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Il romanzo d’appendice e le evoluzioni della letteratura

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Di Daniela Nardi

Questa volta l’argomento è più serioso e tecnico, ma non privo di un certo fascino, perché vorrei parlare di un genere disprezzato dai puristi letterati e invece ha un suo dignitoso ruolo nella letteratura e che, azzardiamo, potrebbe essere considerato l’antesignano dei moderni Mass Media: il Romanzo d’appendice.
Nasce infatti verso la prima metà dell’Ottocento, figlio di quella stampa popolare che stava spargendo i primi semi di coscienza sociale e che troverà terreno fertile nelle masse depresse in cerca di riscatto a cavallo tra il XIX e il XX secolo.

Come i moderni quotidiani il Journal des Débats, il primo ad accogliere e a coniare questo genere letterario, diede spazio ad articoli letterari nella sezione bassa delle pagine; poco dopo Honoré de Balzac, ebbe l’idea di anticipare sul giornale alcuni capitoli del suo ultimo romanzo, primo esempio di promozione pubblicitaria. L’idea ebbe tanto successo, che quello spazio letterario divenne un ottimo veicolo di fidelizzazione del pubblico, tanto che Émile de Girardin, col suo quotidiano La Presse, sostituì la rubrica di critica letteraria con i racconti a puntate: nasceva così il feuilleton, il foglio in ultima o penultima pagina che avrebbe fatto la fortuna degli editori di giornali e degli scrittori.

Infatti, a confutare il concetto di genere minore del romanzo d’appendice, sono proprio gli autori che hanno pubblicato a puntate i loro capolavori: Victor Hugo con I Miserabili, Eugène Sue con I misteri di Parigi, Alexandre Dumas con I tre moschettieri, sono solo alcuni esempi di come la cultura “colta” riservata a pochi possa rendersi fruibile a tutti.
Un fenomeno che segue alcune regole di mercato (trame d’impatto, che incontrino gusti più popolari e meno ricercati, intrecci avvincenti e colpi di scena che incuriosiscano e appassionino il pubblico, personaggi e dialoghi un po’sopra le righe) perché il romanzo d’appendice è un prodotto di mercato, ma è anche uno strumento di evoluzione sociale.

Antonio Gramsci nei suoi Quaderni del Carcere arriva a considerare questo genere letterario come un moderno umanesimo in grado di raggiungere una prima embrionale unità tra le élite e le masse popolari, accomunate dalla passione per gli stessi eroi, le stesse vicende e soprattutto attraverso la stessa lingua, quella diffusa appunto da questo genere letterario.
Se lo collegassimo però solo alla funzione sociale di unione e acculturamento del pubblico, potremmo dire che il Romanzo d’appendice si sia estinto con la nascita dei nuovi strumenti di divulgazione come il cinema e la televisione, o meglio, potremmo dire che parte del Romanzo d’appendice sopravvive in essi attraverso i trailer pubblicitari dei film o ancor di più nelle telenovele e fiction televisive anche se, dal punto di vista qualitativo, hanno in comune col genere letterario solo la lunga serialità.

Credo invece che il Romanzo d’appendice abbia subito una trasformazione genetica, trovando una sua nuova dimensione nel Romanzo interattivo.
Nato sulla rete è un fenomeno che sta trovando spazi sempre più ampi e sostenitori sempre più entusiasti.
Il romanzo scritto a più mani è praticamente fruibile da tutti: semplici lettori che si appassionano alla trama che ha, per ovvi motivi, sviluppi imprevedibili, novelli autori che si dilettano a contaminare col proprio stile e le proprie idee ciò che è stato scritto in precedenza, in un insieme che forse dal punto di vista stilistico e filologico può apparire debole e confusionario, ma che ben rende l’idea di una partecipe fruizione alla genesi e all’evoluzione del romanzo.
Un rischio c’è ed è quello che non si riesca a giungere alla fine dell’opera.

Per esempio Sunshine69, pubblicato nel 1996, è tutt’oggi online e continua ad essere aggiornato con nuovi capitoli dai visitatori.
Nonostante questo oggi il Romanzo d’appendice potrebbe definirsi come un Romanzo democratico, che una volta esaurito il compito di unità e divulgazione popolare permette al suo stesso pubblico di non essere più passivo e appassionato testimone delle storie, ma attore e creatore delle stesse, narratore del proprio sentire che si mescola a quello degli altri.
Un genere che, rispetto alla purezza del Romanzo d’autore, è corrotto e corruttibile ma che esprime nella sua infinita narrazione, la curiosità umana e la ricerca di nuovi approcci, inesauribili probabilità.
Come sosteneva Jorge Luis Borges "Il tempo si biforca perpetuamente verso innumerevoli futuri" (Finzioni, 1944)
In fondo la Storia è fatta dai popoli.
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