Il redattore senza qualità
Autore: Alberto StiglianoGio, 20/05/2010 - 09:10
Di Alberto Stigliano
Cronache semiserie di un redattore meneghino
«Tu sei editor?»
Dice tre parole tremolanti vincendo a mani basse il confronto con ET, che si era fermato a due. Solo che quello era un alieno e porca miseria lo vedevi, che era un alieno. Questo invece ha la giacca e la cravatta – ma come si fa, va bene che è il primo giorno ma diamine non ti sbilanciare, almeno la cravatta no, lasciala a casa, oppure mettitela in tasca e guarda gli altri, poi casomai vai in bagno e rimedi, ma questo qui vorrei vederlo a farsi il nodo... Ok, dicevamo.
«No.»
Mi fissa con occhietti piccoli e speranzosi oltre le lenti degli occhiali piene di ditate, si vede in controluce.
«Io sono qui per fare l’editor...» sussurra, quasi fosse in missione segreta.
«Davvero?» gli rispondo a voce ancora più bassa.
Sorride compiaciuto.
Non so se denunciarlo con una scusa qualunque all’ufficio del personale o prenderlo con le buone. Gli va bene che oggi piove. Sono di buonumore.
«Certo, chiaro. Sei qui per fare l’editor.»
Dovrebbero mettere un cartello enorme all’ingresso delle università di lettere e filosofia, dei corsi di editoria, per essere sicuri anche nelle fermate della metro:
«GLI STAGISTI NON SONO EDITOR. GLI EDITOR NON SONO IN STAGE».
Fare l’editor è il sogno proibito di tutte quelle teste vuote che escono dall’università con la precisa volontà di “fare qualcosa nell’editoria”. È come quando avevo dodici anni e sognavo la maglia numero dieci sulle spalle e la fascia di capitano. È chiaro, sogni. È giusto sognare, a quell’età. Non a venticinque anni, con un pc ultraleggero nella borsa di pelle, la giacca grigiotopo e la cravatta più bella pescata dalla mamma nell’armadio di papà.
«Quindi ho sbagliato ufficio?»
«No.»
Resta perplesso. Si guarda intorno, ha ancora l’impermeabile in mano.
«L’impermeabile puoi appenderlo lì, quella è la tua scrivania, io sono il tuo referente. Tutto chiaro?»
«Sì.»
Lo vedo, però, che non è convinto.
«Chiamami Lillo.»
«Molto piacere, io sono Ettore.»
«Bravo Ettore. Quando ti sei sistemato fammi un fischio.» Non è goffo, di più. Ci mette un minuto netto a muoversi tra l’attaccapanni e la scrivania. Si siede e mi guarda.
«Pronto, capo.»
«Capo un cazzo. Qui si dà del tu anche al direttore del personale. Siamo tutti amici, intesi?»
«Intesi.»
«Bravo. Quelli sono gli armadietti delle proposte editoriali, li vedi?»
Gira il collo verso destra, dove indica il mio dito.
«Sì.»
«Mmm, sei uno che impara presto, bene. Ok, quello a destra per ora... lascia perdere. L’altro è tutto tuo. Mettici dentro la testa.»
L’armadietto delle proposte dei Nessuno non è un armadietto, è una centrifuga nella quale girano nomi, indirizzi, riassunti, sinossi, estratti, romanzi, racconti, memoire, sillogi, sceneggiature, pagine di diario e ricette della spesa. Alcune girano da anni e chi sa ancora per quanto.
«Quello è l’armadietto dei Nessuno. Sai chi sono i Nessuno?», No che non lo sa, è il suo primo giorno da stagista. «I Nessuno siamo tu, io, mio fratello, tua zia, i miei amici e i tuoi. Capisci quello che intendo?»
Aria perplessa, nessun cortese cenno di riscontro.
«Lì dentro ci sono le proposte delle persone comuni, come me, come te. Se domani scrivi un romanzo e ce lo mandi finisce lì dentro. Dico per farti capire, se scopro che hai mandato una busta a tuo nome ti apro la testa con una mannaia. Chiaro adesso?»
«Più di prima.»
«Bravo. Allora per il tuo primo giorno io vorrei che tu cacciassi la testa lì dentro e riemergessi con cinqu... facciamo con un solo dattiloscritto. A tua scelta. Ti metti lì seduto comodo alla scrivania e lo leggi con mooolta attenzione, molta molta attenzione. E poi ne parliamo insieme, d’accordo?»
«D’accordo. Quanto tempo ho?»
«Avresti dovuto finire ieri. Scherzo, oh oh, non sbiancare. Prenditi pure l’intera giornata e conserva questa frase nel tuo album di ricordi perché non la sentirai mai più.»
«E poi dopo mi fai fare l’editor?»
«No. E già che ci sei fai una bella cosa, domani lascia a casa la cravatta e il pc...».
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