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Come scrivere un romanzo in 100 giorni

Intervista a Simone Sarasso

Buongiorno, vorrei iniziare chiedendole a quale età si è avvicinato alla scrittura e se è stato o meno un caso fortuito.

È stato decisamente un caso. Correva l’anno 2003, stavo cercando lavoro dal momento che mi ero appena laureato e conobbi per caso il mio primo editore. Fu lui a commissionarmi il mio primo racconto (Turkemar, che alcuni anni dopo divenne un romanzo breve) e in seguito insistette per produrre il mio primo romanzo (Confine di Stato). L’anno successivo passai a Marsilio e lì sbocciarono molti altri progetti (fra i quali, il più recente è Settanta, il mio ultimo romanzo).

Se consideriamo come estremi l’istinto creativo e la razionalità consapevole, lei collocherebbe il suo modo di produrre scrittura a quale distanza dai due?

Per quanto mi riguarda è essenziale la disciplina: io scrivo tutti i giorni, svariate ore al giorno. Mentre scrivo, o semplicemente quando penso a una storia, è naturale subire l’influsso del cosiddetto “istinto creativo”; la famosa ispirazione, insomma. I due approcci sono collegati, ma mentirei se dicessi che l’ispirazione è fondamentale per scrivere. Parafrasando il celebre motto di Edison: “La scrittura è 1% ispirazione e 99% traspirazione”.

Moravia, cascasse il mondo, era solito scrivere tutte le mattine, come descriverebbe invece il suo stile? Ha un metodo rigido da rispettare o attende nel caos della vita un’ispirazione? Ce ne parli.

Come ho detto, io scrivo tutti i giorni (salvo le feste comandate) per almeno tre ore al giorno. A volte si tratta della stesura di un paragrafo, a volte sono singole revisioni, creazioni di scalette. A volte, semplicemente, rispondo alle mail e redigo il mio blog. Ma scrivo. Sempre e comunque. Per tre – quattro ore al dì. Sarebbe francamente una vita di stenti e privazioni quella che sarei costretto a condurre se attendessi l’ispirazione: di solito ho una decina di buone idee l’anno, niente di più. Eppure scrivo per trecento giorni. Vede ben lei…

Di che cosa non può fare a meno mentre si accinge alla scrittura? Ha qualche curiosità o aneddoto da raccontarci a riguardo?

Mah, una volta le avrei detto le sigarette. I primi tempi mi ingolfavo di fumo: ingoiavo caramelle balsamiche e dopo fumavo una sigaretta (il mix l’ho sempre trovato entusiasmante). Poi, però, a forza di fumare, mi si sono (giustamente) irritati bronchi e polmoni e quindi prima ho smesso per un periodo, poi ho ripreso svogliatamente. Oggi fumo due – tre sigarette al giorno, ma posso tranquillamente scrivere senza metterne in bocca una. Dunque, a dire il vero, non c’è più un vero rituale quando mi avvicino alla tastiera. Scrivo, e le giornate volano via…

Wilde si inchinò di fronte alla tomba di Keats a Roma, Marinetti desiderava “sputare” sull’altare dell’arte, qual è il suo rapporto con i grandi scrittori del passato? È cambiata nel tempo tale relazione?

Le dirò in tutta sincerità che io e i grandi del passato ci frequentiamo poco. Sono un scrittore ossessionato dal presente, e in particolare dal presente italiano, dunque mai e poi mai mi sognerei di andare a disturbare i grandi che furono. Al massimo organizzo una cena coi colleghi in attività (alcuni di loro sono straordinarie forchette oltre che ottime penne).

L’avvento delle nuove tecnologie ha mutato i vecchi schemi di confronto fra centro e periferia, nonostante ciò esistono ancora luoghi italiani dove la letteratura e gli scrittori si concentrano? Un tempo c’erano Firenze o Venezia, Roma o Torino, qual è la sua idea in merito?

Di mio direi Milano, perché è lì che sono cresciuto come scrittore. E perché è lì che si concentra il gotha dell’industria editoriale del Bel Paese. Tuttavia anche Bologna mi pare un centro nevralgico di tutto rispetto, così come lo è Roma. Dipende cosa si va cercando: quasi ogni città d’Italia offre buone pagine e autori sorprendenti.

Scrivere le ha migliorato o peggiorato il percorso di vita? In altre parole, crede che la letteratura le abbia fornito strumenti migliori per portare in atto i suoi desideri?

Direi che lo ha decisamente migliorato. Essere pagati per raccontare storie mi pare una straordinaria alternativa al lavoro, non trova anche lei?

La ringrazio e buona scrittura.


Simone Sarasso è nato nel 1978, scrive storie nere per la narrativa, i fumetti, il cinema e la TV. Vive a Novara, e nel (poco) tempo libero fa l’educatore in una scuola elementare. Ha pubblicato racconti in diverse antologie e collabora con alcune riviste (Carmilla, Milano Nera Web Press, Satisfiction, Hot). Settanta (Marsilio), il suo ultimo romanzo, è il secondo capitolo di una trilogia noir sui misteri e le trame della Storia d’Italia dal dopoguerra a Tangentopoli. Il primo volume, Confine di Stato (Marsilio, 2007 è stato finalista al Premio “Scerbanenco-La Stampa” nel 2007.
A ottobre uscirà la graphic novel United we stand (Marsilio), realizzata insieme a Daniele Rudoni.

I suoi siti internet:
http://confinedistato.blogspot.com
www.unitedwestand.it
http://pigproductions.wordpress.com

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