Le consolazioni del romanzo
Autore: Morgan PalmasGio, 29/10/2009 - 12:37
Di Giovanni Pannacci
Io credo agli scrittori perché mentono. Credo agli scrittori perché per raccontare le loro storie prendono la parte migliore di se stessi, foss’anche una parte piccolissima, e la amplificano fino a farla diventare Mondo. Oppure prendono la parte peggiore di sé e la lavorano fino a trasformarla in qualcosa di orrido e riprovevole, Abisso del Mondo.
Ma credo agli scrittori perché la loro menzogna è manifesta, è un patto, un tacito accordo stipulato col lettore. Mentirò, credimi. E adesso ascolta quel che voglio raccontarti.
Tutto il contrario di certi uomini di potere che usano la menzogna per rafforzare le loro mediocri attitudini ed accrescere, attraverso raggiri e imposture, il proprio dominio sugli altri.
Queste, a differenza di quelle degli scrittori, sono finzioni occulte, celate e difese fino allo strenuo delle forze, tanto che a volte nemmeno la pressione dell’opinione pubblica o l’autorità di un tribunale, riescono a far luce su ciò che a tutti costi si vuol far rimanere incomprensibile e segreto.
Ben diverse le manipolazioni, le distorsioni, le falsificazioni operate dal romanziere.
Esse sono, in un certo senso, la condizione necessaria perché una storia si metta in movimento, e il lettore lo sa bene ed accetta tali mistificazioni perché di questo e non di altro si nutre la letteratura.
La scrittura è come la coda di una cometa mirabilmente espansa, che raccoglie e trascina con sé l’immondo pulviscolo del vivere: le storie, le facce, i virus e gli anticorpi, i tormenti e le redenzioni del tempo e della storia. È inevitabile che per gestire un tale strascico si debba dilatare la materia fino a sgranarla oppure ridurla al livello minimo della percezione. Il romanzo è dunque un organismo pulsante. Perdersi fra le pagine di un libro è lasciarsi attraversare da scie di polvere cosmica che, a saper ben guardare, contengono e spiegano il tutto. Ecco perché le manifeste alterazioni operate dagli scrittori dentro la materia romanzesca, risultano molto più utili – anzi, necessarie – di certe mistificazioni operate nella realtà.
In queste giornate prive di grazia e di bellezza io aspetto paziente un frusciare di pagine future che, come un gigantesco panno statico, sappiano attirare, fra attriti e cariche elettrostatiche, gli schiocchi miseri di questi tempi avvilenti.
E ridirli e dispiegarli e raccontarli in modo adatto a me.
In modo adatto a chi non crede alle televisioni, ai giornali, agli apparati di regime e di potere.
Resto in attesa di comprensione e, casomai, di consolazione.
Per il momento mi arresto. Minorenni spregiudicate, papi, escort, transessuali, ricatti, polvere di cocaina ed altre scorie che lascio vorticare sopra la mia testa. Resto in attesa che passi la mano di uno scrittore e raccolga tutto questo per farne letteratura, perché la letteratura spiega il mondo e lo fa più bello.
Ho bisogno che certi tempi (e temi) miserabili vengano risucchiati dentro una macchina romanzo che faccia ordine, che assolva e che condanni e mi aiuti a far ordine e a capire. Ho bisogno che siano gli scrittori, e non altri, a riappropriarsi della capacità di mistificare. Avverto l’impellente bisogno di calarmi in un imperfetto narrativo che mi aiuti a sopportare, perché le imperfezioni di questo presente mi hanno reso esausto.
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