Tutti i contenuti di Riccardo Bonini
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Tipo: BlogGio, 02/04/2020 - 10:30
Come al solito, approcciare il lavoro di Roberto Bolaño rappresenta un atto di fede e dedizione più che di semplice lettura. Sepolcri di cowboy, ultima raccolta di lavori, postumi e incompiuti, edita in Italia da Adelphi, non fa eccezione.
Inutile cercare all’interno della narrazione un filo logico che aiuti a dipanare una trama troppo concreta, inutile voler tentare di costringere in un senso le vicende fluide dei protagonisti dei racconti. Non può funzionare, non è fatto per quello. La narrativa di Bolaño non ha nulla a che vedere (o comunque molto poco e indirettamente) con il realismo magico che ha contraddistinto per decadi, rendendolo famoso, il racconto sudamericano: il fuoriclasse di origine cilena fa emergere continuamente, facendoli percepire al lettore, la sua passione per la contaminazione e lo sguardo pieno di affetto verso l’Europa.
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Tipo: BlogGio, 19/12/2019 - 09:30
C’è qualcosa di drammaticamente intimo che si sviluppa nella relazione tra lo stile di uno scrittore e lo sguardo del lettore che non riesce, come magneticamente attratto, a staccarsi da un perverso gioco metanarrativo. Un qualcosa che riguarda un dolente ritratto: del lettore stesso, con altro nome e altro passaporto, degenerato in un’immagine fittizia eppure riconoscibile al primo sguardo, spesso con quell’attimo d’incertezza che lo costringe a fermarsi e a domandarsi ma sono realmente io quello di cui si sta parlando?
In questo meccanismo crudele c’è tutta l’abilità di David Szalay che con Turbolenza, uscito per Adelphi al crepuscolo dell’estate e nella traduzione di A. Rusconi, continua a proporre ritratti di uomini (e talvolta donne) così disperati e disperanti per cui riconoscersi in essi diventa la sola strada del pubblico nel tentativo di esorcizzare almeno per pochi istanti la realtà. Ma fare i conti con la...
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Tipo: BlogLun, 11/11/2019 - 11:30
Una delle caratteristiche formali vincenti della narrazione di Rachel Cusk, emersa con evidenza fin dall’opera rivelatrice del talento della scrittrice anglo-canadese (Resoconto, datato 2014) è quella di restituire una narrazione non imitatrice della vita, ma costruita con l’imprevedibile nullità che, attraversando buona parte dei momenti dell’esistenza, costituisce la vita stessa. Non esiste un filo rosso, non si segue nessuna trama, i rapporti umani non sono premeditati né pre-condizionati, ma ci si sente invece sballottati casualmente, agitati da forze che solo in parte dipendono da noi, che nel corso della nostra maturazione possiamo solo cercare di trarne il miglior grimaldello per scardinare la tristezza della routine e delle cattive abitudini. È la stessa potenza narrativa che sottende a Transiti, opera seconda dell’ideale trilogia sentimentale-intimista uscita per i tipi di Einaudi alle porte della scorsa primavera per la traduzione di Anna Nadotti, e che si concluderà con Kudos, in...
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Tipo: BlogMer, 02/10/2019 - 12:30
Presentato con grande attesa al Festival di Cannes nel maggio 2019, in autunno finalmente – e con un ritardo tanto abissale quanto imbarazzante – approda anche in Italia quello che (ipse dixit) dovrebbe essere il penultimo lavoro di Quentin Tarantino, quel C’era una volta a Hollywood che si è già premurato di lasciare dietro di sé una coda di reazioni divergenti.
Senza dubbio, si tratta di una pellicola estremamente ambiziosa, diretta con uno spirito allo stesso tempo crepuscolare e adorante, nostalgico ed esagitato.
Lo sguardo che Tarantino ha sempre dedicato al materiale culturale di seconda linea, per il quale non ha mai nascosto di nascondere un sentimento viscerale in quanto personale viatico al mestiere e all’anima del cinema, affiora qui cesellato da un’accortezza più fine e attenta al dettaglio rispetto ad altri già consacrati (capo)lavori del regista.
C’è l’...
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Tipo: BlogMer, 21/08/2019 - 12:30
Ripreso in mano nell’esasperazione cui sembrano giunti i primi decenni del XXI secolo, Un altro mondo di James Baldwin (riproposto da Fandango nella traduzione di Attilio Veraldi, rivista e aggiornata da Valentina Nicolì– arrabbiatissimo e controverso romanzo del 1961, composto in Europa, ultimato a Istanbul e pubblicato negli Stati Uniti un anno dopo – tende oggi piuttosto a rivelarsi al lettore come una magniloquente e distorta elegia degli affetti e della loro potenza allo stesso tempo rigenerante e distruttiva.
Fin dal momento della sua originale produzione, i temi presentati figuravano molteplici e complessi: amore interraziale, omosessualità variamente repressa o dolorosamente manifestata, tradimento. Il tutto calato nello squallido contesto morale della diffidenza razzista e classista dell’America degli anni Sessanta.
Desideri migliorare il tuo inedito?...
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Tipo: BlogLun, 10/06/2019 - 10:30
Fidarsi – anche intellettualmente – di qualcuno può rivelarsi un remunerativo azzardo così come un deludente disastro. Le aspettative create dalle molteplici, autorevoli voci che si sono spese per esaltare il più significativo dei lavori di Lee Maynard, Lontano da Crum (uscito a fine 2018 in nuova veste per Mattioli, tipografo-editore fidentino attivo dal 1885, con traduzione a cura di Nicola Manuppelli), erano in me piuttosto alte. Alla luce della tensione introduttiva, il rischio delusione era altrettanto elevato.
Come tutte le rivelazioni, anche questa ha trovato il suo inevitabile ridimensionamento nella lettura, ma rimango del parere che si tratti di un buon testo, che potrà probabilmente ambire a una diffusione di culto: gli ingredienti, infatti, ci sono tutti. A partire dall’icona di “libro maledetto”, con una travagliata storia editoriale: pubblicato per la prima volta nel 1988 negli U.S.A., smaccatamente autobiografico, è valso all’autore l’inibizione dal piccolo paese che dà il nome al...
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