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“Ipotesi corpo” la potenzialità poetica di Enzo Campi

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Di Alessia Mocci

La poetica di Enzo Campi

“…Io corpo dunque/ nessuna tesi/ o tutte le tesi/ né ora né mai/ e se l’ipotesi deborda dal limite/ l’anatomia si ferma del tutto/ e poco altro implora/ se non la costrizione nei bordi/ e lo schiacciamento/ verso il centro…”

Uno studio delle possibilità del corpo, uno studio estremamente poetico dei suoi movimenti e delle sue potenzialità artistiche e biologiche. Il poemetto “Ipotesi corpo” edito dalla casa editrice Edizioni Smasher nel 2010, consta di un’interessantissima introduzione intitolata “Posizioni” a cura di Natàlia Castaldi e dei versi dell’autore, Enzo Campi.

Enzo Campi nasce a Caserta nel 1961, è autore, attore e regista teatrale, ha realizzato cortometraggi e lungometraggi, collabora con riviste online, è pubblicato in diverse antologie poetiche, ha pubblicato saggi di filosofia e di critica letteraria. Un’artista tout court che definisce il suo poemetto “pensiero pensante” per la massificazione e l’armonia dei generi letterari presenti.

La poetica di Enzo Campi non è comune, il teatro aleggia in tutto il poemetto conducendo le parole al movimento ed il movimento al pensiero. Una poesia dotta, complessa, preparata, organizzata. Il poemetto presenta due dediche iniziali, la prima a Francis Bacon e la seconda ad Antonin Artaud, una sull’invenzione delle strutture e l’altra sull’io e sul corpo. Una perfetta commistione di significato in queste due citazioni - dediche - scelte dall’autore.

“Ipotesi corpo” non presenta un inizio segnalato dalla lettera maiuscola, è ciclico, si potrebbe leggere/ascoltare senza interruzione dal primo verso all’ultimo e dall’ultimo al primo.
La punteggiatura non è presente, totalmente assente se non per il punto di domanda che compare spesso. Nel suo monologo, l’“io corpo” incappa in quesiti multiformi quali per esempio:
“…perché amore/ se non sesso al senso che qui s’annoia e tace/ dedicandosi la firma simpatica/ pronta a dissolversi all’occasione mancata?...”,
“…io corpo dunque/ solo peso/ solo coito interrotto/ getto di seme/ a significare/ disfare cosa?...”
“…piaga per disappropriarsi/ o poesia per disgregarsi?...”,
“…quale utopia/ è mai stata così vera?...”.

Il poemetto si presenta come un apoteosi di figure retoriche e di significati nascosti all’interno di giochi di parole che riportano nella memoria i simpatici giullari di corte che si prendevano gioco amabilmente degli aristocratici. Le figure retoriche utilizzate sono molteplici, si va dalla più comune allitterazione all’anafora, dall’allusione all’assonanza, dalla metafora all’ossimoro. Una ricerca meticolosa da parte di Enzo Campi, ogni parola ha una disposizione precisa e teatralmente parlando un movimento del corpo preciso anche se minimo quanto la mancanza di una virgola.

Enzo Campi mette in rilievo due parole: “dispendio” e “ricominciamento” che rimandano ad autori quali Bataille ed Artaud. Il dispendio è quello dell’io narrante che si muove attraverso gli altri corpi, il ricominciamento indica l’impossibilità di risoluzione e la conseguenza dell’eterno transito.

La lettura di “Ipotesi corpo” crea perfettamente un palcoscenico ed un attore muto che riesce a parlare attraverso la mente, è una percezione avvolta in una solitudine primitiva del corpo che senza l’uso del linguaggio verbale comunicava con ciò che conosceva, con ciò che era esso stesso: corpo.

“…io corpo dunque/ otaicsevor/ vetusto sì/ ma restituito all’onere/ della soma da portare/ e sempre disseminare/ di lato in lato senso cosa?/ sempre abbrancato/ alla linea orizzontale…/”

Il poemetto non è una lettura semplice, al suo interno ci sono svariati excursus brevi e complessi così sottili da ingannare anche un accanito lettore.

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