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L'arte e l'artista: indipendenti?

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Di Roberto Orsetti

Qualche giorno fa, ho messo nella mia bacheca di Facebook un video di Damien Rice che canta Happy X-Mas (War is over) di John Lennon.
Una delle canzoni "universali", che viene cantata da grandi e piccini, un inno alla pace e all'amore.
Ma mi è venuto in mente che in una biografia dell'autore di "Imagine" e altre canzoni di una bellezza unica, si descrive Lennon non propriamente come marito e padre modello, con presunti maltrattamenti e soprusi in famiglia.
Non voglio entrare in merito alla vicenda, né andare a scoprire quanto e se è vero, perché la mia attenzione viene focalizzata da un altro quesito: quanto rigore morale si chiede a un autore, a uno scrittore, a un poeta?

Possiamo aprire il nostro cuore e la nostra mente 
a chiunque ci trasmetta emozioni di un certo peso, 
senza preoccuparci di come gestisce il proprio privato?

Per darmi una risposta ho dovuto creare paletti e distinguo, con non poca fatica e alla fine delle mie considerazioni ammetto di essere ancora molto confuso.
La sfera privata appartiene a ognuno di noi, indissolubile e inviolabile.
Quindi penso che se uno sceglie di bere a dismisura, fumare come tre turchi, praticare il sesso più estremo e diverso, a me non importa nulla, non mi dovrebbe riguardare. Non c'è differenza tra il mio vicino di casa e lo scrittore capace di entusiasmarmi, in questi casi. Tutti e due i soggetti vivono la loro vita nella totale libertà. Al massimo posso provare pena, preoccupazione, e altri sentimenti di solidarietà.
Ma se il mio vicino picchiasse la moglie, maltrattasse i figli, sbraitasse sul balcone contro i diversi... la differenza ci sarebbe.
E così per lo scrittore, il poeta, l'artista.
Sto dicendo che se fosse vero che Lennon maltrattava i figli e picchiava Yoko Ono, ascoltare "Imagine" sarebbe più difficile. Forse.
Credo sia naturale che se il mio cantante preferito fosse Sinatra, non mi piacerebbe sapere che era considerato un mafioso, e che se il mio poeta adorato in gioventù violentava i ragazzini, potrei riconsiderare la sua opera.

La differenza dov'è?

Devo accettare l'arte per quella che mi arriva, o devo legarla in maniera innegabile a chi la crea?
Se prendo un libro, una raccolta di poesie, un quadro, mi devo far condizionare da fattori privati o devo scindere le cose?
Qualcuno dei miei amici, in questa discussione, sostiene che l'arte è al di sopra delle bassezze umane, che un quadro è bello perché è bello, non è meno bello perché lo ha dipinto un tizio che odiava gli ebrei o insultava i neri.
L'arte come forma massima di elevarsi, staccarsi, con un tramite, l'artista, che per questo privilegio non va giudicato. Una sorta di lasciapassare, in cambio delle emozioni che ci procura.
Ma io non credo sia così semplice e così immediata la concessione del lasciapassare.
Penso che anche in questo io vorrei diventare più rigido, vorrei essere più integralista. Non vorrei lasciarmi sviare, prendere dall'emozione provocata, dal ricordo di immagini e colori che rimangono nel cuore e nella mente.
Come faccio a leggere pagine d'amore immenso e emozioni raccontate con maestria, senza pensare anche solo per un momento che appena l'autore ha smesso di scrivere quelle righe si è divertito a manifestare idee razziste o a menare le mani su persone più o meno indifese?
Io credo che non sia possibile scindere l'opera dall'autore. Non mi interessa l'arte, se non viene da una condotta "normale". Un rigore morale che si dovrebbe esigere da me, dal mio vicino, dal politico, non si può condonare all'artista, al poeta, allo scrittore.
Non ci sono differenze, credo.
Ma se il mio vicino che picchia la moglie dipingesse la Gioconda, cosa farei?
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