.
È il settembre di qualche anno fa e per il compleanno ricevo una busta, dentro c’è una specie di voucher che certifica la mia iscrizione ai corsi denominati Palestra Holden per l’anno accademico che sta per iniziare.
Oh, grazie fidanzata, grazie amici, ma quanto avete speso?! Mi avete regalato il corso di un anno alla Holden che costa un ciulo?!
Scopro che non costa così tanto: ci sono i contributi regionali e la scuola può tenere un prezzo accessibile, alla portata di qualunque impiegato del catasto che decida di consumare, nel suo hobby preferito, mi pare se non ricordo male sui 330 euro annui.
E scopro...
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Tipo: BlogVen, 17/02/2012 - 19:19
Alla fine della fiera è il primo libro di Federico Ferrero, che di mestiere fa il giornalista e attualmente commenta il tennis per Eurosport e scrive su L’Unità e su Tennis Magazine.
Una (lunga) nota sull’autore: conosco Federico dai tempi della scuola, io più grandicello che individuava con l’arroganza dei ragazzetti del liceo tra i nuovi arrivati al ginnasio quello tra loro che tutti dicevano essere un dio con la racchetta.
«Ehi, mi dicono che sei bravo a tennis. Domani pomeriggio andiamo a giocare».
Federico non era soltanto bravo con la racchetta: lui di tennis sapeva tutto. E ci sarebbe spazio, se l’Italia fosse tennisticamente evoluta e i commentatori e i giornalisti del settore fossero popolari in maniera proporzionale ai campioni, per raccontare della sua carriera, di come la madre si lamentasse perché non dedicava tempo alla giurisprudenza preferendo passare i pomeriggi a guardare – erano i tempi delle gloriose vhs con le immagini sgranate, con i puntini che disturbavano l’incrocio delle righe...
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Tipo: BlogMar, 17/01/2012 - 12:59
Torino, 1993, appartamento in affitto, tre studenti universitari cuneesi. Mi sveglio, sul tavolo c’è un foglio ciclostilato, una pagina battuta a macchina. Titolo, in maiuscolo: Ragazze.
Leggo.
Chiedo: chi l’ha preso questo, e dove? Il coinquilino: io, ieri sera, a un concerto hardcore.
Al fondo del ciclostile, una firma: Bret Easton Ellis, American Psycho.
Mi fiondo in libreria, acquisto il romanzo (nella pessima edizione Bompiani).
E’ amore: questo scrittore è un genio.
Metà di quelli cui nel corso del tempo lo regalo dicono: è un genio.
L’altra metà dice: tu hai problemi mentali.
Nel capitolo Ragazze, Patrick Bateman tiene a digiuno un topo per una settimana, poi infila nella fica di una ragazza tramortita da qualche mazzata un pezzo di formaggio, poi infila il topo all’ingresso della vagina. Quando fuoriesce, scrive Ellis, il topo ha inspiegabilmente trovato spazio per girarsi all’interno della cavità vaginale.
L’assoluto capolavoro, questo American Psycho di cui è noto il caso editoriale (“Se c’è un pubblico... -
Tipo: BlogGio, 01/12/2011 - 10:51
L’inferno è sulla terra, ci dice Palahniuk, e non sarebbe chissà quale trovata se non fosse proprio lui a dircelo, se soprattutto non ce lo dicesse alla Palahniuk.
Le ambientazioni: i monti fumanti di cacca di cane, la distesa di funghi dei piedi che crescono incontrollati, la palude dei feti abortiti, il mare d’insetti, il lago di bile tiepida, il grande oceano di sperma sprecato. E’ lì che viaggia Madison, una tredicenne morta per overdose di marijuana, che quando si ritrova in una gabbia circondata da altre gabbie che ospitano improbabili compagni di sventura, decide di socializzare.
Perché lei espansiva lo è, pure testarda: deve trovare Satana in persona.
Se chiedi come mai la gente sia finita all’inferno, ti diranno che non hanno fatto attenzione ad attraversare la strada, o che hanno detto troppo volte la parola cazzo, o hanno fumato troppa marijuana. Nessuno è colpevole, almeno a una prima informazione. Nemmeno i vivi, quelli ancora sulla terra, si aspettano di fare quella fine, anzi non si aspettano proprio di morire.
“...
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Tipo: BlogSab, 05/11/2011 - 15:04
Tutto è partito da un blog come tanti, in cui una giovane donna come tante racconta sé stessa e le sue passioni.
Un giorno il mondo diventa nero: c’è una diagnosi, c’è un cancro al seno.
A trent’anni.
Su quel blog, da quel giorno, si parla di cancro.
Il titolo del blog diventa: Ho il cancro.
Potremmo dire che quel blog diventa narrativo di per sé, siccome la malattia, quella malattia, è di per sé altamente narrativa.
Quella donna, però, non parla soltanto di cancro: Anna Lisa è capace di appassionarsi invidiabilmente per ogni cosa che le capita, è lei stessa che fa succedere attorno a lei piccole cose che diventano, nel racconto, straordinarie. Perché tutto sommato non sta male (è in quella fase in cui una persona è seriamente ammalata ma non sta fisicamente male), ma soprattutto perché Anna Lisa sa appassionarsi e perché Anna Lisa sa raccontare.
Il blog è molto seguito, ma tutto sommato è soltanto uno dei tanti blog molto seguiti che non hanno i riflettori del grande pubblico.
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Tipo: BlogMar, 04/10/2011 - 08:40
Per rispetto all’autore dico le seguenti cose: Piccolo testamento è stato letto in quattro viaggi in metropolitana della durata di 13’ circa ciascuno e qualche ora serale disteso sul letto con il pc a portata di mano, con incursioni su facebook; è stato letto a Torino, le due serate erano particolarmente afose, straordinariamente liquide per essere settembrine; prima della lettura non conoscevo il nome Gabriele Dadati; la ricerca su google “Gabriele+Dadati+Vittorio” l’ho fatta l’ultima sera, arrivato a pagina 88, e lì si è aperta un’intervista che ho chiuso quasi subito, appena letto che non si chiamava Vittorio la persona che ha ispirato il libro alla base del quale “c’è un lutto reale che è stato per me particolarmente doloroso” (pagina 117, annotazione finale), e che neppure lavorava in ambito prettamente letterario.
Per rispetto al lettore dico le seguenti cose: le indicazioni della casa editrice sulla seconda di copertina – che leggo sempre dopo, quando prendo l’impegno di parlare di un libro che non scelgo - mi sembrano pertinenti e veritiere: “Nell’arco di una lunga notte, la storia di una grande amicizia. (…) romanzo intessuto di esperienza...
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