Intervista a Danilo Arona
Autore: Morgan PalmasVen, 09/10/2009 - 09:03
Buongiorno, vorrei iniziare chiedendole a quale età si è avvicinato alla scrittura e se è stato o meno un caso fortuito.
Alla scrittura, intesa anche in senso tecnico, mi sono avvicinato all'età di 12 anni, quando mi sono imbattuto in una vecchia e monumentale macchina da scrivere marca Continental che apparteneva a un mio zio prete. Era d'estate, sull'Appennino Ligure, e passai diversi pomeriggi così, scrivendo racconti. In realtà “scrivevo” già da prima, nel senso che a 8 anni già componevo fumetti con tanto di disegni e “nuvolette” di dialogo, il tutto finalizzato a storie che poi assemblavo in foglietti puntinati con tanto di copertina. A solo mio uso e consumo. Magari l'incontro in sé con la Continental ha avuto un che di fortuito, ma temo che sarei finito lo stesso a scrivere.
Se consideriamo come estremi l'istinto creativo e la razionalità consapevole, lei collocherebbe il suo modo di produrre scrittura a quale distanza dai due?
Molto istinto e poca razionalità. Il processo creativo, per quello che mi riguarda, è un momento selvaggio di liberazione. Dopo subentra la formalizzazione, la messa a punto, il cosiddetto editing e tutto quello che fa parte della professionalità acquisita sul campo. Ma le idee sono “di pancia”, viscerali.
Moravia, cascasse il mondo, era solito scrivere tutte le mattine; come descriverebbe invece il suo stile? Ha un metodo rigido da rispettare o attende nel caos della vita un'ispirazione? Ce ne parli.
Mi piacerebbe avere un metodo quotidiano. Se così fosse, significherebbe che avrei fatto della scrittura la mia professione. Il che non è: come tanti che scrivono, lavoro per sfamarmi e vivere con decenza. Quindi scrivo quando posso, rubando ore alle pause pranzo e prendendomi spesso un'intera giornata di “ferie” da dedicare a romanzi e/o racconti.
Di che cosa non può fare a meno mentre si accinge alla scrittura? Ha qualche curiosità o aneddoto da raccontarci a riguardo?
Se il lavoro si prospetta lungo, c'è bisogno soprattutto di caffè. Aneddotti o curiosità proprio no: la scrittura è un lavoro fecondo e divertente solo per chi lo vive in prima persona. In realtà non succede niente. Dall'esterno si vede solo un povero pazzo che batte una tastiera per ore e ore.
Wilde si inchinò di fronte alla tomba di Keats a Roma, Marinetti desiderava sputare sull'altare dell'arte, qual è il suo rapporto con i grandi scrittori del passato? E' cambiata nel tempo tale relazione?
Non vorrei scandalizzare nessuno. Ma la mia opera è saldamente radicata nella contemporaneità. Al di là del grande rispetto che si deve ai monumenti, credo di non avere nulla da condividere con scrittori non più viventi. I miei riferimenti tematici, se esistono, vanno ricercati in un'eretica progenie che sta urlando, poco ascoltata, che l'umanità è giunta a un bivio, laddove o si cambia direzione o si perisce. Sì, forse giusto Ballard, ma è morto da pochissimo e lo considero ancora vivo...
L'avvento delle nuove tecnologie ha mutato i vecchi schemi di confronto fra centro e periferia, nonostante ciò esistono ancora luoghi italiani dove la letteratura e gli scrittori si concentrano? Un tempo c'erano Firenze o Venezia, Roma o Torino, qual è la sua idea in merito?
Per quel che riguarda i generi di mia pertinenza, senza dubbio Milano. E' meta obbligata per chi frequenta il thriller, il noir e l'horror. Accade tutto lì, l'editoria “di genere” sta quasi tutta lì così come i miei “colleghi”, amici di percorso e/o di sventura. Perché Milano? E perché non Torino che appare senza dubbio più “gotica”? Non ho risposte. Certo che Torino sotto certi aspetti è troppo provinciale. Milano non lo è mai.
Scrivere le ha migliorato o peggiorato il percorso di vita? In altre parole, crede che la letteratura le abbia fornito strumenti migliori per portare in atto i suoi desideri?
Scrivere di sicuro mi ha migliorato la vita, con piacevoli conseguenze indirette. Da qui a sostenere che alcuni miei desideri si siano concretizzati temo ce ne passi. Peraltro sono uno che si accontenta di quel che ha senza nutrire smisurate ambizioni. La fama non m'interessa e l'autorialità “di nicchia” è tutto men che remunerativa, ma va bene così. Nel 2009 gli eroi, anche se scrivono, sono coloro che riescono ad aprire gli occhi la mattina e a giungere la casa alla sera più o meno integri.
La ringrazio e buona scrittura.
Danilo Arona, scrittore e giornalista, classe 1950. I suoi ultimi libri pubblicati: Santanta, Ancora il vento piange Mary, L'estate di Montebuio e Ritorno a Bassavilla.
Il suo sito: www.daniloarona.com
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