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"Questo bacio vada al mondo intero" di Colum McCann

"Questo bacio vada al mondo intero" di Colum McCann

 
"Tutte le vite che potremmo vivere, tutte le persone che non conosceremo mai, o che non saremo, sono ovunque. È questo il mondo".
 
Subito prima dell’inizio di “Questo Bacio vada al mondo intero” c’è una pagina bianca e quasi al centro allineata a destra, una scritta ti balza agli occhi, è una citazione che parla della vitalità variegata del mondo racchiuso in questo romanzo.
L’ultimo libro di Colum McCann ti trascina lentamente in un luogo e in un tempo precisi.
É il 7 agosto 1974, siamo a New York, è una mattina afosa e grigia già dalle 7.40 e alzando gli occhi al cielo tra i palazzi di vetro del World Trade Center la vita fa capolino come da dietro una tenda di lino leggero, ha la forza folgorante della scrittura di Colum McCann.
 
“Questo bacio vada al mondo intero” racconta di un fatto che cattura l’attenzione di migliaia di spettatori per parlarci delle vite degli altri, accarezzate come da un brivido dalle acrobazie di un artista in bilico tra le torri gemelle.
Questo libro scardina ogni punto di vista e li moltiplica così che un evento che attraversa l’esistenza di centinaia di persone, diventa un puro pretesto per conoscere storie che non avremmo mai potuto vivere né sentirci raccontare.
 
È un romanzo dalla struttura perfetta e del tutto particolare che si apre sobriamente con eleganza. Il titolo centrato in prima pagina e subito dopo una citazione misteriosa e al tempo stesso allusiva della molteplice ricchezza delle storie che racchiude.
L’incipit descrive una città nel fragore del mattino totalmente rapita da un corpo che veleggia nel vuoto. C’è un uomo appeso a un filo tra immensi palazzi, cattura l’attenzione dei cittadini di una delle più grandi città del mondo e li immobilizza obbligandoli a condividere lo stupore di un istante catalizzato a centodieci piani d’altezza.
È la storia vera di Philippe Petit, una camminata che ispira un romanzo fatto di vite che sembrano attorcigliarsi alla fune che più di trentacinque anni fa unì le torri che disegnavano lo skyline di New York.
 
Sei pagine di scrittura d’effetto, aprono “Questo bacio vada al mondo intero” e come una ciliegina al centro di una torta, ti fanno assaporare lievemente tutte le storie che verranno dopo.
Un foglio bianco lascia il tempo al lettore di prendere fiato e separa l’uomo in bilico fra i grattacieli dai quattro libri che compongono il nuovo romanzo di McCann.
Una scrittura enigmatica e vera con uno stile scorrevole e coinvolgente, capace di catapultarti sempre in nuove atmosfere: la periferia del Bronx, il silenzio ovattato di Park Avenue, la frizzante modernità del Village o la vita nei sotterranei di New York. La Grande Mela può essere tutto questo e molto altro, un variegato mondo patchwork di luoghi e persone sempre diverse.
 
Ma cosa hanno in comune la storia di un prete irlandese nel Bronx di New York e le vicende di due prostitute con l’acrobata appeso a un filo nel cuore della Grande Mela?
Che cosa ha sconvolto la vita borghese di Claire e l’ha convinta a uscirne in punta di piedi per incontrare donne di un mondo diverso dal suo? E perché quel giorno un funambolo sta camminando su un cavo a centodieci piani d’altezza?
Perché una vecchia Pontiac Landau del 1927 con a bordo una coppia di giovani artisti dannatamente ricchi, drogati e annoiati, sfiora il furgone arrugginito di Carrigan e Jazzlyn?
 
Forse, vite così diverse non sono poi così lontane. Stupire, di questo si tratta in fondo, disorientare, colpire per sopravvivere.
 
La passione della fotografia di Josè ha una forza travolgente, la forza della trasgressione e della libertà che cattura nel buio gli immensi tag di colore dei writer di New York proiettandoli oltre il dolore dalla sua vita.
Il codice fitto e incomprensibile del Ragazzino, di Dennis, quello di Gareth e di Compton sfarfalla sugli schermi dei pc e conduce i quattro programmatori californiani giusto nel cuore di New York per assistere straniti a una telefonata incredibile. Queste e altre storie accompagnano Philippe Petit nel cuore del suo equilibrio giusto al centro del cielo di New York.
 
L’essenza della metafora del filo che attraversa ogni pagina di questo romanzo visionario è un monito che ci aiuta a capire cosa possiamo fare nel mondo e chi vogliamo diventare.
Leggere cosa significa essere altre persone sbarazzandoci di noi per un momento, ci fa entrare in un luogo assente dal tempo in cui la gioia, nel silenzio della sopravvivenza e del dolore, priva l’angoscia di ogni importanza. Siamo lettori acrobati in bilico tra vite metropolitane.
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