Scrivere un romanzo in 100 giorni - Lezione 29
Autore: Morgan PalmasLun, 22/06/2009 - 09:47

Questo è uno dei casi in cui conoscere i propri mezzi, e quindi i propri limiti, è indispensabile. È verosimile pensare che talune espressioni siano desuete, ciò non elude la questione: utilizzare un semplice imperfetto dell’indicativo non equivale, sempre dell’indicativo, a un trapassato remoto.
Non è soltanto una questione grammaticale, anche di stile.
Primo esempio:
“Se lo amavo, forse oggi stavo meglio”.
Secondo esempio:
“Se lo avessi amato, forse oggi starei meglio”.
C’è musica, c’è significato fra tempi diversi, c’è maggior precisione di ciò che si vuole dire. A proposito di precisione, sia per chi già conosce il testo sia per coloro che lo sentono per la prima volta, (ri)leggete le parole di Calvino sull’esattezza nelle sue celebri “Lezioni americane”: illuminante.
So che siamo tutti più o meno abituati oramai alla lingua che si predilige nella televisione, lo sforzo è di pulirci interiormente, cercare la nostra lingua, il nostro stile, che il più delle volte non dovrebbe coincidere con gli schiamazzi da palco propri dei talk show o dei reality.
Se si va con lo zoppo si impara a zoppicare sostiene una vecchia massima, se si guarda troppa televisione ecc. E tutto si complica, dentro di voi.
Davanti al computer (o foglio di carta) avete poi bisogno di sforzarvi con più veemenza, alla ricerca della parola giusta da inserire nel testo.
E qui non c’è istinto che tenga, l’istinto vi porterebbe inevitabilmente, se vi cibate di troppa televisione, a utilizzare il gergo televisivo anche nella vostra prosa. Vi può essere un motivo per utilizzarlo, ma credo che nella maggior parte dei romanzi sia utile farne a meno.
Il consiglio è di avere i ferri del mestiere, se non avete una grammatica italiana, procuratevela. Consultatela spesso.
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