Outing: io, la scrittura e il blog Sul Romanzo – prima parte
Autore: Morgan PalmasMer, 03/02/2010 - 11:49
Di Morgan Palmas
All’inizio del XVII capitolo di questo libro che ho letto un paio di anni fa, vi è una frase di Alain Connes, medaglia Fields 1982: “It would be a tragedy if it just needed a trick to prove it”, parlando dell’ipotesi di Riemann, il problema più complesso della matematica, ancora irrisolto.
Vi chiederete forse che cosa c’entri tale questione con la scrittura, c’entra eccome.
Premessa. Chi mi segue dall’inizio o quasi sa che la sfida “Scrivere un romanzo in cento giorni”, poi diventata un libro, è nata per il desiderio di condividere anni di appunti, un vezzo che coltivo dai tempi del liceo: impressioni e spunti dalle mie letture che abbiano l’obiettivo di comprendere qualche possibile percorso per scrivere “bene” un romanzo o un racconto, ecc (ne ho parlato anche in questa intervista).
La condivisione delle mie idee - che ora sta continuando con il secondo “corso” - non significa che io sia un insegnante di scrittura creativa e tanto meno che sia uno scrittore per il fatto di avere una pubblicazione. E, badate bene, non è questione di modestia o prudenza, ma soltanto di obiettività.
Da quando ho creato il blog Sul Romanzo, ora divenuto collettivo grazie alla preziosa presenza di una dozzina di persone, le innumerevoli mail che ho ricevuto mi hanno coinvolto e stupito, talvolta deluso, talora spiazzato.
Mi sono chiesto con rinnovata serietà che cosa significhi autorità e autorevolezza in rete, che rapporti essi abbiano con il concetto di popolarità, quali siano i fulcri del marketing on line. Non solo. È chiaro che mi sono domandato quale sia il comportamento da tenere rispetto alle tante persone che mi scrivono, le quali cercano risposte per i loro problemi di scrittura, o almeno tentativi di risposta.
“Ho iniziato un dialogo parlando di ecc, come le pare?”, “Ho fatto questo incipit, come ti sembra?”, et similia. Chi mi vuole inviare il suo capolavoro, chi si lamenta di non avere capito una certa lezione, chi…
Tutti con il loro problema, tutti con la brama di essere accompagnati, d’essere consigliati. A volte un piccolo suggerimento o semplicemente una condivisione d’intenti con uno sconosciuto potrebbe fornire nuova energia nella scrittura, e questo lo comprendo. Nella veste di “suggeritore/amico on line”, quando ho tempo, cerco di esprimere le mie idee.
Altre volte invece mi sento a disagio: “Lei che è uno scrittore…” e penso: “Ma scrittore de che?”, “lei che è così colto quando insegna…”, e io ancora: “Colto? Ma se ho preso a malapena un diploma da privatista al liceo”.
Scrivere un buon romanzo (intendo letterariamente di qualità, non sto parlando di successo di vendite) è un argomento così complesso, così vasto, così colmo di livelli di consapevolezza, che io non ho concetti definitivi da elargire, le idee che condivido sono idee personali, nessuna scientificità, e nel tempo mutevoli.
La mia scrittura (i miei romanzi, i miei racconti, le mie poesie) si è rallentata con la nascita di Sul Romanzo, si è indebolita. Non tanto un discorso di quantità, quanto invece di fluidità. Ora ho dubbi per ogni parola, per ogni virgola, per ogni periodo. Perché le centinaia e centinaia di mail che mi sono giunte mi hanno anche stimolato a riflettere maggiormente su temi che pensavo di avere un po’ compreso, o comunque di avere incontrato un percorso per me possibile e attuabile. Ciò mi ha portato a scontrarmi con me stesso, con anni di meditazioni, con i miei stramaledetti appunti che aumentano a dismisura, stipati di celate contraddizioni e di dubbi resistenti.
Eppure non manca mai chi mi scrive con un’arroganza che mi lascia basito. Due casi, fra i molti.
“Sto scrivendo la storia di mia nonna, vorrei spiegare la sua visione del mondo, non in modo palloso come le pagine di Proust, qualcosa di diverso”.
“Come faccio a descrivere la casa di Sergio? Mica roba lunga alla Tostoj, che manco l’ho letto io, solo qualche pagina, me l’hanno detto altri”.
A parte il fatto che Tolstòj si scrive anche con una elle fra la “o” e la “s”, queste affermazioni complicano la mia scrittura, perché il desiderio di trovare beceri trucchi, non studio meditato e con consapevolezza, ecco la ragione di Alain Connes, mi dà noia. Noia per chi tratta la scrittura di un romanzo come fosse un sms; noia per chi pensa di scrivere un capolavoro e di essere un genio della letteratura; noia per chi pensa di trovare in me un complice per i suoi deliri.
Già prima avevo le mie insicurezze nella scrittura, scrutando le sicurezze altrui, le mie insicurezze sono aumentate.
(Continuo domani)
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