
CURIOSITÀ GRAMMATICALI
Non ti ricordi una regola? Noi proviamo ad aiutarti.
Buongiorno, vorrei iniziare chiedendole a quale età si è avvicinato alla scrittura e se è stato o meno un caso fortuito.
Credo che il desiderio di scrivere scatti per una necessità interiore. Per un bisogno di ritrovarsi o semplicemente di liberare una parte di noi stessi adombrata dall’esteriorità. Io, come tanti altri, da bambina amavo scrivere. Componevo qualche poesia, ma ciò che più mi attraeva era la realtà vista da me. Infatti decisi di fare la giornalista. A diciotto anni iniziai la mia gavetta, imparai moltissimo dai miei maestri di allora, e divenni padrona di un tipo di scrittura che era la comunicazione della vita.
Se consideriamo come estremi l’istinto creativo e la razionalità consapevole, lei collocherebbe il suo modo di produrre scrittura a quale distanza dai due?
Dovrei iniziare con una lunga dissertazione su come si fa giornalismo oggi. Sarebbe noioso e ripetitivo. Ma quando io iniziai il mio mestiere le assicuro che la creatività era importante. Creatività non certo intesa come invenzione della notizia, ma del modo in cui usare le parole giuste per rendere l’idea di un fatto. E talvolta bastano le virgolette aperte, una parola, una notazione per rendere l’idea. Il giornalismo che io ho imparato alla mia epoca era un mestiere da gatti. Con le vibrisse sempre in azione. Il che si traduceva, per chi aveva queste doti, in una bella scrittura. Non a caso grandi scrittori sono passati attraverso il giornalismo, penso a Buzzati...
Buongiorno, vorrei iniziare chiedendole a quale età si è avvicinato alla scrittura e se è stato o meno un caso fortuito.
Ho cominciato a scrivere a ventisette anni. Allora leggevo già molto, anche se ancora non quanto oggi. Un giorno chiusi il libro che avevo fra le mani, non ricordo quale, accesi il PC e scrissi un racconto per pura urgenza. Mi venne voglia di farlo e lo feci, semplicemente. Lo vomitai fuori in circa mezz’ora senza davvero capire cosa mi stesse accadendo. Un caso fortuito, quindi: qualcosa si accese in testa ed io ubbidii. Probabilmente dipese anche dal fatto che avessi smesso di suonare da poco, avevo alle spalle anni da tastierista al seguito di gruppi non proprio promettenti, forse mi ero inconsciamente messo alla ricerca di forme più solitarie di espressione.
Quel primo racconto mi sorprese così tanto che pensai di continuare. Ne nacque una raccolta. E poi il primo romanzo, rigorosamente inedito.
In seguito ho frequentato un corso e un seminario di scrittura creativa, tenuti rispettivamente da Paolo Aresi e Giulio Mozzi. Ho dedicato ancora più spazio alla lettura, di ogni tipo: classici, contemporanei, saggistica, poesie. Faccio in modo di avere sempre almeno un libro con me, anche in macchina o nel marsupio. Non ho un genere preferito, solo non leggo gialli. L’importante è che quello che leggo mi emozioni. È molto importante, se mi annoio smetto. Vale anche per la scrittura.
Se consideriamo come estremi l’istinto...
Buongiorno, vorrei iniziare chiedendole a quale età si è avvicinato alla scrittura e se è stato o meno un caso fortuito.
Avrei voluto fare l’astronauta o il disegnatore di fumetti o il giocatore di pallacanestro, ma eliminando subito il sogno spaziale mostruosamente proibito, mi accorsi che come disegnatore con difficoltà avrei potuto aspirare a qualcosa di più di una sufficienza in educazione artistica, e che per diventare un vero cestista bisogna possedere un bagaglio tecnico superiore al mio pur rispettabile sottomano. Così ho scelto un’altra strada. Ho sempre letto molto, e rielaboravo e fantasticavo (credo che un sacco di gente lo faccia); e di tanto in tanto ho cominciato a buttare giù qualche idea, per vedere l’effetto che fa, né più né meno (e anche questo l’avranno fatto chissà quante persone su e giù per il mondo). Fino a quando un giorno, anni fa, ho scritto un racconto che non sembrava malaccio, ho spedito il racconto a una rivista letteraria, “Nuova Prosa”, e la rivista lo ha pubblicato. 100%, al primo tentativo, bingo. E questo mi ha spinto a scriverne un altro e così via. Se lo avessero rifiutato forse mi sarei fermato, chi può dirlo. La vocazione, questa “chiamata alle armi”, è una cosa che non mi ha mai convinto. Diciamo che sono agnostico.
Se consideriamo come estremi l´istinto creativo e la razionalità consapevole, lei collocherebbe il suo modo di produrre scrittura a quale distanza dai due?
Teniamoci stretto quello...
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