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Intervista ad Angelo Petrella

Buongiorno, vorrei iniziare chiedendole a quale età si è avvicinato alla scrittura e se è stato o meno un caso fortuito.

Molto presto. Da bambino avevo sempre in testa l'idea di scrivere un
romanzo di fantascienza: ovviamente, iniziavo a scrivere due pagine e
mi fermavo. Leggevo soprattutto fumetti: romanzi, ne ho iniziati a
leggere molto tardi. Poi, verso i 14 anni più o meno, iniziai a
capire che per diventare scrittore avrei avuto bisogno di un lungo
tirocinio: tantissima lettura, tantissimo studio tecnico e tantissimo
esercizio.

Se consideriamo come estremi l’istinto creativo e la razionalità consapevole, lei collocherebbe il suo modo di produrre scrittura a quale distanza dai due?

L'istinto creativo in senso romantico dura per pochissimo tempo e
capita pochissime volte: è quello che ci suggerisce l'esistenza di
qualcosa che valga la pena di raccontare. La razionalità è la fase
più importante, se intesa come progettazione, studio e architettura.
Il resto è un giusto mix di impegno costante e di libero fluire della
creatività (che non è il 'daimon' o istinto creativo, è piuttosto la
capacità di sintonizzarsi con il proprio inconscio).

Moravia, cascasse il mondo, era solito scrivere tutte le mattine, come descriverebbe invece il suo stile? Ha un metodo rigido da rispettare o attende nel caos della vita un’ispirazione? Ce ne parli.

Moravia, come Stephen King, è invidiabile, perché è il sogno di ogni
scrittore riuscire a scrivere tutto il giorno tutti i giorni. A me
capitano lunghi periodi di silenzio e inattività. Poi, quando decido
di lavorare a un nuovo progetto, mi impegno a rispettare un
calendario rigido fatto di enormi frustrazioni e duro lavoro:
l'attività di scrivere costa molta fatica, ma dà dei frutti
impensabili e che ricompensano (quasi...) di tutto. In Italia non si
è troppo abituati a un'idea del genere, si predilige l'insana ed
infruttuosa accezione mistica della scrittura.

Di che cosa non può fare a meno mentre si accinge alla scrittura? Ha qualche curiosità o aneddoto da raccontarci a riguardo?

Del computer, suppongo. E forse del caffè. E di un attrezzo sportivo
che uso sempre per concentrarmi, ma non voglio dire quale...

Wilde si inchinò di fronte alla tomba di Keats a Roma, Marinetti desiderava “sputare” sull’altare dell’arte, qual è il suo rapporto con i grandi scrittori del passato? È cambiata nel tempo tale relazione?

La letteratura è fatta di realtà + di altra letteratura. Come poter
fare a meno dei classici? Sarebbe come chiedere a un regista che
rapporto ha con i registi del passato, o a un pittore se ha mai
studiato la storia dell'arte.

L’avvento delle nuove tecnologie ha mutato i vecchi schemi di confronto fra centro e periferia, nonostante ciò esistono ancora luoghi italiani dove la letteratura e gli scrittori si concentrano? Un tempo c’erano Firenze o Venezia, Roma o Torino, qual è la sua idea in merito?

Le comunità letterarie non esistono più, e forse è un male. Ma non
credo sia merito o colpa delle tecnologie, quanto della volontà dei
singoli (e spesso della competizione tra scrittori). In ogni caso non
è possibile individuare luoghi in cui si concentrino più scrittori
che altrove. Diverso è il caso della produzione, dato che le grandi
case editrici sono quasi tutte a Milano e qualcuna anche a Roma.

Scrivere le ha migliorato o peggiorato il percorso di vita? In altre parole, crede che la letteratura le abbia fornito strumenti migliori per portare in atto i suoi desideri?

I miei desideri erano e sono la letteratura. Quindi credo di poter
rispondere di sì.

La ringrazio e buona scrittura.

Grazie a lei.

Angelo Petrella lo potete trovare sul suo contatto Facebook.

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