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Intervista a Michela Murgia

Buongiorno, vorrei iniziare chiedendole a quale età si è avvicinata alla scrittura e se è stato o meno un caso fortuito.

Se per avvicinarmi alla scrittura si vuole intendere l'abitudine di organizzare i propri mondi per iscritto, direi molto presto, intorno ai tredici anni. A testimoniarlo ci sono decine di diari pieni zeppi delle mie grafomanie di adolescente, lettura che non consiglierei nemmeno ai più motivati. Il momento della pubblicazione è stato invece tardivo, non cercato e del tutto casuale. Avevo 34 anni e tenevo un blog tematico anonimo quando ho ricevuto la proposta del mio primo editore; prima di decidere che era quello che volevo però ci sono volute diverse settimane.

Se consideriamo come estremi l’istinto creativo e la razionalità consapevole, lei collocherebbe il suo modo di produrre scrittura a quale distanza dai due?

Molto vicino all'istinto, che però non leggo come attitudine in contrasto con la razionalità consapevole; anzi, man mano che la predisposizione naturale si è fatta scelta professionale, ha richiesto l'affinamento di nuovi strumenti e consapevolezze; in questo senso credo ci sia una differenza grande tra l'istinto, che si presta ad essere governato con profitto, e l'ispirazione, effimero regno degli eterni principianti.

Moravia, cascasse il mondo, era solito scrivere tutte le mattine, come descriverebbe invece il suo stile? Ha un metodo rigido da rispettare o attende nel caos della vita un’ispirazione? Ce ne parli.

In questo senso sono decisamente moraviana. Ho un metodo rigido che parte da un assunto semplice quanto categorico: se non scrivo con regolarità quotidiana, il mio umore diventa pessimo e oltre me ne risente anche chi mi circonda. Quindi scriverei comunque anche se non lo facessi per mestiere, ma poiché non appartengo a quella fortuna categoria che sforna decine di pagine a flusso continuo, perché sia anche un lavoro ho bisogno di scrivere per molte ore al giorno, intercalate alla lettura e possibilmente alternando la tipologia delle cose in scrittura: un articolo, qualche pagina del libro in lavorazione, un post sul blog che aggiorno spesso, anche solo una mail.

Di che cosa non può fare a meno mentre si accinge alla scrittura? Ha qualche curiosità o aneddoto da raccontarci a riguardo?

Silenzio. Non ascolto nemmeno musica e mi da fastidio ogni genere di rumore. Per questo non posso scrivere in viaggio o nei suoi luoghi di attesa, e prediligo la notte, quando anche il telefono tace. D'inverno mi servono tavolette di cioccolato e caffè, d'estate per scrivere compro quei pacchi di insalata già lavata e tagliata a pezzi e li consumo come se fossero patatine fritte. Quando però sono soddisfatta di una pagina, è impellente condividerla, e per questo mi viene incontro internet e quei programmi di instant messaging che ti consentono di comunicare in tempo reale con persone lontane. Quando esce un mio libro, tutti i miei amici ne hanno letto pezzi diversi a rotazione. Di solito durante questo rito di condivisione il testo mi rivela difetti che da sola non riuscivo a vedere, non importa che me lo dicano, per accorgermene basta il fatto di trasferirlo fisicamente da una modalità di lettura ad un'altra.

Wilde si inchinò di fronte alla tomba di Keats a Roma, Marinetti desiderava “sputare” sull’altare dell’arte, qual è il suo rapporto con i grandi scrittori del passato? È cambiata nel tempo tale relazione?

Il mio rapporto con i grandi scrittori è molto sereno e lo è sempre stato. Non vivo schiacciata dal ricordo di Calvino, non ho l'ansia di raccogliere l'eredità della Deledda e mi fanno sorridere i tentativi di alcuni critici di collocare ogni scrittura nascente all'ombra di quelle già esistenti, come incapaci di leggere le scritture odierne con parametri adeguati al presente. Non vuol dire che io non sia in grado di vedere che debito abbiamo verso chi ci ha preceduto, ma non è tutto già scritto, non è già nato l'ultimo cantastorie che merita di essere ascoltato, e non è vero che siamo nani sulle spalle di giganti.

L’avvento delle nuove tecnologie ha mutato i vecchi schemi di confronto fra centro e periferia, nonostante ciò esistono ancora luoghi italiani dove la letteratura e gli scrittori si concentrano? Un tempo c’erano Firenze o Venezia, Roma o Torino, qual è la sua idea in merito?

Sono una scrittrice che viene dalla Sardegna in un momento in cui la Sardegna sembra esportare soprattutto scrittori, e quindi ho la fortuna di avere in dono un luogo dello spirito in cui la mia scrittura è legata per appartenenza a quella di altri. Per me i nomi sono quelli di Fois, di Masala, di Capitta, di De Roma e di Angioni, ma il luogo d'incontro con questi scrittori è sempre la volontà di farsi spazio a vicenda, ciascuno nella sua diversità. C'è dibattito, spesso contrasto, ma cerchiamo strade condivisibili e forse inconsapevolmente inneschiamo anche processi di osmosi tra le nostre scritture. Certo, ci sono scrittori che vivono la loro vena artistica senza sentire la necessità di intersecare i percorsi di nessun altro, e questo è vero in Sardegna come altrove, ma oggi, a chi conserva ancora la voglia di elaborazione condivisa di pensiero, anche internet offre molte opportunità; non solo i blog letterari come ilprimoamore.com o nazioneindiana.com, ma soprattutto i forum di discussione, le comunità di lettori e i social network, dove continuamente viene smentito il pregiudizio un po' snob di non poter incrociare alcuna scintilla di eccellenza nei luoghi cosiddetti "comuni".

Scrivere le ha migliorato o peggiorato il percorso di vita? In altre parole, crede che la letteratura le abbia fornito strumenti migliori per portare in atto i suoi desideri?

A dire la verità è leggere che mi ha migliorato la vita, e mi ha fornito strumenti di consapevolezza da cui continuamente si alimenta anche la mia scrittura. I miei desideri di vita - cioè godere del mio tempo in libertà, sposarmi, farmi una casa e poter smettere di pensare ai figli come a un lusso - più che dalla scrittura mi vengono dalla pubblicazione, perché sono arrivati a portata di mano quando la scrittura si è fatta mestiere e mi ha dato autonomia economica.

La ringrazio e buona scrittura.


Michela Murgia è nata a Cabras nel 1972. Nel 2006 ha pubblicato con Isbn "Il mondo deve sapere", il diario tragicomico di un mese di lavoro che ha ispirato il film di Paolo Virzì "Tutta la vita davanti". Per Einaudi ha pubblicato nel 2008 "Viaggio in Sardegna. Undici percorsi nell'isola che non si vede" e due interventi nelle antologie "Questo terribile intricato mondo" e "Lavoro da morire". Per Laterza ha pubblicato un racconto nell'antologia "Sono come tu mi vuoi" e per Fandango nell'antologia "Contos", in accompagnamento al docufilm "Passaggi di tempo" di Gianfranco Cabiddu. Nel 2009 è uscito il suo primo romanzo per Einaudi, "Accabadora".
Il sito internet di Michela è : http://michelamurgia.altervista.org

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