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Recensione: "Nel bianco" di Simona Vinci

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Di Alessandro Puglisi

Quella dei diari di viaggio è una tradizione letteraria/memorialistica di grande rilievo. Sembra quasi connaturata al concetto di viaggio, l’idea del raccontarlo. Volendo essere semplicistici, è quanto fa Simona Vinci in questo libro. Raccontare, a tratti ricreandolo, un viaggio.

La Vinci, milanese di nascita ma bolognese d’adozione, irrompe sulla scena letteraria italiana nel 1997, col discusso Dei bambini non si sa niente, vincitore tra l’altro del Premio Elsa Morante opera prima. Da allora, tempo e libri ne sono passati, In tutti i sensi come l’amore, Stanza 411, Strada Provinciale Tre, e Simona Vinci ha condotto un percorso letterario di tutto rispetto.

Nel bianco è la storia di un viaggio, appunto; uno spostamento geografico, ma non solo. Ancora di più, forse, un cambiamento drastico, dato dalla necessità di adeguare, oltre al fisico, anche il proprio pensiero, all’estrema solitudine del Nord. Il testo, a metà fra saggio, diario e romanzo, si apre a Freetown, in Sierra Leone, nel cuore dell’Africa; è qui che Simona riesuma le proprie paure infantili (ancestrali?), le insicurezze, la ritrosia di fronte alla «complessità delle cose», e concepisce la Groenlandia come destinazione: 6671 chilometri separano la città africana da Tasillaq, punto di arrivo (ma anche di “ripartenza”). Dalla lista dell’attrezzatura necessaria, attraverso le antiche leggende, per arrivare alla desolazione della meta, e alla descrizione, profondamente letteraria nel suo essere documentaristica, della vita degli abitanti della minuscola cittadina, il libro si compone quasi sotto gli occhi del lettore; i capitoli si susseguono, quasi sfuggono via, e lo stile si conferma quello di sempre, lirico ma asciutto, costantemente poggiato su immagini fortemente rivelatrici.
Le distese di bianco, apparentemente senza fine, diventano metafora stringente della condizione umana e la protagonista-autrice si trova nella condizione di narratrice e narrataria allo stesso tempo. Duplice ruolo con cui si confronta mirabilmente.

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