Henry David Thoreau: Camminare
Autore: Paolo MelissiGio, 15/04/2010 - 09:20
Di Paolo Melissi
Con Henry David Thoreau e il suo Camminare il percorso sul legame tra letteratura e camminare si avvia verso il suo compimento. Thoreau non poteva mancare, anche se ciò significa compiere un salto indietro nel tempo e, sopratutto, all'interno dell'evoluzione che il concetto di camminare ha seguito adattandosi ai tempi e alle trasformazioni della società. Ma non poteva mancare perché, come si vedrà in seguito, un filo rosso idealmente congiungerà questo autore con altri che tutt'ora continuano a camminare e a scrivere.
Il libro e lo stesso pensiero di Thoreau “vivono” in un mondo in cui la natura, o la wilderness per rievocare i grandi spazi vergini degli Stati Uniti, non è ancora retrocessa sensibilmente dinanzi all'avanzata delle città, dell'antropizzazione. Camminare si identifica con la possibilità di stare nella natura, rinnovando il contatto e l'appartenenza, e contemporaneamente assumere una posizione di “dissidenza”, di disubbidienza nei confronti delle norme e delle costrizioni che la società va consolidando intorno all'individuo. Una posizione riflessa direttamente nella scrittura, espressiva di una posizione antagonista nei confronti del lettore e della società in senso più ampio.
Thoreau fa parte del Trascendentalismo insieme a Channing, Emerson, Alcott, e vive nella stessa città: Concord. Come gli altri, scrive Camminare attingendo dalle pagine dei sui diari scritti tra il 1850 e il 1851. Nel libro, idealmente suddiviso in quattro parti, una sezione è dedicata in maniera evidente all'arte del camminare, a lungo affinata nel corso delle escursioni compiute da solo o in compagnia di Hawthorne, Channing ed Emerson.
Camminare offre l'occasione di cogliere le piccole cose e da esse lasciarsi sorprendere, ma prima di tutto costituisce la possibilità di ristabilire il contatto col proprio sé:
Quando ho bisogno di ricreare me stesso vado in cerca della foresta più buia, della palude più fitta e più impenetrabile e, ad occhi cittadini, più tetra. Entro in una palude come in un luogo sacro, come in un sacta sanctorum. Qui risiede la forza, la quintessenza della Natura.
È una dimensione, dice Thoreau, quella della tensione pura e selvaggia, che manca alla letteratura inglese: a Chauser, Spenser, Milton e anche Shakespeare. La tensione di cui scrive Thoreau è più vicina alla mitologia, è prossima alla trascendimento dell'ordine sociale e della zavorra culturale.
La direzione da imprimere ai passi può essere dettata dalla stessa natura, che possiede
un magnetismo sottile in grado di guidarci nella giusta direzione, se ad esso ci abbandoniamo.
D'altra parte, camminare è già, di per sé, un'arte.
È necessaria, per farsi camminatori, un'espressa dispensa del Cielo. Occorre essere nati nella famiglia dei Camminatori. Ambulator nascitur, non fit.
L'opposizione tra camminatore e sedentario è netta, individua un “mondo” opposto all'altro: modi differenti di pensare, agire, anelare, costruire, realizzare. Una contrapposizione che, più tardi, sarà ripresa e sviluppata da una grande viaggiatore, e anche camminatore: Bruce Chatwin.
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