Scrivere un romanzo (II): Lezione 3 L'autocompiacimento
Autore: Morgan PalmasMer, 07/10/2009 - 15:58
Nella lezione 3 del primo corso accennavo all’illusorio autocompiacimento: un argomento serissimo che vorrei sviluppare con maggior attenzione.
Forse vi è capitato di dichiarare a qualcuno: «Sto scrivendo un romanzo!», e poi sogni ad occhi aperti, a seconda dei gusti… Successi editoriali o denaro a fiumi, inviti alla televisione e articoli di giornale da voi firmati, incontri con l’intellighenzia italiana e premi letterari. La fantasia che scatena l’idea di potere essere scrittori di professione è intrigante, taluni se ne coccolano da troppo tempo.
Accade questo in una parte dei casi, gli altri almeno si vantano o si distinguono di fronte a parenti e amici, sconosciuti o colleghi.
Chi più chi meno tutti hanno vissuto dinamiche simili. Chi più chi meno lo fa per istinto, per difendere una propria idea, per marcare il territorio rispetto all’altro da sé che si annoia nella vita o che non farà mai nulla di interessante (si pensa, senza dichiararlo). Quante bugie con se stessi; quanti sciocchi giochi mentali pur di assorbire energie o soddisfazioni temporanee.
Perché, a prescindere da eventuali pubblicazioni, oltremodo immerse in un mercato editoriale che premia nelle vendite pochissimi titoli rispetto ai più di cinquantamila libri all’anno del nostro paese, quindi un sano realismo sarebbe auspicabile, l’eccesso di comunicazione con gli altri nell’esprimere un proprio progetto distoglie dal vero obiettivo: scrivere. Giacché di scrivere si tratta, in primis.
È giusta la libertà di essere se stessi, tuttavia è raccomandabile una singola accortezza: se tale medesima libertà vi frena nella scrittura o vi porta al minimo a sprecare tempo, evitate nel modo più assoluto di parlare del vostro romanzo. Se impegnate il tempo a scrivere invece che a parlare, forse avrete una buona possibilità per accelerare lo sviluppo della storia e di conseguenza tutto il resto.
Una persona spesso racconta ciò che ha fatto e/o in particolare quello che vorrebbe fare perché teme di essere giudicata stupida o poco interessante. Distinguersi dalla massa o dai colleghi, dalla zia o dall’amica fa bene all’animo, consola. Ma se le consolazioni non servono a produrre il romanzo sono davvero importanti? Rifletteteci.
Vi sono alcuni contesti che frenano la creatività, dipende dai casi: la famiglia, l’ambiente di lavoro, gli amici, gli amori, però provate a indovinare chi ha la grave e cocciuta capacità di bloccarvi nella scrittura. Voi stessi. Esatto. Voi stessi. Fate tutto e distruggete tutto con le vostre mani.
Chi ha venti cartelle da troppi anni; chi continua a rimandare; chi cita le più disparate scuse per giustificarsi; chi fa la vittima; chi piange; chi? Voi stessi. Voi siete il pericolo più duro da affrontare.
Per affrontarlo con serietà non dovreste alimentare il fiume di dubbi e incertezze, e nel raccontare agli altri che state scrivendo un romanzo vi costringete a spiegare, a giustificare, a motivare eventuali ritardi o fallimenti di percorso. Vi mette ansia, vi dona negatività, non vi sprona il più delle volte a cercare il risultato concreto. Parlarne vi consola. Lo so, si tratta di coraggio, solo il coraggio vi porterà a scrivere un romanzo senza condividere tale magia con altri, durante il processo creativo.
Non fraintendete le mie parole, sarebbe ottimo che il silenzio albergasse in voi riguardo il vostro progetto, ciononostante credo che già sarebbe buono parlarne il meno possibile. Coltivate la magia della scrittura nei mondi interiori, avrà un effetto volano che vi stupirà. Ognuno di noi è la diretta conseguenza di ciò che scegliamo di essere ogni giorno che trascorriamo nel tempo umano.
Siate ciò che volete essere, fate quel che è necessario fare, solo così avrete quanto desiderate avere. Sono necessarie l’attenzione e l’intenzione: concentrandovi e trasformandovi intimamente.
Voglio fare un esempio calcistico per rendere ancora più chiara la lezione.
Immaginate una partita e un goal meraviglioso grazie a un colpo di testa fenomenale; riuscite a vedere la curva dei tifosi di casa che esplode dalla gioia e l’altra degli ospiti che si deprime per la rete subita? Emozioni. Se entrambe le curve avessero saputo prima che in tale minuto ci sarebbe stato un goal della squadra di casa, avreste visto le medesime emozioni? Certamente no.
Voi siete quel giocatore che ha segnato. Non dovreste dire nulla a nessuno, cercate soltanto di giocare bene e lanciatevi con passione verso la porta per realizzare uno splendido goal.
Forse vi è capitato di dichiarare a qualcuno: «Sto scrivendo un romanzo!», e poi sogni ad occhi aperti, a seconda dei gusti… Successi editoriali o denaro a fiumi, inviti alla televisione e articoli di giornale da voi firmati, incontri con l’intellighenzia italiana e premi letterari. La fantasia che scatena l’idea di potere essere scrittori di professione è intrigante, taluni se ne coccolano da troppo tempo.
Accade questo in una parte dei casi, gli altri almeno si vantano o si distinguono di fronte a parenti e amici, sconosciuti o colleghi.
Chi più chi meno tutti hanno vissuto dinamiche simili. Chi più chi meno lo fa per istinto, per difendere una propria idea, per marcare il territorio rispetto all’altro da sé che si annoia nella vita o che non farà mai nulla di interessante (si pensa, senza dichiararlo). Quante bugie con se stessi; quanti sciocchi giochi mentali pur di assorbire energie o soddisfazioni temporanee.
Un drammatico illusorio autocompiacimento.
Perché, a prescindere da eventuali pubblicazioni, oltremodo immerse in un mercato editoriale che premia nelle vendite pochissimi titoli rispetto ai più di cinquantamila libri all’anno del nostro paese, quindi un sano realismo sarebbe auspicabile, l’eccesso di comunicazione con gli altri nell’esprimere un proprio progetto distoglie dal vero obiettivo: scrivere. Giacché di scrivere si tratta, in primis.
È giusta la libertà di essere se stessi, tuttavia è raccomandabile una singola accortezza: se tale medesima libertà vi frena nella scrittura o vi porta al minimo a sprecare tempo, evitate nel modo più assoluto di parlare del vostro romanzo. Se impegnate il tempo a scrivere invece che a parlare, forse avrete una buona possibilità per accelerare lo sviluppo della storia e di conseguenza tutto il resto.
Una persona spesso racconta ciò che ha fatto e/o in particolare quello che vorrebbe fare perché teme di essere giudicata stupida o poco interessante. Distinguersi dalla massa o dai colleghi, dalla zia o dall’amica fa bene all’animo, consola. Ma se le consolazioni non servono a produrre il romanzo sono davvero importanti? Rifletteteci.
Vi sono alcuni contesti che frenano la creatività, dipende dai casi: la famiglia, l’ambiente di lavoro, gli amici, gli amori, però provate a indovinare chi ha la grave e cocciuta capacità di bloccarvi nella scrittura. Voi stessi. Esatto. Voi stessi. Fate tutto e distruggete tutto con le vostre mani.
Chi ha venti cartelle da troppi anni; chi continua a rimandare; chi cita le più disparate scuse per giustificarsi; chi fa la vittima; chi piange; chi? Voi stessi. Voi siete il pericolo più duro da affrontare.
Per affrontarlo con serietà non dovreste alimentare il fiume di dubbi e incertezze, e nel raccontare agli altri che state scrivendo un romanzo vi costringete a spiegare, a giustificare, a motivare eventuali ritardi o fallimenti di percorso. Vi mette ansia, vi dona negatività, non vi sprona il più delle volte a cercare il risultato concreto. Parlarne vi consola. Lo so, si tratta di coraggio, solo il coraggio vi porterà a scrivere un romanzo senza condividere tale magia con altri, durante il processo creativo.
Non fraintendete le mie parole, sarebbe ottimo che il silenzio albergasse in voi riguardo il vostro progetto, ciononostante credo che già sarebbe buono parlarne il meno possibile. Coltivate la magia della scrittura nei mondi interiori, avrà un effetto volano che vi stupirà. Ognuno di noi è la diretta conseguenza di ciò che scegliamo di essere ogni giorno che trascorriamo nel tempo umano.
Siate ciò che volete essere, fate quel che è necessario fare, solo così avrete quanto desiderate avere. Sono necessarie l’attenzione e l’intenzione: concentrandovi e trasformandovi intimamente.
Voglio fare un esempio calcistico per rendere ancora più chiara la lezione.
Immaginate una partita e un goal meraviglioso grazie a un colpo di testa fenomenale; riuscite a vedere la curva dei tifosi di casa che esplode dalla gioia e l’altra degli ospiti che si deprime per la rete subita? Emozioni. Se entrambe le curve avessero saputo prima che in tale minuto ci sarebbe stato un goal della squadra di casa, avreste visto le medesime emozioni? Certamente no.
Voi siete quel giocatore che ha segnato. Non dovreste dire nulla a nessuno, cercate soltanto di giocare bene e lanciatevi con passione verso la porta per realizzare uno splendido goal.
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