Tutti i contenuti di Domenico Calcaterra
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Tipo: BlogVen, 11/05/2012 - 12:24
Esordio ambizioso, quello del trevigiano Francesco Targhetta che, per raccontare le schizofrenie private e collettive del nostro presente, cerca (imbeccato dalla casa editrice) di rinverdire un genere, quello del romanzo in versi o del poemetto narrativo, il quale, per stare al solo secondo Novecento, conta almeno due ormai classici esempi degni di essere ricordati tra le cose migliori della nostra storia letteraria: lo sperimentalismo realistico del Pagliarani di La ragazza Carla (1962) e, all'opposto, la più che trentennale recherche (non solo familiare) de La camera da letto (1984-88) del mai troppo rimpianto Attilio Bertolucci.
E a pensarci bene mancava ancora alla già inflazionata moda dell'autofiction di questi ultimi anni l'esser declinata in salsa poetico-narrativa. Non si creda che poi ci si distanzi tanto, per il solo ardito salto mortale della forma ibrida scelta, dal pervasivo basso continuo del racconto di questi "anni difficili", più difficili degli altri. Epperò Targhetta, nel riversare sulla pagina le sue disavventure di precario, altamente...
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Tipo: BlogLun, 23/04/2012 - 11:15
L'elogio della superficie, di ciò che è immediatamente percepibile, ciò che si pone come evidenza, è stato motivo caro a non pochi scrittori. Da von Hofmannstal che sosteneva la profondità dover essere nascosta nella superficie, al nostro Italo Calvino che fa dire al signor Palomar che solo dopo aver esplorato la superficie è possibile spingersi a cercare quel che v'è sotto, epperò per concludere che la «superficie delle cose è inesauribile». E come dimenticare il celebre detto nietzschiano «siamo profondi, ridiventiamo chiari», tanto apprezzato dal colloquiale poeta Umberto Saba, che a un ritornare a galla, alla grana delle cose rimanda.
Per sfuggire alla falsa profondità, tenendo dietro in verità al sapore d'una mai abbandonata disposizione, Raffaele La Capria propone ora questi suoi Esercizi superficiali (Mondadori, 2012) dove la necessità di attenersi appunto alla superficie delle cose viene indissolubilmente a legarsi con la non meno necessaria scelta d'una scrittura equilibrata e leggera, da stile...
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Tipo: BlogLun, 12/03/2012 - 11:48
Trovo più che mai auspicabile il ritorno a una letteratura, una narrativa che non sia immediatamente rivolta al racconto in presa diretta della realtà. E reputo oltremodo necessari e preziosi libri (e dunque autori) che conservino oggi il coraggio intellettuale di andare, in tempi di facile e scontato iper-realismo, tanto nella lingua quanto nella scelta delle cose da raccontare, controcorrente. A confermarmelo, semmai ve ne fosse stato bisogno, l'ottimo esordio romanzesco di Fabrizio Ottaviani, finora conosciuto e apprezzato come brillante critico militante de «Il Giornale».
Con il suo La gallina (edito da Marsilio), Ottaviani ci regala infatti una storia di scarna essenzialità narrativa, attingendo con sorvegliata misura ai toni esilaranti della farsa, qui marcatamente virati di humor nero.
Un bizzarro e buffo dono, la gallina del titolo appunto, recapitata da una misteriosa vecchia abbigliata come uno spaventapasseri in casa di Elena e Massimiliano De Giorgi, stimata famiglia dell'alta borghesia d'una ricca imprecisata cittadina...
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Tipo: BlogVen, 03/02/2012 - 09:54
La prima idea che mi è balzata alla mente imbattendomi nell'ultimo romanzo di Francesco Permunian La Casadel Sollievo Mentale (Nutrimenti, 2011) è la stretta parentela con la poesia delle "macchine inutili" di Bruno Munari, per loro stessa concezione ed essenza affrancate dall'urgenza di profitto. E come esse, ogni narrazione di Permunian è scevra da certo spicciolo utilitarismo mimetico, oggi di gran moda; la letteratura essendo restituita alla sua genuina natura di creazione, pura inventio che solo per via del tutto indiretta può rappresentare vizi ed orrori del nostro tempo.
L'amore per il congegno ben oliato, che avevamo già conosciuto con il romanzo che lo ha portato all'attenzione della critica e del pubblico (Cronaca di un servo felice, Meridiano Zero, 1999), lo ritroviamo qui intatto nell'allestimento dell'ennesimo assurdo e grottesco teatrino meccanico, infarcito di verve citatoria e sustanziato di follia, nevrosi, tic, oscenità, fatti...
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Tipo: BlogLun, 12/12/2011 - 12:18
Non ci si lasci ingannare dalla celebrità del comico, dalla frizzante verve del presentatore, dall'opinionista bislacco, che l'ultimo libro di Gene Gnocchi va bene inquadrato nel novero strabordante delle prove narrative che non celano l'ambizione di raccontare il presente italiano, il nostro declino socio-culturale, da basso impero. Epperò Gnocchi decide di farlo alla sua maniera, frequentando le regioni del non-senso, dell'assurdo, del racconto paradossale che mira a rivelare un che di paradigmatico. Nella struttura il suo è un romanzo a cornice (forse sarebbe meglio dire un non-romanzo) che viaggia su tre livelli: la vicenda editoriale del libro poi rimasto incompiuto, la prematura improvvisa scomparsa dell'autore (proprio così) con gli immancabili inediti pubblicati postumi, la storia del personaggio protagonista del romanzo; quasi a configurare un mini-reportorio di generi possibili. Ma andiamo per ordine.
Protagonista della storia che interessa raccontare all'autore è Camillo Valbusa, venditore ambulante di siero antivipera che, a bordo della sua Seat Toledo, gira per l'Appennino compiendo pratiche dimostrazioni...
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Tipo: BlogMer, 23/11/2011 - 10:49
Da diversi anni ormai gli scrittori italiani, quelli, anagraficamente parlando, dell'area TQ in ispecie, sembrano sentire l'obbligo di compiere il loro doveroso atto di responsabilità: un altare all'impegno che affonda le sue radici nella convinzione, oramai divenuta nuovo vangelo, credo, degli intellettuali, di vivere nella stordita dimensione di un presente d'inesperienza, del trauma del "senza trauma" per citare una volta ancora il Giglioli fresco di stampa (in verità prospettiva sociologica, in Italia, nata vecchia, se si pensa che già nel suo opuscoletto uscito nel 2006 per Bompiani, La letteratura dell'inesperienza, Antonio Scurati ci aveva edotti sul trauma dell'inesperienza, per non dire di Benjamin e degli altri).
L'orfananza di traumi reali porterebbe a riprodurre, come esperimenti in laboratorio, condizioni, sfondi, situazioni narrative "estreme", codificandosi in...
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