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Come scrivere un romanzo in 100 giorni

Scrivere un romanzo in 100 giorni - Lezione 35

La lezione di oggi la concepii non pochi anni fa, precisamente nel 1999. La scrissi una notte in preda all’insonnia, di solito rivedo e sistemo gli appunti che ho raccolto negli anni, in questo caso la lascio uguale all’originale. Per darvi il sapore del sonno che non giungeva, per tentare, nonostante l’aspetto freddo e formale con cui in genere si pensa una lezione di chiunque, di lasciarvi anche sensazioni. Perdonate il linguaggio, perdonate altre cose. Spero che vi divertiate.

13 novembre 1999 ore 4.12
Il mondo tace, dorme. Mi piacerebbe pensare che sono sveglio per seguire l’esempio di Karl Kraus quando scriveva “la stupidità dorme, io vado al lavoro”, manco quello. Non dormo perché non ho sonno, tanto per cambiare. E cerco simili sventurati per illuminarmi o deprimermi oltre ogni mio limite pensabile. Prima rileggevo alcune vicende di Gregorio Samsa, ti entrano nelle viscere, però almeno lui s’era svegliato da sogni agitati, li avessi io i sogni agitati, che palle non avere sonno. Come si può riuscire ad “entrare nelle viscere” di chi legge? Immagino che sia una questione di armonie, stile, parole, suspense e chissà quante altre cose. Mi viene in mente ora il viaggio di Michele Strogoff di Verne, divorai quel libro da ragazzino, mi entrò nelle viscere, sì, ne sono convinto, la Russia mi si è presentata allora; senza dubbi, da quel momento in poi Tolstoj, Gončarov, Dostoevskij, Lomonosov, Gogol, Turgenev e compagnia bella erano alla porta, bastava presentarsi, salutare ed entrare nella casa dei magici russi. Poiché si crea una magia impalpabile quando si riesce a coinvolgere il lettore, o meglio, più che impalpabile, indefinibile, la si percepisce, la si tocca direi, ma se qualcuno ci chiede di spiegarne le ragioni? Disarmati, silenzio, almeno questo è quanto accade a me. Maledetto Gregorio che stanotte non mi lascia dormire. La sua stramaledetta angoscia. Aveva ragione Kierkegaard nel suo libro “Il concetto dell’angoscia”, aveva certamente ragione, peccato che ci vedesse la Bibbia in ogni luogo e tempo (ossessionato dalla religione?), tutte le ciambelle non possono uscire con il buco. Ma torno al punto: “entrare nelle viscere”. Leopardi scrive “Mancare assolutamente di sistema (qualunque esso sia), è lo stesso che mancare di un ordine di una connessione d’idee, e quindi senza sistema, non vi può esser discorso sopra veruna cosa” [949, Zibaldone]. Sistema, ordine, non caos, non disordine. Si entra nelle viscere attraverso un metodo, una strategia. Prima si pensa a come disporre il pezzo sulla scacchiera, poi si muove. Prima si pensa a fare la guerra, poi la si fa (mi ricorda qualcosa di Napoleone, boh). Voglio avere sonno! Voglio avere sonno! Se continuo a dirlo magari funziona. Cazzo. Dunque strategia. Per entrare nelle viscere di chi legge ci vuole una strategia, bisogna portarlo dove si vuole fin dall’inizio. Che atroce pensare che tanti scrittori abbiano premeditato di fregare i loro lettori. E da quella fregatura ci guadagnano pure dei soldi, se non è un’assurdità questa, dove la si deve cercare? Quindi, sì alle armonie, sì allo stile, ecc, ma tutto con una strategia, con un metodo, con un sistema come consiglia Leopardi. Non si pensa solo alla storia, non si pensa solo a come scriverla, non si pensa solo a scriverla bene, bisogna scriverla avendo bene in testa dove si vuole condurre il lettore.
L’ultimo punto crea la “dipendenza” dalla storia. Ne sono sicuro, è così. Mi viene il sospetto che sia esattamente così anche nei sentimenti. Sì la creatività, sì l’istinto, ma non siamo tutti più o meno machiavellici? Non so se pensarne bene o male, mi sembra di vedere un senso di tristezza invadere spazi che non vorrei concederle.
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