Quello che le donne non sono: stereotipi di plastica
Autore: Astrid FatakiMer, 30/06/2010 - 08:29
Di Astrid Fataki
Chirurgia estetica e apparenza
«Siamo così, dolcemente complicate sempre più emozionate, delicate» cantava la straordinaria Fiorella Mannoia in "Quello che le donne non dicono".
Aggettivi questi, che caratterizzano l'universo femminile, e che fanno della stessa un Essere speciale e sublime. Questa non vuole essere un'affermazione di parte, ma é il semplice ritratto che viene fuori dall'emotività, dalla passionalità, e non ultimi per importanza, dal coraggio, dalla grinta e dall'ostinazione che ci contraddistingue.
«Gli stereotipi che rappresentano la donna come un essere "inferiore" sono vecchi come il mondo».
Michela Marzano, Sii bella e stai zitta, Mondadori
Se si volesse utilizzare il termine"inferiorità" per identificare lo stato della donna rispetto all'uomo, si potrebbe affermare che tale subordinazione, se esiste, sussiste solo in termini di forza fisica e non d'intelligenza. Negli ultimi cinquant'anni sono state fatte e continuano a realizzarsi sempre con maggiore determinazione, lotte per il riconoscimento dei diritti e delle pari opportunità. Quel che é certo é che l'ostinata ricerca "dell'indipendenza" ha avuto un duplice effetto. Se da un lato molti obiettivi sono stati raggiunti, dall'altro, essa ha contribuito al totale cambiamento della donna catapultandola in un mondo virtuale fatto solo di apparenza e di spasmodica ricerca dell'eterna giovinezza.
«La vecchiaia ha fatto nascere un vero e proprio business. Accanto all'estetica del "liscio" si é progressivamente imposto il «culto del pieno»: l'«arrotondato» é indice di giovinezza. Che si tratti della chirurgia estetica, dello sport, delle diete, o dei trattamenti antinvecchiamento, tutto contribuisce ad aiutarci a mantenere inalterata la nostra immagine. L'anno in cui siamo nati non significa più nulla: siamo comunque giovani, efficienti, socialmente inseriti, pieni di energia e di desideri. Un tempo, il lifting era tabù. Ora il nuovo tabù è la vecchiaia. Mostrare la propria età diventa osceno».
Michela Marzano, Sii bella e stai zitta, Mondadori
Oggi s'incontrano per strada cinquantenni, sessantenni, che vogliono a tutti i costi sembrare delle trentenni. Le vedi trascorrere ore in palestra per tonificare glutei e braccia, la cui carne ha perso tono e luminosità; con ciò non voglio dire che le donne mature non possono praticare un'attività sportiva, anzi mi piace ricordare che lo sport non è solo finalizzato alla perfetta forma fisica, é soprattutto «salute», ossia la linfa dei nostri organi vitali. Hanno seni e labbra rifatte, indossano abitini da teenager, hanno relazioni sentimentali con uomini dell'età dei loro figli, incuranti della differenza d'età (non mentiamo a noi stesse convincendoci che l'età non conta solo per inseguire la moda del "tutto é lecito"), perse nell'insulsa utopia d'essere tornate "fanciulle" (gli uomini non sono da meno).
«Mia madre ha sessant'anni, e più la guardo e più mi sembra bella», scriveva Edmondo De Amicis. La vecchiaia ha il suo fascino, poiché é sinonimo di saggezza, e le rughe sul viso ne sono la migliore espressione. Gli anni passano per tutti nonostante la cura che si ha del proprio corpo; tenersi in forma non significa tornare giovani, indica piuttosto, come affrontare in modo sano l'avvenire. Accogliamo la vecchiaia con serenità, cancelliamo il falso mito dell'eterna giovinezza, impariamo a volerci bene ad accettarci per quelle che siamo con le nostre rughe e i nostri anni, perché tutto il resto é solo apparenza.
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