"Tra Morfeo e vecchi miti" di Carina Spurio
Autore: Alessia MocciVen, 14/05/2010 - 10:26
Di Alessia Mocci
"Tra Morfeo e vecchi miti" di Carina Spurio
“Tra Morfeo e vecchi miti” è il titolo della quarta raccolta della poetessa Carina Spurio. Carina Spurio, nata e residente a Teramo, è alla sua quinta pubblicazione con l’antologia di poesie “Narciso”. “Tra Morfeo e vecchi miti” è stata pubblicata dalla casa editrice Nicola Calabria Editore.
“Tra Morfeo e vecchi miti” comprende quarantacinque poesie ed un’introduzione a cura di Sandro Galantini. La raccolta ha un carattere politematico, nessun tema e nessun metro è il principale: la variatio è la componente neutra che si contrappone alla staticità poetica che sta prendendo piede nella nostra penisola. Sono quarantacinque le tematiche, sono quarantacinque i metri. Le poesie sono correlate di critica letteraria, premiazioni ed indicazioni di stampa.
La poesia di Carina è dotta, raffinata, non percepisce confusione. Dalla prima lirica della raccolta, il lettore entra in un mondo altro, quello della mente e della percezione del legame che unisce significato e significante. “Euritmia cromatica” è un’associazione di due parole, le quali nella lingua italiana non hanno significato alcuno se utilizzate insieme. “Euritmia” è una disciplina artistica teatrale che cerca di rappresentare la parola con il movimento del corpo; “cromatica” dal greco chroma (colore) si deve intendere come un utilizzo per semi toni, e quindi con effetti che portano al Soave ed al Patetico. “Euritmia cromatica” ci pone con i suoi versi davanti al titolo della raccolta (“Amo sempre il colore/ nell'incanto che esplode:/ un bagliore di luce,/ nell’immagini nitide/ del buio notturno./ Amo la forza dei limpidi versi,/ imbevuta di mille paure/ che fugaci sprazzi narra/ di radici mai dimenticate;/ ed illusa e sospesa/ tra sonno e ragione,/ tra Morfeo e vecchi miti,/ inseguo la scheggia dei sensi/ all'interno di mie fragilità.”), è come se la lirica volesse avvertire il lettore di ciò che comporterà la lettura della raccolta su un livello emozionale di ricerca del senso profondo dei versi. La lettura sarà come una danza ritmata dai colori. L’antitesi dell’amare il colore e la limpidezza vede l’esplodere della transizione, dal presente al passato, operata dal pensiero che, permanentemente, si soffermerà a discutere con Morfeo ed i vecchi miti.
Lo sguardo è mutato con la seconda lirica, “Colle del vento”, l’ “io” precipita in un “…luogo più sacro…” che possiede “…tetto e pareti di cielo” misto al ricordo tardo medioevale dei fantasmi dell’aristocrazia che, anche dopo la morte, non lasciano il proprio piccolo paese nelle ore di Selene, la dea della Luna, che si alterna con tenui raggi ed oscurità profonda.
Nella ventesima lirica, quasi a metà raccolta, “Selene” “…mentre cresce, decresce/ e scompare…” diviene il contrappeso d’irrealtà conscia che vede il riecheggiare acuto di “…voci passate e immagini di sogno/ in sequenze sospese…” sino a dubitare dell’arrivo del giorno in “Esseri Intermedi”. La dea è partecipe dell’evoluzione del transito nel passato quando l’“io” non riesce più a trascendere l’altro. In “ad Alessandra” (“Non so adesso cosa inventerai:/ se un viaggio di sublimazione/ nel tempo in cui/ nessuno accende più roghi,/ oppure, diverrai l'apprendista/ di forze imperfette/ che dirigono angosce ed istinti./ Mi chiedo dove arriverai/ persa in magiche cerimonie/ di notti paurose/ in cui sogni e realtà/ diventano un filtro confuso/ e ardenti deliri racchiudono piedi/ in cerchi magici al suolo tracciati./ Con foglie secche di rosa/ artemisia e verbena,/ invochi l'amore/ e nel tempo dall'alba alla sera,/ negli intervalli di ore del giorno,/ trasformi arcane parole/ sussurrate al chiaro di Luna/ che s'arrotonda al tramonto/ bandendo ogni indugio.”) notiamo come il passato sia invocato e costruito, attraverso accessi alchemici edificati dall’atto del sogno, nella realtà. “…l’alchemico lento rito,/ che narra in silenzio/ la storia del mondo/ tra sensi e ragione,/ di un immobile presente…” leggiamo in “L’eterna storia” che propaga il pensiero su più direzioni siano queste ombre o radici per un’immedesimazione tout court del passato, inteso come “già trascorso”, nel destino, nella ciclicità del tempo.
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