Recensione: "Memorie di un sognatore abusivo" di Paolo Pasi
Autore: Claudia VerardiVen, 08/01/2010 - 10:24
Di Claudia Verardi
Quando ho assistito alla presentazione di Memorie di un sognatore abusivo del giornalista, scrittore e musicista rock Paolo Pasi non pensavo che quel libro mi avrebbe preso così tanto. Non amo la fantascienza sociale, né la fantapolitica e, nonostante l’ottima interpretazione di Paolo, che ha messo insieme musica, narrativa e recitazione per raccontare il romanzo, pensavo che quella storia mi avrebbe lasciato poco. Invece, pagina dopo pagina, la sorpresa. Quelle parole mi entravano dentro come una lama. Il linguaggio incisivo e moderno e lo stile liquido mi hanno avvolto completamente.
Siamo nel 2035 e il nuovo Governo di tipo dittatoriale (chiamato Comunità) detta legge anche in fatto di sogni, imponendo una tassa sull’attività onirica dei poveri per esentare l’insonnia (e parare il culo) dei ricchi. Per fortuna, il protagonista si ribella all’IVO (Imposta sul Valore Onirico) e decide di raccontare le sue avventure di rivolta e presa di coscienza in uno psicodiario. Bob, questo il suo nome, metterà così sulla carta i sogni, i sentimenti e le sensazioni che si susseguono fino alla definitiva ribellione all’orrido sistema totalitario.
Nel libro, Paolo Pasi ha lavorato sull’analisi di un ipotetico (?) sistema politico che strizza l’occhio a un totalitarismo di bassa lega. Filo conduttore del racconto è l’elemento satirico che segna le pagine della storia e che viene utilizzato in tutto il racconto. Durante la lettura pensiamo a quanto sia importante saper sognare in un mondo che ogni giorno ci toglie qualcosa e a quanto sia necessario che i nostri rimangano sogni liberi. Pasi ci ricorda in questo romanzo dallo stile semplice ma avvolgente, ritmato ma riflessivo, che la libertà di pensiero, di espressione e perfino di sogno è principio fondamentale della dignità umana, così come bere o respirare.
Memorie di un sognatore abusivo è un libro che sa di dissenso ma soprattutto racconta la voglia di essere liberi da qualsiasi condizione o sistema che possa impadronirsi della parte più intima e nascosta di noi stessi. L’autore, qui umanista e razionalista (magari un po’ severo nel tono), crea un protagonista che assomiglia a un Robin Hood moderno, uno che “vorrebbe vivere rapinando banche prima che ci pensino i loro presidenti” e che “ruberebbe ai ricchi per dare a se stesso”, per affrancarsi dal giogo di un potere malato. Tra schermi intelligenti e multivisori di ogni tipo, ci guida in un mondo singolare, “umido”, fatto di macchine carne, dove è molto facile perdere l’orientamento, dove le voci e i pensieri metallici si sostituiscono a quelli romantici e reali delle persone vere. Ci accompagna per mano e ci spiega, passo dopo passo, un percorso ragionevolmente intricato in cui il protagonista non si stanca mai di combattere per quello in cui crede, per la riconquista della libertà di sognare e quindi, in un certo senso, di esistere e di provare emozioni sincere. Il tono del racconto, però, non è agitato, anche se in qualche passaggio è attraversato da un sottile senso di inquietudine (tipico delle atmosfere di satira sociale).
I riferimenti letterari sono visibili, da George Orwell a Philip K Dick fino ad Asimov e Ballard, soprattutto nei momenti di riflessione sociologica. Quella del sogno, indagata da Pasi attraverso il protagonista del racconto, è una dimensione speciale, parallela, alla quale personalmente mi abbandono spesso. Sogno molto di notte e talvolta anche di giorno, a occhi aperti. Mi piace abbandonarmi all’estensione della visione e del lavoro della mente ed è anche per questo che ho apprezzato il lavoro di Pasi. Il suo libro arriva dritto al cuore delle cose e rifugge dagli slogan della letteratura preconfezionata.
Pasi assomiglia a un artigiano della parola che, con il suo modo di scrivere chiaro e diretto, cerca il proprio posto in una società troppo spesso smemorata, senza seguire direzioni obbligate o, peggio, standard. Memorie di un sognatore abusivo potrebbe essere collocato a pieno titolo nella letteratura distopica. È un libro che contribuisce alla comprensione sociale del nostro tempo e avvicina all’esercizio della ragione e dello spirito critico. C’è bisogno (in questo periodo storico più che mai) di una riflessione attenta e accurata sui diritti umani e sul concetto di vera libertà. Nella dimensione culturale della globalizzazione, l’immaginazione copre un ruolo sempre più importante per il mondo contemporaneo. È importante comprendere che dobbiamo scegliere il nostro stile di vita, operare scelte consapevoli e formare le nostre identità senza le suggestioni – spesso fasulle – che ci vengono dai mezzi di comunicazione di massa. È difficile, certo, ma come ha già detto qualcuno, si può fare e la narrativa (dunque i romanzi) possono ancora essere un formidabile veicolo di approfondimento culturale e sociale, qualcosa in grado di “aprirci” la mente.
Paolo Pasi, dopo Excogita e Tullio Pironti (per cui ha pubblicato splendidi libri con le prefazioni di Dan Fante e Fernanda Pivano), pubblica ora con Edizioni Spartaco, interessante casa editrice che finora ha dato spazio ad autori stranieri e che ha scelto lui per il primo romanzo italiano. Libertà, sogno, speranza, forse illusione. Critica sociale, consumismo, società tardo capitalista, rigurgiti reazionari. Basteranno per fare di un libro un piccolo capolavoro? Io dico di sì.
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