I blog letterari più importanti: Il primo amore
Autore: Morgan PalmasMer, 26/05/2010 - 10:20
Di Morgan Palmas
Il Primo Amore: risposte di Sergio Baratto
Quando è nato Il Primo Amore e chi sono i fondatori?
Il Primo amore ha esordito come blog nel gennaio del 2006 (e nella primavera del 2007 è nata anche la rivista cartacea omonima). Questi sono i nomi dei fondatori in ordine rigorosamente alfabetico: Sergio Baratto, Carla Benedetti, Benedetta Centovalli, Gabriella Fuschini, Giovanni Giovannetti (che è anche il nostro editore), Giovanni Maderna, Antonio Moresco, Sergio Nelli, Tiziano Scarpa e Dario Voltolini.
Quanti sono i redattori oggi, se si escludono i contributi occasionali?
Dal 2006 qualcuno se n’è andato e qualcun altro è arrivato. Oggi siamo in tredici.
Da che cosa è scaturita l’idea del sito?
Nove decimi del gruppo originario provenivano da Nazione Indiana, quindi da un’esperienza pregressa di blog collettivo. La decisione di lasciare N.I. e quella di fondare un altro blog sono nate praticamente insieme.
Quali sono gli obiettivi?
Se volessi riassumerli in una sola frase e in una sola immagine, direi ¬– scherzosamente, ma non tanto – “essere un focolaio di rivolta”.
Cerco di spiegarmi meglio: una parola che rende bene l’ossatura ideale del nostro lavoro è “sconfinamento”. Sconfinare per noi significa superare le frontiere, scavalcare le specializzazioni e invadere lo spazio circostante senza riguardo per i limiti disciplinari. Del resto tutto il mondo, ci pare, è dominato dagli sconfinamenti: la letteratura sconfina nella politica che sconfina nella scienza che sconfina nella religione ecc. Così non si vede perché il nostro modo di parlare del mondo dovrebbe seguire una logica diversa. L’attitudine amorosa di questa invasione di campi, che per noi e per la nostra identità collettiva è altrettanto fondamentale, è presente già a partire dal nome leopardiano che ci siamo dati.
Nell’editoriale del primo numero della nostra rivista cartacea (scritto da Antonio Moresco ma sulla base di un’elaborazione collettiva), si può leggere così:
«Alcune persone, legate tra loro solo da liberi vincoli di comune passione, hanno pensato di dare vita a questa piccola rivista che cercherà di guardare il mondo da una prospettiva più intima e ampia. Di cosa dovrebbe parlare una nuova rivista nata in questi anni, in una situazione simile? Di competenze specialistiche, estetiche, letterarie...? Che apporto, che contributo possiamo dare? Dovremmo giocare la nostra presenza in relazione o in contrapposizione alle meschine confraternite e alle piccole mafie che intossicano anche il mondo della cultura nel nostro paese?
Noi abbiamo pensato di chiamare la nostra rivista, leopardianamente, Il primo amore, perché, nella condizione in cui siamo, bisogna attingere anche ad altre forze e ad altre possibilità, ancora e sempre latenti dentro di noi, per riuscire a pensare e a immaginare e a sognare qualcosa che abbia la radicalità sentimentale, emotiva e mentale necessaria per tentare di muovere uno spazio immobilizzato (…).
E allora quale può essere (…) il nostro contributo se non la presa d’atto, senza scorciatoie e senza consolazioni, della disperata situazione e del passaggio che sta di fronte non solo a noi, al nostro paese, ma anche alla nostra specie, compresa la sua parte scrivente e leggente? Facendola intendere, vedere, sentire in modo inequivocabile, tridimensionale, profondo, per rendere evidente che non c’è un’altra via d’uscita che l’invenzione di un contromovimento che non accetti di porsi in partenza dentro gli stessi limiti angusti; anche se è ancora tutto da inventare, da reinventare, e bisogna ripensare completamente i fini, le strutture, i mezzi, le forme, per riattivare capacità umane atrofizzate, i corpi e i percorsi psicofisici e mentali tenuti artificialmente separati. E incontrando, in questo percorso, chi oggi si è già reso conto di quanto sta succedendo davvero, a livello nazionale e internazionale, personale e di gruppo, e sta già dando il suo prezioso contributo di espressione, di riflessione, di documentazione e di lotta.
Per questo (…) andremo a toccare urgenze sotto gli occhi di tutti eppure ignorate, veri e propri tabù che non vengono portati allo scoperto, focalizzando e guardando il mondo che ci circonda attraverso traiettorie negate, rimettendo in movimento forze intime e mentali da tempo sopite, insurrezionali».
Sono parole scritte per la rivista cartacea, ma valgono anche per il blog. Che, a differenza della rivista, funziona anche come bacheca e soprattutto come fucina: cioè come una specie di “laboratorio aperto” in cui spesso le idee nascono o cominciano a essere sgrossate per poi passare alla rivista cartacea.
Credete che i blog letterari siano semplice condivisione culturale oppure possano anche avere altre funzioni?
Bisognerebbe innanzitutto capire cosa s’intende per blog “letterario”: di tutti i migliori blog “letterari” della blogosfera italiana non ce n’è uno, mi sembra, che si limiti a trattare esclusivamente di letteratura. Tutti senza esclusione sconfinano dal campo letterario o culturale, dimostrando così l’assunto (banale) per cui la letteratura non è avulsa da tutto il resto, ma vive immersa nel mondo, nel caos del mondo.
Quindi mi pare evidente che i suddetti blog abbiano già per così dire nel loro DNA una funzione molteplice. I blog letterari fanno condivisione (che è una bella parola formata da un ossimoro apparente: dividere, cioè separare, ma nello stesso tempo unire: col medesimo gesto metti in comunicazione attraverso la comunione di ciò che hai separato), promuovono (laddove i canali tradizionali della cultura – riviste, inserti culturali, accademia – appaiono irrimediabilmente bloccati), cioè fanno scouting letterario, mettono in movimento le idee, cercano di provocare il cortocircuito del pensiero in un contesto in cui l’encefalogramma piatto è stato mentale assai gradito ai poteri in qualsiasi ambito, portano avanti battaglie che non si possono sbrigativamente definire culturali, che sono battaglie civili. Insomma, per dirla in poche parole fanno anche “politica”, se con questo termine si intende non il mero agone partitico – il che sarebbe una cosa ben misera e ripugnante – bensì lo “stare attivamente nella polis”.
A volte i blog possono uscire dalla rete e concretizzare queste battaglie con iniziative pubbliche, in carne e ossa. È successo, succede, dovrebbe succedere anche più spesso.
E pensate più a isole lontane fra loro o a contenitori che si integrano e si scrutano con piacere, stimolandosi a vicenda?
L’utopia è una specie di rete dominata da un’attitudine di libertà e fratellanza. A volte si realizza, ma la realtà, purtroppo, è spesso quella di una separatezza talvolta non scevra da sospetti e diffidenze. Non sempre, peraltro, si tratta di capricci, vanità e piccole gelosie o della proverbiale vocazione alla litigiosità che si vuole tipica dei gruppi intellettuali: a volte succede perché esistono davvero differenze insormontabili di visione (o di temperamento, o di entrambe le cose).
Gli addetti ai lavori (case editrici, scrittori, agenti letterari, critici, ecc) si sono riversati in massa nei mondi virtuali, incluse le piazze dei social network, uno fra tutti Facebook, qual è la vostra opinione in merito? La letteratura ha beneficiato di questa democratizzazione dei contenuti e delle comunicazioni?
Non so se si possa parlare di una posizione unitaria del Primo amore su questo argomento, credo che al nostro interno le sensibilità siano diverse e così pure le opinioni.
Detto questo, il nucleo fondatore del Primo amore è stato come ho detto prima anche il nucleo fondatore di uno dei primi casi di “entrata nella rete” da parte di “addetti ai lavori”: Nazione Indiana è nata sette anni fa, agli albori del Web 2.0 e della blog-era, dal desiderio condiviso degli scrittori e degli altri lavoratori della cultura che hanno partecipato alla sua fondazione di aggirare e superare le pastoie dei vecchi blocchi culturali, da una situazione che si presentava come una palude senza uscita. Quindi, al di là di tutto, il web 2.0, prima con i blog e ora anche – ma questo richiederebbe un discorso più lungo – con i social network, ha aperto uno spazio enorme rispetto anche solo a una quindicina di anni fa, non solo per gli aspiranti o gli esordienti, ma anche per molti scrittori e critici già pubblicati, già attivi. Poi si può discutere dell’uso che a volte si fa di questo spazio e di questa libertà.
Escluso il vostro sito e Sul Romanzo, indipendentemente dalle idee e se non altro per una questione di possibile discutibile autoreferenzialità, qual è il blog letterario che seguite con più interesse?
Anche in questo caso bisognerebbe che ciascuno dei membri rispondesse per conto suo, dato che preferenze e gusti cambiano di persona in persona. Diciamo che i blog che abbiamo nei link del nostro sito rappresentano una specie di minimo comun denominatore dei nostri interessi.
Personalmente, per quel che può valere, seguo da sempre con interesse Vibrisse, La poesia e lo spirito, Carmilla (soprattutto per la stima che nutro nei confronti del magister Valerio Evangelisti) e Nazione Indiana, a cui sono molto legato anche perché è stato il luogo della mia prima esperienza collettiva in rete.
Vi ringrazio.
Grazie a te a nome di tutta la redazione e buon lavoro.
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