Scrivere un romanzo in 100 giorni - Lezione 49
Autore: Morgan PalmasGio, 16/07/2009 - 10:38
Il dialogo, all’interno d’un romanzo, può avere più funzioni: intrattenere, condurre ragionamenti, fare conoscere alcuni aspetti d’un personaggio, anticipare eventi, creare suspense e molto altro. Nella maggior parte dei casi accelera il ritmo, il lettore è coinvolto. La distanza fra scrittore e personaggi è assai ridotta, essi si rivelano, in modo diretto o indiretto.
C’è soltanto un errore che potrebbe compromettere il rapporto fra il romanzo e chi legge: i dialoghi inutili, in altre parole quelli che non portano avanti la storia, che la bloccano. Tenete altresì in considerazione la lezione di ieri, la 48.
Situazione tipo, per intenderci. Siete davanti al pc e, di fronte al foglio bianco, iniziate un dialogo che ha il sapore di “faccio cose, vedo gente”, inutile appunto. Come inutile è tale concetto espresso da qualcuno nella vita di tutti i giorni.
I dialoghi devono di necessità avere una direzione, dovete porvi una domanda alla fine di esso: «Che cosa conosce di nuovo il lettore ora?», fondamentale. Solo in questo modo sarete sicuri di consegnare nelle mani di chi legge elementi nuovi e importanti.
«Guarda Lucia quel castoro!».
«E allora?».
«Nulla, lo trovo simpatico».
Un dialogo così decontestualizzato potrebbe sembrare inutile. Non fraintendetemi, quando parlo di “elementi nuovi e importanti” non significa che al lettore deve essere tutto chiaro subito, ma che i concetti espressi troveranno una loro ragione d’essere più avanti. Magari dopo cinquanta pagine chi era stato colpito dal castoro gli dedicherà una poesia o parlerà ricordando quei bei momenti.
Qualcuno potrebbe chiedersi se non è pensabile un paesaggio inesplorato (lezione 27) nei dialoghi: sì, in linea di massima, ma non lo consiglio affatto agli scrittori esordienti, associare con abilità un paesaggio inesplorato a un dialogo è da pochi. Per non parlare di applicare la lezione 26 sul confine diafano fra realtà e fantasia in un dialogo, ancora più difficile.
Immagino che fra voi vi sia qualcuno in grado di gestire le tecniche con grande capacità; io rimango dell’idea che se non si è ragionato e fatto un esercizio continuo per anni su alcuni aspetti del romanzo non si appartenga a tale categoria. E non credo ai geni precoci letterari. Opinabile, chiaro.
C’è soltanto un errore che potrebbe compromettere il rapporto fra il romanzo e chi legge: i dialoghi inutili, in altre parole quelli che non portano avanti la storia, che la bloccano. Tenete altresì in considerazione la lezione di ieri, la 48.
Situazione tipo, per intenderci. Siete davanti al pc e, di fronte al foglio bianco, iniziate un dialogo che ha il sapore di “faccio cose, vedo gente”, inutile appunto. Come inutile è tale concetto espresso da qualcuno nella vita di tutti i giorni.
I dialoghi devono di necessità avere una direzione, dovete porvi una domanda alla fine di esso: «Che cosa conosce di nuovo il lettore ora?», fondamentale. Solo in questo modo sarete sicuri di consegnare nelle mani di chi legge elementi nuovi e importanti.
«Guarda Lucia quel castoro!».
«E allora?».
«Nulla, lo trovo simpatico».
Un dialogo così decontestualizzato potrebbe sembrare inutile. Non fraintendetemi, quando parlo di “elementi nuovi e importanti” non significa che al lettore deve essere tutto chiaro subito, ma che i concetti espressi troveranno una loro ragione d’essere più avanti. Magari dopo cinquanta pagine chi era stato colpito dal castoro gli dedicherà una poesia o parlerà ricordando quei bei momenti.
Qualcuno potrebbe chiedersi se non è pensabile un paesaggio inesplorato (lezione 27) nei dialoghi: sì, in linea di massima, ma non lo consiglio affatto agli scrittori esordienti, associare con abilità un paesaggio inesplorato a un dialogo è da pochi. Per non parlare di applicare la lezione 26 sul confine diafano fra realtà e fantasia in un dialogo, ancora più difficile.
Immagino che fra voi vi sia qualcuno in grado di gestire le tecniche con grande capacità; io rimango dell’idea che se non si è ragionato e fatto un esercizio continuo per anni su alcuni aspetti del romanzo non si appartenga a tale categoria. E non credo ai geni precoci letterari. Opinabile, chiaro.
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