"A colloquio" di Massimo Cirri
Autore: AnonimoGio, 29/10/2009 - 11:50
Di Alessia Colognesi
Confesso di aver un poco trasgredito alle regole, ho letto un non-romanzo e ho deciso di recensirlo nel blog “Sul Romanzo”. Fuori tema, già dall'inizio, ma con un'ammissione di colpa.
È che fin da piccola non mi sono mai piaciute le regole, nel senso che ho sempre cercato di conviverci interpretandole a modo mio senza intenderle come limiti invalicabili, ma solo come paletti che ti indicano una strada, non l'unica possibile, ma sicuramente quella più visibile.
E il cammino invisibile cosa c'entra con la meta?
Io l'ho scoperto leggendo “A Colloquio” di Massimo Cirri e ho intravisto l'invisibile zigzagando tra i paletti come uno sciatore di slalom gigante.
Quest'illuminante raccolta di racconti di vita vera, narrati con fare dissacrante da uno schizzacervelli onnisciente, ci dimostra che la realtà supera la fantasia e a ragion di questo, per rappresentarla, le si può dare la struttura di un romanzo, anzi di una raccolta di racconti.
“A colloquio” è un libro che parla della comunicazione come di uno strumento nelle mani dell'uomo, indispensabile per vivere ed interpretare la realtà.
A parlare, è uno psicologo del centro di salute mentale di Milano e speaker radiofonico, che si cimenta nella scrittura per mettere ordine tra i propri ricordi professionali e personali. E' una scrittura terapeutica, di rielaborazione in cui i flussi di coscienza, che rappresentano i pensieri dell'autore e i discorsi diretti dei pazienti, fanno cogliere immediatamente al lettore l'essenza unica della comunicazione, lo scambio.
Raccontandoci le storie del signor L. che «negli ultimi sei mesi ha avuto sei appuntamenti con sei donne diverse», della signora T. che «ogni tanto si tocca dentro col marito» o della signora A. con la «vita stratificata per terra», Cirri si trasforma in un Freud moderno e ci coinvolge in un flusso di coscienza che è pura fusione di pensieri e ricordi. La narrazione è un complesso monologo interiore continuamente intercalato da scarni discorsi diretti rivolti ai pazienti, esigenti interlocutori sempre in cerca di una risposta di salvataggio.
Cirri che comunica per professione, riesce bene nel suo intento di dipingerci le difficoltà del comunicare, lo fa con una scrittura che ci prende per mano scherzosamente, fintamente amichevole e semplice. Leggerlo è familiare come accendere la radio quando “Caterpillar” è già iniziata e ritrovarsi a dover dare un senso ad un flusso di parole ininterrotto.
Il libro si apre con le note dell'autore, quasi un bugiardino di un farmaco, che ti avvisa che stai per essere sommerso dalle parole, ma non devi preoccuparti, perché ogni storia, se saprai seguire il flusso, ha qualcosa da dirti.
Devo ammettere che al primo racconto ho annaspato, non mi sembrava di capire nulla; discorso indiretto del narratore che ci spiega dal problema del paziente, subito dopo, discordo diretto dell'interlocutore-paziente, infine, a complicare tutto, l'arrivo dei pensieri di Cirri che si intrufolano tra i meandri delle parole di ogni conversazione e scavano quasi come se la risposta occorresse costruirla fiutando parole chiave.
Arrivati all'ultimo racconto ti sembra di aver appena finito di correre, è una corsa figurata dietro i pensieri un po' impertinenti del narratore, ma non sei stanco, perché hai preso il ritmo e tra tutti quei pensieri hai scoperto un segreto, l'aspetto maieutico della scrittura.
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