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"La gioia piccola d'esser quasi salvi" di Chiara Valerio

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Di Sara Gamberini

''Ci sono quelli felici e contenti e quelli felici nonostante''. A questo pensiero giunge, nel finale, il romanzo di Chiara Valerio. Ci arriva senza troppo rumore, visitando un dolore che riesce a non essere mai sguaiato.
A sei anni Giulia perde la mamma, Lucia, che si lancia dal balcone proprio nel momento in cui alla figlia cade una scarpina dalla ringhiera. Della piccola si prende cura la nonna Agata, a vegliare su di lei c'è anche Marco, un ragazzino che assiste al suicidio di Lucia. La loro vita rimane legata: Agata, Giulia e Marco sentono il bisogno di stare sempre vicini, abitano lo stesso palazzo, sono spaesati allo stesso modo, uno accanto all'altro per non sentire troppo male. 

La gioia piccola d'esser quasi salvi, titolo preso da un verso di Amelia Rosselli, racconta la storia di tre destini che ruotano attorno ad Agata, ormai vecchia e ammalata nella memoria. Marco ama Giulia e va a letto con Leni, una prostituta polacca per la quale Giulia perderà la testa. Mentre Agata vede diavoli e sangue e delira, quasi le si fosse aperto uno squarcio che non filtra più l'inferno di dolore che sente per la perdita della figlia, gli altri protagonisti tentano di vivere, nonostante. Il dolore si legge a pezzi e solo a libro chiuso lo si può sentire intero, dopo aver unito i molti frammenti che Valerio è riuscita con maestria a descrivere nel loro accumularsi, pensiero su pensiero, ricordo dopo ricordo, azione dopo azione, fino a farli divenire desiderio e carattere.
Le frasi sono ingombre di parole, riportano i pensieri spezzati dalla paura. Il ritmo narrativo è veloce e riesce a riprodurre i battiti del cuore che accelerano, lo spavento che cerca conforto e si placa e, in modo davvero magistrale, il movimento del delirio tra fuori e dentro, colto nel momento in cui attinge alla realtà per deformarla.

Viene da pensare di avere finalmente a che fare con una scrittrice generosa, qualità rara nel panorama di certa letteratura contemporanea che sempre più spesso racconta storie con poco impegno, garantendosi una via di fuga per non spendersi troppo. Non si risparmia in nulla Chiara Valerio, si avverte netto il suo sforzo di raggiungere un senso, di donare un punto di vista, lo si sente nell'accuratezza con cui tratta le parole e nella precisione con cui si occupa dei suoi personaggi. Le parole, difatti, raggiungono, come in dono, le cose e rendono davvero sottile lo scarto tra significato e significante. La scrittrice si concentra sull'azione del pensiero, rinunciando all'introspezione, tratteggia i suoi personaggi attraverso il ritmo che incalza nella loro mente. Registra i fatti mentre accadono, coglie il momento in cui i pensieri si trasformano in intenzioni e ci mostra il loro divenire destino o scelta.

Gli epiloghi di un trauma non necessariamente sono eclatanti: in certa letteratura si leggono spesso di grossolane e inverosimili conseguenze ad eventi dolorosi, forse al fine di strappare facili coinvolgimenti. Chiara Valerio fa l'operazione contraria, lavora per sottrazione e descrive in modo meraviglioso come il suicidio di una madre (e di una figlia) possa condizionare il desiderio, come porti ad amori sghembi, ad una vita in fuga e ci svela in che modo dal male ci si riesca 'quasi' a salvare. Un sentimento eccelle più di altri ed è l'accettazione: quella di Giulia, sempre in fuga, alla cui vita ''manca qualche grano di odio''; quella di Agata, durata un'intera vita, che la porta a dire ''Io perdo i nomi delle cose. E va bene, non mi importa, ci sono stati finché hanno potuto e adesso basta, adesso ci sarà lei Marina, e io sono già contenta''; quella di Marco, che tratta il suo amore per Giulia con la tenerezza di una madre; e quella di Leni, che ha imparato la distanza e dice ''Tua nonna, non mia nonna, tuo problema.''
La gioia piccola d'esser quasi salvi è un romanzo che insegna: certe sue frasi sono destinate a ritornare alla mente, nel tempo, per fare bene.
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