Lo scrittore emergente è emerso?
Autore: Morgan PalmasGio, 15/10/2009 - 09:14
Di Giovanni Pannacci
Io sono un fan del participio, inteso come modo verbale. Adoro anche il gerundio, che è di per sé una parola bellissima.
Entrambi questi modi, almeno nella loro forma al tempo presente, indicano azioni non concluse, che si compiono nel momento in cui se ne parla. È una sorta, se mi si passa l’ossimoro, di fermo immagine in movimento, un hic et nunc progressivo. Un loop.
Prendete il participio presente di emergere: emergente. A me fa pensare al mostro della laguna, che fa capolino dall’acqua col cranio squamoso ricoperto di alghe verdognole.
Ecco, ogni volta che sento le parole “scrittore emergente”, immagino una bizzarra e circospetta creatura ergersi furtiva in mezzo alle nebbie azzurrine di uno stagno purulento.
In virtù del loop di cui sopra, nel mio immaginario l’emergente sarà tale per sempre, obbligato in questo perenne tentativo ascensionale da uno spietato, quanto affascinante, maleficio grammaticale.
Avete mai sentito parlare, infatti, di uno scrittore “emerso”, la cui azione, cioè, è riuscita a frantumare le barriere dell’eterno presente per guadagnarsi un rassicurante e meritato participio passato? Ovviamente no. Lo scrittore può essere “pubblicato”, “conosciuto” o addirittura “noto”, ma non passerà mai dallo stato di emergente a quello di emerso. Emergono i fatti nuovi, i problemi o i continenti, gli scrittori mai.
Ora attenzione, perché queste che possono sembrare soltanto leziose argomentazioni grammaticali, hanno invece una più che pregnante valenza reale. Lo scrittore è il mostro costantemente condannato all’atto dell’emergere. Sappiatelo, voi che vi accingete a scrivere nella speranza che, una volta pubblicati (una volta emersi), potrete raggiungere le sponde della palude e camminare finalmente spediti, senza più alghe e fanghiglia avvinghiate ai polpacci. Non è così.
Non è così per la stragrande maggioranza di noi. Si può pubblicare un libro di successo, si può essere invitati all’unica trasmissione di prima serata che in Italia si occupa di libri, si può anche stazionare per qualche settimana nella classifica dei dieci libri più venduti (tutte cose che, insperatamente, a me sono successe), ma tutto questo non vi strapperà mai via dalla palude.
Sapete perché? Perché ogni volta che inizierete a scrivere un nuovo libro sarete di nuovo costretti a immergervi nella melma fino alla punta dei capelli. Dovrete andare giù, sommersi da dubbi tipo “e se questo libro non fosse all’altezza del precedente? E se l’editore me lo rifiuta? E se invece di scrivere questa storia scrivevo l’altra che avevo in mente? E se non riesco ad arrivare alla fine? E se non sono un vero scrittore?”. E giù, di gorgoglio in gorgoglio, fino a quando, in una notte di luna, ri-emergenti dallo stagno argenteo, vi staglierete contro le sagome spettrali degli alberi col vostro nuovo manoscritto in mano.
Questo volevo dirvi, scrittori in cerca di pubblicazione, preparatevi alla vostra nuova condizione di instancabili mostri perennemente emergenti. Sappiate, però, che la laguna, quando starete lì con i gufi, le lucciole e con i vostri pensieri che, come bruma sull’acqua, scivoleranno veloci sul foglio, è il posto più bello del mondo.
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