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Scrivere un romanzo (fase II) - Lezione 5.d

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Di Morgan Palmas

Riprendo le lezioni del corso di Scrivere un romanzo (fase II), vi confesso che ho trovato non poche difficoltà a rivedere e organizzare i miei appunti, soprattutto mi sono chiesto se c’è una coincidenza fra l’utilità per chi legge e i miei gusti personali.
Non è cosa da poco come potete intuire, e la risposta, alzando ora il grado di complessità, è stata negativa, il più delle volte non c’è coincidenza. Quindi, ho cercato di decostruire i miei appunti (già ve ne avevo parlato) e ricostruirli pensando in particolare al concetto di utilità.

Ci eravamo lasciati con una domanda: come dovrebbe essere una microtematica per essere apprezzata dal lettore?

Le risposte potrebbero essere le più diverse e perdonate la digressione che ora farò, credo che possa servire per riprendere con più lena.

Esistono leggi “scientifiche” letterarie che decretano un’ottima microtematica rispetto a una pessima? C’è un modo giusto che contempli assieme ingegneria narrativa e bellezza?
Per ciò che riguarda l’ingegneria narrativa sto tentando di esporvi le mie semplici esperienze (appunti), sul concetto invece di bellezza, consapevole della complessità del tema, vorrei esporvi una brevissima riflessione che permetta in qualche modo di svincolarsi da rigide e inutili generalizzazioni.

La bellezza di una serie di microtematiche coincide sempre con quella funzionale, intendo ciò che potrebbe piacere a una casa editrice? Perché una delle questioni è questa se desiderate pubblicare il vostro romanzo. Per chi invece non ha tali obiettivi, legga quanto sto scrivendo con distaccata curiosità.

La bellezza, nel senso di ciò che è percepito come bello, è un elemento in continua evoluzione. Dipende dal contesto storico e dalla sensibilità artistica delle persone. Quanto è bello oggi, magari domani perderà il suo fascino o si indebolirà o si rafforzerà. Stesso dicasi per le cose passate rispetto al presente.
Fare breccia nella mente di un lettore all’interno di una casa editrice è un aspetto da considerare? Io credo che dipenda dalle vostre ambizioni, analizzatele con attenzione, forse troverete la chiave per comprendere quale tipo di bellezza inseguire.

Aneddoto personale divertente ma istruttivo, forse. Nel 2004 rilessi un romanzo di Goffredo Parise che anni prima mi era piaciuto molto: “L’odore del sangue”, edizioni BUR. Era un periodo in cui ero in trattative per un mio romanzo, le notizie buone si alternavano a quelle cattive, avanti e indietro fra delusioni e aspirazioni, per motivi di contenuto potrei dire. Non se ne fece poi nulla, però mi rimase il dente avvelenato con tale casa editrice.
Parallelamente stavo trascrivendo frase dopo frase il romanzo di Parise, studiandolo, assorbendo quanto più possibile del suo stile. Devo dire che Parise, pur non essendo uno scrittore vicentino celebre come Rigoni Stern o Meneghello, ha sempre sfiorato i miei neuroni con magie per me inspiegabili, ecco la ragione per la quale decisi allora, avevo già fatto esperimenti simili nella narrativa con D’Annunzio e Tolstòj, di studiare i testi parola dopo parola, cercando di osservare le strutture, le virtù, le debolezze di Parise, tentando di imparare.

Una volta riscritto nel pc “L’odore del sangue”, ne feci una quindicina di copie, scelsi altrettante piccole e medie case editrici (provando a individuare quelle che potevano accettare un romanzo simile) e inviai spacciando il testo per mio, sì, Morgan Palmas. Volevo proprio vedere la reazioni, ammesso che nessuno se ne fosse accorto. Circa metà non mi risposero, le restanti mi congedarono con la solita frase di circostanza. La sciocca esperienza mi insegnò una cosa: se una quindicina di case editrici (piccole e medie, scelte con cura) non accetta un romanzo dato alle stampe dal gruppo Rizzoli meno di una decina di anni prima, significa che scrivere inseguendo la bellezza che potrebbe essere ritenuta tale dagli addetti ai lavori è deleterio, oltre che poco stimolante per chi scrive. La mia opinione, confutabile.
Riprendo il discorso venerdì prossimo.

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