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Di Giovanni Turi

Si apre con questo articolo una rubrica letteraria, il cui intento è quello di instaurare paralleli tra opere narrative moderne e contemporanee che abbiano un comun denominatore stilistico, tematico o geografico. Perché chiamarla BINARI? Perché anch’essi, da determinate prospettive, convergono, ma soprattutto sono il tramite di viaggi ed esplorazioni; talvolta attraverso noi stessi...

'Come si fa l'amore' è la domanda top su Google, così titolava un articolo pubblicato sul sito dell’ANSA giovedì 11 marzo. Desta stupore che ancora oggi la sessualità rappresenti dunque un tabù: siamo abituati all’esibizione volgare e disinibita del corpo, ad avvalerci di un linguaggio sboccato, a non aver più reticenze nel confronto con i nostri coetanei e, a volte, con i genitori. Eppure, evidentemente, il rapporto con il corpo e con la sessualità non è ancora risolto.

L’inglese Ian McEwan ha tratto lo spunto narrativo per il romanzo Chesil Beach proprio dal difficile approccio tra i due sessi, ancora molto problematico alle soglie della rivoluzione culturale del ’68. È la storia d’amore e incomprensione tra Edward e Florence, che trovano nel matrimonio il detonatore della loro diversità, il momento in cui il contrasto tra foia e ritrosia scardina le loro aspettative e segna la distanza che li divide.

“In attesa che quel momento passasse, mentre, per ragioni di convenienza, teneva le mani appoggiate ai fianchi di Edward, Florence si rese conto di essersi imbattuta in una elementare verità vuota, ed evidente con il senno di poi, primordiale e antica come un danegeld o un droit de seigneur, e di una semplicità pressoché ineffabile. Decidendo di sposarsi, era esattamente a questo che aveva offerto il proprio consenso. Aveva concesso il diritto di fare quella cosa, e di farsela fare.” (Ian McEwan, Chesil Beach, Einaudi)

Ma già un altro scrittore, anglosassone anche lui, aveva trattato l’argomento, allargando il campo d’indagine al dissidio tra dimensioni antitetiche (società e istanze individuali, mercificazione e sentimento, ipocrisia e lealtà) e indicando nella comunione carnale, “atto di creazione più che di procreazione”, la possibilità di affermare la propria libertà e, al contempo, di instaurare un dialogo sincero con la persona amata. Si tratta di David Herbert Lawrence (1885-1930) che nel suo romanzo più celebre, L’amante di Lady Chatterley, esordisce: “il nostro tempo è essenzialmente tragico, quindi ci rifiutiamo di prenderlo tragicamente”. L’opera, scritta nel 1928, ottenne il visto definitivo della censura del Regno Unito solo nel 1960, a testimoniare una carica dirompente che ancora non si è esaurita.

“Tutte le grandi parole, pensava Connie, erano diventate vane per la gente della sua generazione; amore, gioia, felicità, casa, padre, madre, marito, tutte quelle grandi parole erano presso che morte ora, e andavano morendo di giorno in giorno. La casa non era che un luogo dove si viveva; l’amore una cosa che non ingannava più; la gioia una parola da applicarsi a un bel charleston; la felicità un termine ipocrita usato per ingannare gli altri; il padre era una persona che si godeva la vita; il marito un uomo con cui si viveva e che si cercava di tenere di buon umore. E quanto al sesso, l’ultima grande parola, non era che un nome da cocktail applicato a una eccitazione fugace che divertiva un istante e lasciava più flaccidi di prima.” (David Herbert Lawrence, L’amante di Lady Chatterley, Mondadori)

È giunto forse il momento di spegnere i monitor e tornare a cercare le risposte nella vita di ogni giorno, nelle persone che possiamo guardare negli occhi, e nei libri, capaci di emozionare e indicare da dove scaturisca quel turbamento che ci coglie quando parliamo di noi stessi e della nostra intimità.
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