Intervista a Giorgio Sannino
Buongiorno, vorrei iniziare chiedendole a quale età si è avvicinato alla scrittura e se è stato o meno un caso fortuito.
Ho cominciato a scrivere a ventisette anni. Allora leggevo già molto, anche se ancora non quanto oggi. Un giorno chiusi il libro che avevo fra le mani, non ricordo quale, accesi il PC e scrissi un racconto per pura urgenza. Mi venne voglia di farlo e lo feci, semplicemente. Lo vomitai fuori in circa mezz’ora senza davvero capire cosa mi stesse accadendo. Un caso fortuito, quindi: qualcosa si accese in testa ed io ubbidii. Probabilmente dipese anche dal fatto che avessi smesso di suonare da poco, avevo alle spalle anni da tastierista al seguito di gruppi non proprio promettenti, forse mi ero inconsciamente messo alla ricerca di forme più solitarie di espressione.
Quel primo racconto mi sorprese così tanto che pensai di continuare. Ne nacque una raccolta. E poi il primo romanzo, rigorosamente inedito.
In seguito ho frequentato un corso e un seminario di scrittura creativa, tenuti rispettivamente da Paolo Aresi e Giulio Mozzi. Ho dedicato ancora più spazio alla lettura, di ogni tipo: classici, contemporanei, saggistica, poesie. Faccio in modo di avere sempre almeno un libro con me, anche in macchina o nel marsupio. Non ho un genere preferito, solo non leggo gialli. L’importante è che quello che leggo mi emozioni. È molto importante, se mi annoio smetto. Vale anche per la scrittura.
Se consideriamo come estremi l’istinto creativo e la razionalità consapevole, lei collocherebbe il suo modo di produrre scrittura a quale distanza dai due?
Istinto, senza dubbio. Almeno finché non intravedo la fine. Allora subentra il calcolo, la razionalità, il lavoro di forbici, lima e cesello. Non posso fare a meno dello spunto istintivo. È una magia cui tengo molto: chiudere gli occhi, respirare e cominciare a scrivere. Quando l’istinto ha il sopravvento accade qualcosa di straordinario, sono certo che chiunque scriva, più o meno regolarmente, possa capirmi: certe volte torni su quello che hai scritto e hai l’impressione di leggerti per la prima volta. Senti quel formicolio alla base dei capelli. Sudi. Ti accorgi che i personaggi, che credevi di avere inventato, in realtà esistono già, hanno vita e caratteristiche proprie e si muovono da soli. A te non resta che stare a guardare. Una goduria.
Moravia, cascasse il mondo, era solito scrivere tutte le mattine, come descriverebbe invece il suo stile? Ha un metodo rigido da rispettare o attende nel caos della vita un’ispirazione? Ce ne parli.
Mi piacerebbe poter scrivere tutte le mattine, ma purtroppo il mio lavoro e la vita che faccio non me lo consentono. Così dedico alla scrittura le ore notturne. Con una certa regolarità, sì. Diciamo dalle ventuno a mezzanotte, magari arrivo all’una. Scrivo quasi ogni notte. Se sto lavorando a un romanzo mi concentro quasi esclusivamente su quello. Altrimenti scrivo in rete, sul blog o altrove. E cancello molto. Ho imparato a farlo, è una cosa che va fatta.
Quanto all’ispirazione, davvero, ancora non ho capito se esista e cosa sia.
Di che cosa non può fare a meno mentre si accinge alla scrittura? Ha qualche curiosità o aneddoto da raccontarci a riguardo?
Musica. Per scrivere non posso fare a meno della musica di sottofondo. Ma deve essere rigorosamente strumentale. Il canto, in qualsiasi lingua, mi distrae. Ultimamente ho scoperto una radio on-line che trasmette solo musica di pianoforte. Una meraviglia.
Wilde si inchinò di fronte alla tomba di Keats a Roma, Marinetti desiderava “sputare” sull’altare dell’arte, qual è il suo rapporto con i grandi scrittori del passato? È cambiata nel tempo tale relazione?
A Parigi ho attraversato l’intera città sotto un diluvio incessante per raggiungere il cimitero dove è sepolto Jean Paul Sartre, anche se, quando l’ho trovato, eravamo entrambi così fradici da non avere nulla da dirci. Non mi sono inchinato, ma mi trovo comunque in sintonia con Wilde.
Non posso prescindere dai grandi scrittori. Continuo a leggerli. A volte a rileggerli. E sicuramente mi influenzano. Ben venga, dico. L’importante è saper guardare avanti.
L’avvento delle nuove tecnologie ha mutato i vecchi schemi di confronto fra centro e periferia, nonostante ciò esistono ancora luoghi italiani dove la letteratura e gli scrittori si concentrano? Un tempo c’erano Firenze o Venezia, Roma o Torino, qual è la sua idea in merito?
Vivo da sempre a Bergamo, ma a breve mi trasferirò a Bologna. Questione di vita. E di affetti. E tuttavia non nego che uno dei motivi che mi spinge a farlo è quello di avvicinarmi agli eventi, agli autori, agli editori che una città come Bologna offre. Bergamo, da questo punto di vista, è un po’ ai margini, a parte un premio letterario di una certa importanza difficilmente organizza qualcosa che abbia rilevanza non prettamente locale. Quindi sì, dico che i luoghi hanno ancora il loro valore e non vanno sottovalutati.
Allo stesso tempo sono profondamente riconoscente alle nuove tecnologie. Molte delle mie frequentazioni di tipo letterario derivano da internet. Il mio secondo editore si è accorto di me tramite la rete, per esempio. E anche questa intervista arriva da lì.
Scrivere le ha migliorato o peggiorato il percorso di vita? In altre parole, crede che la letteratura le abbia fornito strumenti migliori per portare in atto i suoi desideri?
È una bellissima domanda. Sono certo che scrivere mi abbia migliorato la vita e che continuerà a farlo. La letteratura è un mezzo. Uno strumento da usare per i propri scopi. Scrivere significa scavare così a fondo dentro di te e dentro ogni cosa che, alla fine, necessariamente allarghi le tue prospettive, amplifichi i punti di vista. Scrivere è prima di tutto osservare. E quindi pensare, elaborare. E magari capire. Anche i propri desideri. Insomma, forse la sparo grossa, ma scrivendo impari a vivere meglio.
La ringrazio e buona scrittura.
Grazie, e complimenti sinceri per tutto questo.
Giorgio Sannino è nato l’otto marzo del 1968. Si occupa di acquisti, di appalti e di contratti. Vive tra Bergamo e Bologna. Ha pubblicato i romanzi Assolo, per le Edizioni Il Foglio (2004) e Il pianto delle falene, Smasher Edizioni (2008). Suoi racconti sono apparsi in rete e su varie riviste quali Tratti e Portosepolto. Scrive sul blog Strade:
http://dellemiestrade.splinder.com
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